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Bullismo e psicologia scolastica: come interviene lo Psicologo scolastico?
L'articolo " Bullismo e psicologia scolastica: come interviene lo Psicologo scolastico?", parla di:
- Osservazioni sul bullismo
L'importanza del peer educator Il ruolo dello psicologo scolastico
Bullismo e psicologia scolastica: come interviene lo Psicologo scolastico?
- Bullismo e psicologia scolastica: come interviene lo Psicologo scolastico?
- Il bullismo è una delle piaghe più sottovalutate della storia dell'umanità. Non è raro che pazienti che
lamentano disturbi di vario genere abbiano subito questa problematica sociale. Vediamo, quindi, in questo articolo quali sono i primi passi
da muovere se lavoriamo come psicologi scolastici e ci scontriamo con questo fenomeno. Essendo la mia esperienza prevalentemente orientata
alla scuola secondaria di secondo grado, il contesto sarà questo.
Cosa non è il bullismo
Sgombriamo il campo dai luoghi comuni che avvolgono questo fenomeno partendo da cosa NON è il bullismo. Il bullismo non è un
innocuo fenomeno fra adolescenti da guardare con un misto di accondiscendenza e rassegnazione. Inoltre:
- il bullismo non finisce con la scuola, i danni che ne derivano si possono trascinare per una vita;
- il bullismo non colpisce necessariamente i più deboli come spesso si pensa.
L'intervento dello psicologo scolastico in ottica complessa
In molte occasioni è richiesto allo psicologo scolastico di intervenire sul fenomeno. Questo tipo di interventi può
generare, talvolta, delle aspettative fuori dalla normalità. Lo psicologo scolastico, in alcuni casi, infatti, è purtroppo
considerato "l'ultima spiaggia" a cui rivolgersi e da cui ci si aspetta il miracolo.
In realtà il fenomeno del bullismo può essere affrontato solo in un'ottica di "gruppo". Dirigenti scolastici, genitori,
professori e ragazzi devono essere coinvolti nel processo di "debullizzazione".
Il bullismo è un problema complesso e le soluzioni non possono essere estemporanee e semplicistiche. Cerchiamo quindi di capire questo
fenomeno per poterlo circoscrivere partendo da una serie di scomode osservazioni.
- Si pensa che il bullo cattivo agisca in solitaria o a fianco dei suoi fedeli adepti. Ciò è sbagliato, in molti casi (e su
diversi livelli) tutto il gruppo classe è coinvolto nel bullismo. Il bullo è in cima alla piramide, sotto ci sono i
gregari, sotto ancora ci sono coloro che ridacchiano o colludono in modo indiretto. Questi ultimi sono aggressivi SOLO in presenza del bullo
(o più semplicemente tendono a non includere nel gruppo classe i soggetti bullizzati).
- Si pensa che le figure adulte siano un incrollabile baluardo contro il bullismo. Non è raro invece il contrario: talvolta gli
insegnanti possono temere l'influenza dei bulli sulla classe e minimizzare le dinamiche che creano. Come possiamo immaginare, questo
atteggiamento tende a generare un senso di onnipotenza nella mente del bullo, che diverrà sempre più aggressivo. Non accade
sempre ovviamente; ci sono molti insegnanti attenti e proattivi, capaci di intervenire tempestivamente ed efficacemente. Tuttavia, può
non essere la norma e lo psicologo deve tenerne conto.
- Non dimentichiamoci che anche i genitori, in certi casi, possono vivere come fastidiosi gli interventi degli insegnanti (e degli
psicologi) contro il bullismo. In alcune circostanze possono tendere a coprire i fatti per non smuovere troppo le acque. In certi casi
addirittura i genitori dei soggetti bullizzati avranno questo approccio!
- Contrariamente a ciò che si pensa, il cyber bullismo è più dannoso del bullismo classico. La dimensione
multimediale del bullismo non conosce limiti di tempo o spazio! La vittima avrà la sensazione di non avere riparo alcuno nemmeno a
casa, il bullo può raggiungerlo ovunque e a qualsiasi ora. Ciò genera l'impossibilità di sentirsi al sicuro, saremo
sempre potenziali vittime.
- Anche l'isolamento è un'azione bullizzante. Alcuni ragazzi vengono deliberatamente esclusi dalle dinamiche sociali della
classe o vengono rilegati in qualche gruppo minore di soggetti considerati "sfigati". In certi casi ho visto con disappunto la dinamica di
esclusione avvallata da alcuni genitori. Come pensano possa sentirsi l'unico ragazzino NON invitato alla festa di compleanno a casa del
festeggiato?
Considerando questi punti, spero sia emersa la complessità di questo fenomeno che non può essere estirpato solo con sanzioni
disciplinari e qualche brutto voto. Sarà importante anzitutto intercettare le classi nella quali il fenomeno crea un ambiente favorevole
al bullismo.
Nella mia esperienza gli errori più comuni sono quelli di fare incontri nelle classi nei quali:
- vengono evidenziati i danni psicologici che il bullismo può fare, peccato che, se abbiamo bulli in quella classe, l'idea di genare
grandi danni li farà eccitare!
