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Sindrome del nido vuoto: quando i figli si separano dalla famiglia Cos'è, quali sono i sintomi e come affrontarla
L'articolo " Sindrome del nido vuoto: quando i figli si separano dalla famiglia" parla di:
- I quattro passaggi di crescita
- I sintomi della sindrome del nido vuoto
- Come affrontare il distacco di un figlio
Articolo: 'Sindrome del nido vuoto: quando i figli si separano dalla famiglia Cos'è, quali sono i sintomi e come affrontarla'
INDICE: Sindrome del nido vuoto: quando i figli si separano dalla famiglia
- Cos'è la sindrome del nido vuoto?
- La sindrome del nido vuoto e la difficoltà a lasciar andare i figli
- Sindrome del nido vuoto: i sintomi
- Come superare l'allontanamento del figlio?
- Quanto dura la sindrome del nido vuoto?
- Bibliografia
- Altre letture su HT
Cos'è la sindrome del nido vuoto?
La sindrome del nido vuoto è una metafora normalmente utilizzata quando i figli lasciano la casa di famiglia per iniziare la propria
vita autonoma ed evoca un momento cruciale per la vita di figli e genitori, il passaggio a un compito evolutivo più complesso di
crescita per entrambe le parti.
Affrontare gli snodi evolutivi, vuol dire fare i conti con il tema del lasciar andare, dell'affidarsi, e del fidarsi.
Fidarsi del figlio, di sé e del cammino che si configura.
Anche prima (e dopo) l'uscita di casa, esistono momenti di distacco e trasformazione e possiamo immaginare questi diversi passaggi di
crescita come tanti nidi vuoti da attraversare nella relazione genitore-figlio:
- primo nido vuoto (pancia vuota - nascita)
Il primo passaggio di crescita riguarda il momento della nascita. Quando un bambino nasce i genitori nascono con lui, si rivestono di questo
nuovo ruolo e affrontano quello che possiamo chiamare il "primo nido vuoto", cioè la prima separazione che avviene attraverso l'uscita
dal grembo materno per la mamma, mentre per il papà è il momento di incontro perché per la prima volta può sentire
fisicamente il bambino.
Il primo nido vuoto è anche al contempo il primo atto di fiducia verso la vita da parte dei genitori e del neonato che entra nel mondo.
- secondo nido vuoto (asilo - elementari)
Il secondo passaggio di crescita riguarda il momento in cui il figli iniziano la scuola. Questo momento rappresenta per i genitori un secondo
nido vuoto e, allo stesso tempo, il figlio/la figlia aprono la porta di casa per uscire ed entrare nel mondo, restando per un tempo limitato
soli per sperimentare in modo sicuro che sapore ha lasciare il nido familiare.
Genitori e figli iniziano a scrivere un capitolo nuovo e affrontano difficoltà diverse, legate dall'incertezza mista all'eccitazione.
- terzo nido vuoto (adolescenza - prime esperienze fuori casa)
Il terzo passaggio di crescita riguarda il distacco cercato e allo stesso tempo temuto che l'adolescente in molti casi esprime attraverso il
conflitto con i genitori.
Il terzo nido vuoto è dunque rappresentato dalla criticità tipicamente adolescenziale che si manifesta nella lotta con i genitori
per la conquista dell'autonomia mettendo alla prova la capacità del nido di reggere agli attacchi senza distruggersi. Questo passaggio
comporta per i genitori un contatto più marcato con la separazione, che rievoca la propria adolescenza e le proprie trasgressioni.
- il nido vuoto per eccellenza più importante (uscita dalla casa e dalla famiglia di origine - convivenza/matrimonio - lavoro
fuori)
Il quarto passaggio di crescita è il nido vuoto per eccellenza, quel momento in cui tutti i figli escono letteralmente dalla casa
familiare per iniziare un nuovo cammino spinto dalla voglia di vivere da soli, con un partner, per studiare o lavorare fuori.
L'uscita dal guscio, per questi e altri motivi, mobilita diverse reazioni ed emozioni nei genitori e nei figli in modi diversi, più o
meno facilitanti per l'uno e per l'altro, che vedremo insieme. Diverse infatti sono le emozioni da gestire per affrontare al meglio questi
compiti evolutivi che fanno parte del cammino di crescita per il figlio e per la coppia, per il papà e per la mamma: la fatica, il
dolore, la lotta, il sollievo, la paura, la fiducia.
