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Adolescenti e autolesionismo digitale: esame empirico
Usa. Indagata la portata tra gli adolescenti dell'autolesionismo digitale, forma di aggressione contro se stessi che si verifica online

L'articolo "Adolescenti e autolesionismo digitale: esame empirico" parla di:

  • Il fenomeno dell'autolesionismo digitale
  • Esame empirico sugli adolescenti americani
  • Portata dell'autolesionismo online
Psico-Pratika:
Numero 143 Anno 2018

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A cura di: Redazione - Pubblicato il 05 Febbraio 2018

Adolescenti e autolesionismo digitale: esame empirico
Usa. Indagata la portata tra gli adolescenti dell'autolesionismo digitale, forma di aggressione contro se stessi che si verifica online

Usa. Esaminata per la prima volta la diffusione tra gli adolescenti dell'autolesionismo digitale, fenomeno caratterizzato da forme di aggressione rivolte contro se stessi che si manifestano online (per esempio episodi di cyberbullismo prodotti contro se stessi).

Lo Studio(*) è stato condotto dai due fondatori e co-direttori del Cyberbulling Research Center: il Dr. Sameer Hinduja, professore presso la Scuola di Criminologia e Giustizia Criminale(*), e il Dr. Justin W. Patchin, professore di Giustizia Penale(*).

Premesse dello studio. Come affermano gli autori, l'autolesionismo digitale - conosciuto anche con i termini "auto-cyberbullismo", "auto-trolling", "cyber-autolesionismo" - può essere considerato come la versione online di quel fenomeno che vede alcuni ragazzi infliggere a se stessi intenzionalmente tagli, bruciature, ecc. Un esempio si ha quando un adolescente crea su internet un account fasullo attraverso il quale scrive messaggi ricchi di insulti, critiche, anche minacce, rivolgendoli, però, non contro un coetaneo, bensì contro di é.

ll Dr. Patchin afferma che si è iniziato a parlare di questo fenomeno a partire dal 2013 per via del caso di Hannah Smith, una ragazzina inglese di 14 anni che si levò la vita dopo esser stata vittima di cyberbullismo sul sito ask.fm. Nelle settimane successive al suicidio si scoprì che in realtà era stata lei stessa ad auto-inviarsi messaggi offensivi attraverso account fasulli.
Nel mese di novembre 2016 la stessa sorte di Hannah è toccata alla quindicenne texana Natalie Natividad, suicidatasi dopo aver rivolto contro se stessa insulti e pesanti critiche in forma anomina attraverso l'applicazione After School.

Nella sua forma tradizionale l'autolesionismo è stato collegato ad un rischio aumentato di suicidio, motivo per il quale si sta prestando una sempre maggiore attenzione a questo fenomeno.
Allo stesso tempo, negli ultimi anni è cresciuto anche l'interesse nei confronti del cyberbullismo e di tutte quelle forme di violenza online che possono subire i più giovani.
Tuttavia, fino ad ora non c'è mai stato uno studio che abbia cercato di indagare in modo approfondito quanto siano diffuse tra ragazzi che frequentano scuole medie e superiori le aggressioni online rivolte contro se stessi.

Lo studio dei fondatori del Cyberbulling Research Center, dunque, è nato con la volontà di esaminare la portata dell'autolesionismo digitale tra gli adolescenti.

L'esame empirico. Per la ricerca sono stati analizzati i dati del 2016 di un campione rappresentativo di studenti americani di scuole medie e superiori, in tutto 5.593 adolescenti di età compresa tra 12 e 17 anni.
I ragazzi sono stati sottoposti ad un'intervista contenente anche domande sul fenomeno dell'autolesionismo digitale. Scopo delle domande era comprendere quanti tra loro avessero assunto questo tipo di comportamento e quali fossero i motivi che li avevano spinti a farlo.

I ricercatori hanno utilizzato la metodologia dell'analisi di regressione logistica per verificare se alcune correlazioni dell'autolesionismo tradizionale potessero essere applicate anche all'autolesionismo digitale (per esempio il non essere eterossessuali, l'essere già vittime di bullismo a scuola oppure online, l'uso di sostanze stupefacenti, ecc.).

Risultati dell'esame. Circa il 6% degli adolescenti intervistati ha dichiarato di aver pubblicato in forma anonima online qualcosa contro se stesso.
Una tendenza maggiore ad assumere questo tipo di comportamento è stata riscontrata soprattutto nei ragazzi (7,1%) rispetto alle ragazze (5,3%), ma con motivazioni di base differenti: mentre i maschi, infatti, affermano di compiere azioni autolesionistiche online soprattutto per scherzare o attirare l'attenzione, le ragazze, invece, hanno ammesso di averlo fatto per motivi legati a situazioni di malessere psicologico, depressione, ansia e simili.

Grazie all'intervista sono state, inoltre, individuate diverse correlazioni significative dell'autolesionismo digitale; in modo particolare caratteristiche quali l'essere già vittime di bullismo, l'orientamento sessuale, la presenza di sintomi depressivi, l'utilizzo di sostanze stupefacenti, il praticare autolesionismo tradizionale sembrano spingere i ragazzi verso questo tipo di comportamento sul web. Le vittime di cyberbullismo, per esempio, hanno mostrato un rischio maggiore del 12% di diventare a loro volta bulli contro se stessi in rete; i non eterosessuali si sono mostrati 3 volte più propensi degli altri ad assumere comportamenti autolesivi online.

Conclusioni. Alla luce di quanto emerso, per i direttori del Cyberbulling Research Center è importante ora rivolgere una maggiore attenzione all'autolesionismo digitale. Genitori, educatori ma anche coloro che indagano su episodi di cyberbullismo dovrebbero sempre considerare che dietro un messaggio offensivo pubblicato online contro un ragazzo potrebbe esserci quel ragazzo stesso.

È necessario, inoltre, indagare ancor più a fondo i motivi che spingono gli adolescenti a diventare cyberbulli contro se stessi: scoprire, infatti, con maggiore precisione quali siano i punti in comune tra autolesionismo tradizionale e digitale nonché le correlazioni esistenti con gli episodi di suicidio può essere molto utile a quanti operano nel settore della salute mentale, in quanto potrebbe indirizzarli verso approcci di prevenzione più efficaci.

Fonte
  • Justin W. Patchin, Sameer Hinduja, "Digital Self-Harm Among Adolescents", articolo pubblicato su Journal of Adolescent Health, Vol. 61, Dicembre 2017
    www.jahonline.org/article/S1054-139X%2817%2930313-0/fulltext
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