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Morbo di Alzheimer: a che punto sono le ricerche Ultime scoperte sui primi segnali, la genetica, i farmaci e la prevenzione
L'articolo " Morbo di Alzheimer: a che punto sono le ricerche" parla di:
- I progressi della ricerca sull'Alzheimer
Primi segnali, genetica, farmaci, prevenzione, ... Conclusioni
A cura di: Redazione - Pubblicato il 04 Novembre 2023 Morbo di Alzheimer: a che punto sono le ricerche Ultime scoperte sui primi segnali, la genetica, i farmaci e la prevenzione
Introduzione
La malattia di Alzheimer è la forma più comune di demenza e rappresenta una delle sfide più urgenti nel campo
della salute e della ricerca scientifica.
Questa patologia neurodegenerativa, che porta alla perdita di memoria e ad altre funzioni cognitive importanti, colpisce milioni di
persone in tutto il mondo.
Secondo i dati del "World Alzheimer Report 2023" realizzato da Alzheimer's Disease International, nei prossimi 25 anni le persone
affette da demenze nel mondo potrebbero passare da 55 milioni a 139 milioni.
Nonostante gli sforzi della ricerca, la causa esatta dell'Alzheimer rimane in gran parte sconosciuta e non esiste attualmente una cura.
Nelle ultime ricerche sul campo, gli scienziati stanno facendo progressi significativi nel comprendere meglio questa malattia, i suoi meccanismi
e le potenziali terapie per rallentarne la progressione.
Le ultime scoperte nella ricerca sull'Alzheimer
Primi segnali della malattia: una ricerca condotta dall'University College di Londra e pubblicata il mese scorso sulla rivista Current
Biology ha messo in luce come le persone allo stadio iniziale dell'Alzheimer abbiano difficoltà a girarsi quando camminano.
I problemi di orientamento potrebbero essere quindi uno dei segni precoci della malattia.
Ruolo dell'infiammazione: gli scienziati stanno sempre più riconoscendo il ruolo dell'infiammazione nel cervello come parte della
malattia di Alzheimer.
Ricerche recenti si sono concentrate sulla comprensione di come l'infiammazione possa contribuire alla progressione della malattia e su come
potrebbe essere controllata.
Farmaci antinfiammatori in terapie che mirano a ridurre l'infiammazione cronica del cervello potrebbero rappresentare una prospettiva
promettente.
Amiloide e proteina tau: l'accumulo delle proteine beta-amiloide e tau nel cervello è stato a lungo associato all'Alzheimer.
Nuove ricerche stanno cercando di comprendere meglio come queste proteine contribuiscano alla degenerazione delle cellule cerebrali e nuove
terapie mirano a ridurre la formazione di queste proteine o a eliminarle dal cervello.
Genetica: le ricerche genetiche stanno identificando varianti genetiche associate a un rischio maggiore di Alzheimer.
Queste scoperte potrebbero aprire la strada a terapie personalizzate.
Imaging cerebrale avanzato: tecnologie di imaging avanzate, come la risonanza magnetica funzionale e la PET scan (tomografia a emissione
di positroni), consentono di rilevare le modifiche cerebrali associate alla malattia.
Questo aiuta a diagnosticare la malattia in uno stadio più precoce e a monitorarne la progressione.
Farmaci sperimentali: un nuovo farmaco, di nome Lecanemab, sembra avere buone speranze di ridurre la progressione dell'Alzheimer
nei pazienti in fase precoce.
L'FDA statunitense, il 6 gennaio 2023, ha dato la propria autorizzazione (attraverso approvazione accelerata) per il trattamento della malattia.
C'è da dire che la decisione della FDA è stata presa nonostante l'opposizione della commissione indipendente di esperti dell'agenzia
e di altri esperti in materia di Alzheimer secondo i quali non ci sono prove sufficienti che dimostrino che il farmaco possa davvero aiutare i
pazienti.
Continueranno gli studi e le valutazioni per l'eventuale approvazione del Lecanemab anche in altre regioni del mondo, inclusa l'Europa.
Prevenzione e stile di vita: a fianco delle ricerche che si concentrano sul trattamento dell'Alzheimer, c'è un crescente interesse
per la prevenzione della malattia.
Studi suggeriscono che una dieta sana ed equilibrata, l'esercizio fisico regolare, il controllo della pressione sanguigna e la stimolazione
cognitiva possono contribuire a ridurre il rischio di sviluppare l'Alzheimer.
Ricerche recenti stimano che fino al 40% dei casi di demenza potrebbero essere prevenuti o ritardati affrontando i fattori di rischio.
Conclusioni
La ricerca sulla malattia di Alzheimer è in costante evoluzione e si stanno facendo progressi significativi nella comprensione della
malattia, aprendo nuove prospettive per la prevenzione e la cura.
Nonostante non esista ancora una cura definitiva, l'impegno della comunità scientifica offre speranze per il futuro per chi è
colpito da questa patologia e per le future generazioni.
Fonte
- "Overestimation in angular path integration precedes Alzheimer’s dementia", pubblicato sulla rivista Current Biology l'11 Ottobre
2023
https://www.cell.com/current-biology/fulltext/S0960-9822(23)01296-4
Altre letture su HT
- Redazione, "Al via una nuova ricerca sull'Alzheimer",
articolo pubblicato su HumanTrainer.com, Psico-Pratika nr. 96, 2013
- Redazione, "Alzheimer. Dal morbo alla questione
sociale", articolo pubblicato su HumanTrainer.com, Psico-Pratika nr. 96, 2013
- Redazione, "Casi di Alzheimer triplicati nel 2050",
articolo pubblicato su HumanTrainer.com, Psico-Pratika nr. 96, 2013
- Alessia Ghisi Migliari, "Caregiving
familiare: il peso del supporto e dell'accudimento quotidiano", articolo pubblicato su HumanTrainer.com, Psico-Pratika nr. 96, 2013
- Redazione, "Alzheimer: l'FDA approva un nuovo farmaco, con
riserva", articolo pubblicato su HumanTrainer.com, Psico-Pratika nr. 178, 2021
- Redazione, "Alzheimer e Demenza.
Gli antipsicotici possono causare morte prematura", articolo pubblicato su HumanTrainer.com, Psico-Pratika nr. 115, 2015
- Redazione, "Demenza e livello d'istruzione:
analizzata l'associazione", articolo pubblicato su HumanTrainer.com, Psico-Pratika nr. 146, 2018
- Redazione, "Analizzate le differenze funzionali
cerebrali tra i due sessi", articolo pubblicato su HumanTrainer.com, Psico-Pratika nr. 139, 2017
- Redazione, "Demenza e relazioni sociali
"strette"", articolo pubblicato su HumanTrainer.com, Psico-Pratika nr. 112, 2014
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