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Demenza e relazioni sociali "strette"

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Demenza e relazioni sociali "strette"
Gran Bretagna. Indagine sull'impatto delle relazioni negative come fattore di rischio per il declino cognitivo.

L'articolo "Demenza e relazioni sociali "strette"" parla di:

  • Whitehall II Study dell'University College di Londra
  • Focus dell'indagine. Strumenti, test e follow-up
  • Fattori di rischio e fattori neuroprotettivi nelle relazioni
Psico-Pratika:
Numero 112 Anno 2014

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A cura di: Redazione - Pubblicato il 2 dicembre 2014

Demenza e relazioni sociali "strette"
Gran Bretagna. Indagine sull'impatto delle relazioni negative come fattore di rischio per il declino cognitivo.

I risultati dell'ultima indagine del Whitehall II Study, divulgati dall'American Journal of Epidemiology (il 30.10.2014), confermano che la qualità negativa delle relazioni è un fattore predittivo del decadimento mentale.

L'impatto delle relazioni sociali sull'invecchiamento cognitivo è - da anni - sotto la lente dei ricercatori del Dipartimento di Epidemiologia e Salute pubblica dell'University College di Londra (*).
Il nuovo studio si focalizza sulla possibile correlazione fra relazioni negative "strette" e declino delle funzioni cognitive, nello specifico periodo della mezza età (*).

Se da un lato è vero che i legami sociali possono assolvere a una funzione neuroprotettiva, dall'altro relazioni strette stressanti e conflittuali - oltre a influenzare l'umore nel quotidiano - a lungo andare possono logorare la salute psicofisica, le funzioni di memoria breve e le funzioni esecutive, fino a diventare fattori di rischio che possono essere modificati in relazione allo sviluppo delle demenze.

Il responsabile della ricerca, Jing Liao dell'University College di Londra (*), precisa che per legami stretti negativi si intendono tutti gli scambi sociali sgradevoli, «quando la persona trova le relazioni inefficaci, invasive o fuori dal controllo» (*).
Gli aspetti negativi si esprimono soprattutto in termini di stress, preoccupazione e problemi; gli aspetti positivi in un aumento della autostima, grazie a condivisione di interessi, consigli e aiuto concreto.

Strumenti di indagine.
Per valutare gli aspetti negativi e positivi delle relazioni interpersonali più strette, è stato usato il questionario Close Persons (*).
La valutazione cognitiva è stata effettuata in tre distinte fasi - durante l'arco di 10 anni (*) - in cui sono stati somministrati test per valutare: la memoria verbale a breve termine, le funzioni esecutive, le abilità di ragionamento verbale (*), la capacità verbale, fonemica e semantica.

I ricercatori hanno esaminato i distinti aspetti delle relazioni sociali strette, sottolineando come sia importante differenziarli per valutare le loro singole associazioni con l'invecchiamento cognitivo. Quindi hanno tracciato una storia della qualità delle relazioni sociali più strette, attribuendo punteggi cumulativi.

I risultati sono stati calcolati in base ai dati dei test cognitivi, degli aspetti negativi emersi nelle relazioni strette e altre variabili - come il sostegno sperato e il supporto realmente ottenuto - di persone adulte inglesi di età compresa fra i 45-69 anni (*).

I partecipanti erano in totale 5.873 persone, su 7.495 che avevano completato la prima fase dei tre step di valutazione cognitiva (*). La patologia cronica prevalente, individuata in tale campione, era la malattia coronarica, seguita da diabete, ictus e sintomi depressivi, rivelati attraverso la scala General Health Questionnaire.

Di queste 5.873 persone, il 10,2% (599) ha completato solo la prima fase; il 16,3% (957) ha completato le due fasi, il 73,5% ha completato tutte tre le fasi di indagine cognitiva (4.317 persone).

Nei 10 anni di follow-up, è emerso che conflitti sociali e interrelazioni negative, nel corso della vita delle persone di mezz'età, accelerano di un anno il declino delle capacità mnemoniche (memoria breve) e il deterioramento nelle funzioni esecutive in età senile.
Gli studi longitudinali condotti non hanno rilevato alcuna prova per determinare una causalità inversa.

La prevalenza di sintomi depressivi e diabete, inoltre, era più alta fra coloro che avevano riferito effetti cumulativi negativi nelle relazioni strette.
Questo perché, riferisce la ricerca, i conflitti sociali hanno un impatto emotivo molto negativo, causano ruminazione, stress e tensioni croniche.

«Dato che l'incidenza della demenza aumenta in modo esponenziale con l'avanzare dell'età e attualmente non sono disponibili farmaci efficaci», Jing Liao suggerisce di tutelare gli anziani dal vivere interazioni strette negative e di incoraggiarli a vivere relazioni psicologicamente più protettive.
«Il nostro studio dimostra quali siano i fattori di rischio su cui focalizzarsi prima che i cambiamenti cognitivi diventino irreversibili» (*).

Fra i limiti dello studio, Liao e colleghi (*) riconoscono la soggettività dei dati forniti rispetto alla qualità delle relazioni, pur sottolineando che interpretazione e percezione individuali incidono sullo stato di salute oggettivo.
I questionari sono comunque tutti validati e hanno ricevuto approvazione etica dell'University College London Medical School Committees on the Ethics of Human Research (*).

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