- In certi casi parlare di bullismo tende a consolidare il ruolo di bullizzato.
Come intervenire: peer educator, rappresentanti di classe, professori, preside, psicologi scolastici
Prima di partire allo sbaraglio, sarà fondamentale una prima fase di analisi dei fatti. Non è raro che alcune voci relative al
bullismo siano gonfiate o totalmente errate. Normalmente la prima fase è delegata ai peer educator (o in caso di loro sfortunata
assenza, ad un professore che abbia una buona sensibilità).
Chi sono i peer educator? I peer educator, o tutor, sono degli studenti della classe quarta (nel caso di scuole secondarie di secondo
grado) che hanno il ruolo di supportare i ragazzi del primo anno.
I ragazzi con questo ruolo vengono normalmente formati da psicologi scolastici al fine di:
- accompagnare in classe il primo giorno di scuola i nuovi arrivati per dare loro sicurezza e presentandosi come punti di riferimento;
- presidiare le assemblee e gli attivi in classe (momenti di incontro in cui si discute di problemi e questioni della classe) per facilitare
la comunicazione e gli scambi tra i ragazzi;
- individuare situazioni problematiche, come bullismo, emarginazione o disagio, così da poter intervenire o segnalare agli psicologi.
I peer educator spesso entrano in contatto con i rappresentanti di classe per iniziare a conoscere i fatti. Normalmente, infatti, i
rappresentanti sono abbastanza informati sulla situazione del clima nel gruppo classe. Perché non possiamo essere noi psicologi i
protagonisti di questa intervista? Perché noi abbiamo bisogno prima di raccogliere i consensi informati di tutti i genitori, correndo
il rischio di andare per le lunghe o non ricevere il consenso. I peer educator e gli insegnanti hanno, in questo senso, più margine
di manovra.
Il secondo step sarà quello di ascoltare i professori, poiché anche loro potrebbero avere un po' di informazioni.
Inoltre, escluderli dal progetto di intervento contro il bullismo non sarebbe una buona idea, in quanto potrebbero sentirsi tagliati fuori.
In molti casi allo psicologo scolastico capita di dover fare interventi formativi al corpo docenti spiegando quali danni genera il bullismo,
le dinamiche e le modalità.
La lotta si vince con il bisturi, non con una bomba a mano. Per spiegarsi bene: interventi generali, "romanzina" a tutta la classe ecc.
lasciano il tempo che trovano, dobbiamo essere chirurgici. Sarà quindi importante che i bulli vengano convocati dal preside e
tenuti d'occhio dal corpo docenti. Non devono assolutamente percepire di essere immuni dai sistemi di controllo degli adulti.
In questo processo i peer educator saranno utilissimi! Se infatti i docenti dovranno fare i docenti usando, assieme al dirigente, sanzioni
disciplinari, i tutor dovranno mostrare un modello di socializzazione che non si basa sulla punizione. I tutor, in quanto ragazzi, avranno
molto più appeal rispetto a noi adulti. Dovranno essere dei punti di riferimento ed offrire un'alternativa al linguaggio aggressivo.
Saranno coloro che sono di ispirazione, un ruolo fondamentale.
Noi psicologi quindi? Normalmente (come al solito) raccattiamo i cocci. I ragazzi bullizzati saranno soggetti ad una traumatizzazione
che potrebbe tradursi in certi casi come un disturbo dell'adattamento o un disturbo post traumatico. In altri casi potrebbero risentire di
un'autostima scarsa o la convinzione di non valere abbastanza. Sarà nostro, quindi, il compito di aiutare lo studente a lavorare su
questa brutta esperienza, aiutarlo ad elaborarla o indirizzarlo ad un servizio esterno di psicoterapia qualora il sostegno psicologico non
bastasse.
Un trauma ci cambia. In meglio se elaboriamo l'accaduto. In peggio se rimane lì!
Bibliografia
- Ammirati, A.; Zaccagnino, M. (2023). Bullismo. Cosa fare (e non). Guida rapida per insegnanti. Scuola secondaria di primo grado
Copertina flessibile - 3. Erikson
- Marini, M. (2017). Uno psicologo alle superiori. Alpes Italia
Altre letture su HT
- Monica Vivona, "Bullismo: Quando l'affermazione di sé nuoce
all'altro", articolo pubblicato su HumanTrainer.com, Psico-Pratika nr. 19, 2005
- Redazione, "Canada. Il
bullismo lascia una traccia indelebile sul DNA", articolo pubblicato su HumanTrainer.com, Psico-Pratika nr. 93, 2013
- Redazione, "Bullismo e cyberbullismo", articolo
pubblicato su HumanTrainer.com, Psico-Pratika nr. 108, 2014
- Redazione, "Cyberbullismo: approvata la Legge
in Italia", articolo pubblicato su HumanTrainer.com, Psico-Pratika nr. 137, 2017
- Redazione, "Bullismo e uso di sostanze
in adolescenza: indagato il legame", articolo pubblicato su HumanTrainer.com, Psico-Pratika nr. 137, 2017
- Rebecca Farsi, "No trap: la scuola contro il bullismo",
articolo pubblicato su HumanTrainer.com, Psico-Pratika nr. 170, 2020
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