"Io ti ho cresciuto, ti ho portato con me. E adesso ti insegno a camminare cioè ad andartene. Non è questo il dono
più alto della maternità?" (Massimo Recalcati)
Quando un membro della famiglia si rivolge allo Psicologo per affrontare questo tipo di difficoltà, per prevenire quadri depressivi
e altri tipi di disturbi che possono configurarsi, il terapeuta può lavorare su alcuni importanti fattori di protezione:
- gestione dei nodi irrisolti;
- intimità sessuale e libertà riscoperta;
- trasformazione del vuoto abbandonico in vuoto fertile;
- flessibilità nel riconoscersi in diversi ruoli identitari (persona - genitore - nonno/a).
La sindrome del nido vuoto e la difficoltà a lasciar andare i figli
La facilità o la difficoltà di riuscita del processo di crescita descritto, soprattutto quello relativo all'uscita
di casa, è correlata alla diversa tipologia di famiglia in cui si sta verificando.
Ogni famiglia infatti si regge su un equilibrio che fa capo a un modello familiare e relazionale che ne disegna le dinamiche interne.
Quanto più le dinamiche della famiglia d'origine sono regolate da modelli di famiglia patriarcale e rigida o da modelli di famiglia
"invischiata" in cui i confini sono poco definiti, tanto più il processo di svincolo del figlio sarà difficoltoso e sarà
vissuto in maniera più o meno consapevole, come una minaccia al proprio equilibrio. Per esempio, se la presenza del figlio in casa
permetteva l'evitamento del conflitto tra i genitori, allora l'abbandono del tetto da parte del figlio può provocare uno squilibrio
che l'intera famiglia non sarà in grado di fronteggiare. In questo caso incolpare l'indipendenza dei figli del fallimento della
relazione è uno dei meccanismi patologici che la famiglia d'origine può mettere in atto.
I singoli genitori (padre, madre) e gli altri componenti del nucleo (fratelli, sorelle), quindi, vivranno il distacco del figlio che cresce
e si autonomizza con maggiore disagio o con maggiore tranquillità in base ai modelli familiari e relazionali che conoscono ma anche
che alla loro personalità e alle loro personali difficoltà irrisolte rispetto al tema della separazione. Se nella
storia di vita del genitore la separazione dal proprio nucleo è avvenuta con conseguenze emotive importanti, sarà più
probabile che la separazione del figlio sia ora vissuta con un carico di dolore e di ansia particolarmente accentuati.
Ecco che allora richieste di aiuto o di risoluzione di problemi o di collaborazione, apparentemente "innocenti" verso il figlio o la figlia
che si sta autonomizzando, rivelano in realtà un modo goffo e a volte inconsapevole con cui il genitore può cercare con tutte
le sue forze di trattenere a sé il figlio.
Tali dinamiche creano molti problemi sia nel nucleo d'origine sia nella vita del figlio, a maggior ragione se quest'ultimo ha un partner in
quanto inevitabilmente gli equilibri della giovane coppia ne saranno minati.
È chiaro dunque che il nuovo equilibrio che deve sbocciare farà fatica a mettersi in piedi se i membri della famiglia di origine
compiono azioni per cui l'elemento che si sta separando continua ad essere tirato in ballo nelle questioni che competono quella famiglia.
La sfida da cogliere per la famiglia è quella di trovare un equilibrio nuovo su cui reggersi. I passaggi di crescita mettono
in luce, come abbiamo visto, punti di forza e fragilità legati alla paura di rimodulare una percezione identitaria familiare con una
nuova configurazione da costruire. Quando questo rimodellamento si incaglia il rischio è:
"il prolungamento parallelo di una genitorialità 'fuori tempo massimo' a cui figli incerti possono prestarsi collusivamente.
Figli chiamati a continuare oltre tempo a far da collante identitario a genitori spaventati da sé e dal partner nella nuova prospettiva
dell'incontro tra adulti. (AA. VV., 2017)
Sindrome del nido vuoto: i sintomi
Quali sono le possibili conseguenze di queste dinamiche se rimangono al di sotto della consapevolezza e quindi se i genitori non ne
divengono consapevoli?
Per i figli che si stanno rendendo indipendenti:
- scarsa autostima;
- insicurezza nelle scelte;
- senso di inadeguatezza e di colpa;
- senso di fallimento;
- sensazione di essere invisibili agli occhi della propria famiglia;
- difficoltà a esprimere sentimenti quali la tristezza e la rabbia (per paura di ferire i genitori);
- paura che se non si asseconda il genitore nelle sue richieste questo possa ammalarsi o soffrire (assumendosi quindi indebitamente la
responsabilità degli stati d'animo altrui);
- paura del rifiuto da parte dei genitori;
- paura di non essere capito dai genitori;
- paura di essere giudicato un cattivo figlio o un figlio irriconoscente.
Per la famiglia d'origine:
- paura che il figlio la abbandoni;
- paura che non si ricordi dei genitori quando saranno anziani e avranno bisogno di lui;
- sensazione che la casa non sia più la stessa;
- trovarsi faccia a faccia con la propria coppia e scoprirla diversa;
- fare i conti con i limiti imposti dall'età e i cambiamenti che comporta;
- paura del confronto con se stessi e con le proprie capacità;
- difficoltà a reggere il dolore e la tristezza.
Come superare l'allontanamento del figlio?
Un compito fondamentale dei genitori per superare l'allontanamento di uno o più figli è quello di imparare a distinguere tra
il rapporto di affetto con il figlio che si separa e il rapporto "materiale".
Il rapporto affettivo con la famiglia di origine non è messo in discussione e non è trasformato dalla distanza fisica del figlio.
Quello che invece subisce (e deve subire) un cambiamento è il rapporto materiale che comprende la vicinanza fisica, le richieste, le
aspettative, le pretese, ... cioè riguarda tutto quello che ha a che fare con il ruolo che il figlio aveva nella famiglia di origine.
Se i membri della famiglia d'origine continuano a dargli lo stesso ruolo e cioè a chiedergli le stesse cose che fino a quel momento
gli hanno sempre chiesto, di fatto stanno ostacolando la sua scelta di rendersi indipendente in quanto questo atteggiamento nega la
possibilità di sentirsi emotivamente riconosciuto come adulto.
Quanto dura la sindrome del nido vuoto?
L'uscita dalla sindrome del nido vuoto è tanto più tortuosa e tanto più lunga quanto più il genitore o la
famiglia che la sperimenta mette in campo barriere per evitare di fare i conti con la separazione. Più trova stratagemmi, più
o meno consapevoli, per rimandare l'appuntamento con la crescita propria e del figlio, più cronicizza le emozioni di paura, dolore,
rabbia, e più il vissuto di perdita sarà equiparabile a un lutto complicato da elaborare.
Le barriere del genitore e dell'intero nucleo di origine, che rendono l'uscita dalla famiglia più lunga e difficile, possono essere
poste in maniera silente e subdola oppure in maniera esplicita.
La prima modalità è solitamente utilizzata quando siamo in presenza di una pesante disfunzionalità nelle
dinamiche personali o familiari che rischiano di collassare perché la rigidità che le caratterizza non permette una
riorganizzazione dei ruoli che integri il cambiamento.
In questo caso il figlio può ritrovarsi in situazioni, ripetute nel tempo, ambigue e apparentemente casuali ma in realtà
appositamente create dal genitore/dalla famiglia nel tentativo di tenere il figlio dentro al nido senza farsi scoprire, ammantando le
circostanze con finta innocenza pur di raggiungere lo scopo.
Se il figlio non ha potuto sviluppare in contesti esterni alla famiglia o con l'aiuto di un professionista, delle modalità di lettura
che rendano consapevoli queste dinamiche, anziché identificarle e proteggere i suoi obiettivi, ci cadrà dentro sabotando le
sue conquiste di autonomia senza rendersene conto e attribuendone le cause a fattori esterni.
La seconda modalità si trova a un livello di disfunzionalità più lieve ed è più franca.
In questo caso assistiamo a veri e propri tiri alla fune con il figlio che, per riuscire a svincolarsi, dovrà impiegare un quantitativo
di energie e risorse proporzionato alla forza con cui viene bloccato.
Quando i figli escono di casa è arrivato il momento di affrontare un passaggio della vita che comporta il riconoscersi genitori
di figli adulti, in una casa più silenziosa e con i suoi nuovi bisogni. Per questo prendersi costantemente cura della coppia e di
se stessi diventa fondamentale per creare una base che sostenga e faciliti l'attraversamento di questa fase.
Per gestirla al meglio i genitori dovranno ridefinire se stessi riscoprendosi come coppia e come persone, con i propri desideri, interessi,
passioni, tornando a coltivare tutto quello che era stato lasciato da parte. Il ruolo di genitore continuerà ad esistere in maniera
differente, con sempre maggiori spazi di libertà per il figlio e con il mantenimento di una presenza su cui lui sa di poter contare
e che deve esserci laddove ha bisogno che ci sia:
"una caratteristica fondamentale per il concetto di genitorialità è il fornire (...) una base sicura da cui il bambino
o l'adolescente possa fare delle uscite nel mondo esterno ed alla quale possa ritornare sapendo che di sicuro quando ci ritorna è
benvenuto, nutrito fisicamente ed emotivamente, confortato quando a disagio, rassicurato quando spaventato. In essenza questo ruolo è
quello di essere disponibile, pronto a rispondere quando gli viene richiesto di incoraggiare e magari di dare assistenza, ma di intervenire
quando necessario" (Bowlby, 1988).
Bibliografia
- AA. VV. (2017), Plexus Semestrale Scientifico Online a cura del Laboratorio di Gruppoanalisi, vol. 10 n. 1 - Giugno 2017
- Bowlby J. (1988), Una base sicura. Applicazioni cliniche della teoria dell'attaccamento, Raffaello Cortina Editore, Milano,
1996
- Gibran K., I figli. Ediz. a colori, Copertina flessibile - Illustrato, 1 settembre 2020 (Ruta A., Masini B. a cura di)
- Kofler D., Anglisani G., Cisotto E., Cavrini G. (2012), La nonnità e i rapporti intergenerazionali in un contesto
multiculturale
- Lommatzsch A. (giugno-dicembre 2010), La Psicoterapia: il piacere di una conquista, Rivista INformazione Psicoterapia
Counseling Fenomenologia, (14), Roma
- Mazzei S. (settembre-ottobre 2003), Relazione d'oggetto, contatto e crescita: considerazioni sulla natura della relazione
terapeutica, Rivista INformazione Psicoterapia Counseling Fenomenologia, (2), Roma
- Quattrini G.P. (2011), Per una psicoterapia fenomenologico-esistenziale, Giunti Editore, Firenze
- Recalcati M., La madre, Lessico famigliare, Rai3, 2018
- Schmid V. (2005), Venire al mondo e dare alla luce. Percorsi di vita attraverso la nascita, Feltrinelli Editore, Milano,
2014
Altre letture su HT
- Tamara Marchetti, "Caso: Quanti sono i componenti
di una coppia?", articolo pubblicato su HumanTrainer.com, Psico-Pratika n. 68, 2011
- Monica Vivona, "Attaccamento e configurazione
del Sé", articolo pubblicato su HumanTrainer.com, Psico-Pratika n. 32, 2008
- Claudia Nissi, "Stili di attaccamento e musica: La
relazione di coppia spiegata con le canzoni", articolo pubblicato su HumanTrainer.com, Psico-Pratika n. 167, 2020
- Claudia Nissi, "Separation
Anxiety Test: valutazione del legame figlio-genitori", articolo pubblicato su HumanTrainer.com, Psico-Pratika n. 103, 2014
- Valentina Zappa, "Genitorialità: da coppia a
"famiglia". Riassetti intra e inter-personali", articolo pubblicato su HumanTrainer.com, Psico-Pratika n. 93, 2013
- Redazione, "Le relazioni
simbiotiche: cosa sono, i rischi e la dipendenza affettiva", articolo pubblicato su HumanTrainer.com, Psico-Pratika n. 210, 2024
- Redazione, "Genitorialità:
eccessivo controllo dei genitori e problemi nello sviluppo dei figli", articolo pubblicato su HumanTrainer.com, Psico-Pratika n. 148,
2018
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