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Genitori di oggi figli di ieri: l'importanza della famiglia di origine

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Genitori di oggi figli di ieri: l'importanza della famiglia di origine
Esperienza in un gruppo di sostegno per genitori adottivi

L'articolo "Genitori di oggi figli di ieri: l'importanza della famiglia di origine" parla di:

  • Emersione delle problematiche personali, sociali e di coppia
  • Il tema delle origini: ponte fra genitorialità di ieri e di oggi
  • I limiti e le risorse del gruppo: considerazioni
Psico-Pratika:
Numero 106 Anno 2014

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Articolo: 'Genitori di oggi figli di ieri: l'importanza della famiglia di origine
Esperienza in un gruppo di sostegno per genitori adottivi'

A cura di: Francesca Emili Autore HT
    INDICE: Genitori di oggi figli di ieri: l'importanza della famiglia di origine
  • Introduzione
  • Presentazione del gruppo
  • La funzione del gruppo per il sostegno dell'adozione
  • La famiglia d'origine
  • Osservazioni del conduttore
  • Conclusioni
  • Bibliografia
  • Altre letture su HT
Introduzione

Con questo articolo mi propongo di presentare un particolare incontro di un gruppo di sostegno all'adozione di cui io ero la conduttrice.

L'incontro, che ha avuto come tema quello della famiglia di origine dei genitori, ha segnato una svolta nel percorso.
L'aver infatti affrontato insieme e condiviso un tema molto personale ha modificato il clima del gruppo, che in seguito è diventato più intimo e confidenziale.

Poter riflettere sulla propria famiglia di origine, rivedersi anche figli, offre ai genitori una prospettiva "altra" da cui guardare i propri figli e il rapportarsi a loro (naturali o adottivi che siano); aiuta a comprendere quanto di "nostro" mettiamo in questa relazione e quanto questo "nostro" dipenda dai genitori che abbiamo avuto.

Presentazione del gruppo
Genitori di oggi figli di ieri: l'importanza della famiglia di origine

Il gruppo è stato condotto da me, con incontri quindicinali nell'arco di sei mesi.
Ogni incontro durava due ore, anche se - essendo in orario post lavorativo - si perdevano circa quindici minuti ad aspettare l'arrivo di tutti.

La conduzione mi è stata chiesta da un'associazione privata che gestisce un asilo, una ludoteca e una serie di laboratori rivolti ai bambini e alle loro famiglie, che aveva raccolto una domanda dei genitori.

Il gruppo, che in parte si era costituito spontaneamente perché i figli frequentavano la stessa scuola, era così formato:

  • due coppie con due figli adottivi;
  • una coppia con un figlio adottivo;
  • una mamma con un figlio adottivo.

Agli incontri sono sempre stati presenti tutti i genitori, tranne un papà che non ha mai partecipato (la moglie riportava quanto suo marito fosse contrario a questo tipo di gruppi e quanto avesse fatto fatica ad attraversare tutti i momenti di confronto che li hanno poi portati all'adozione). Alcuni di loro frequentavano anche gruppi di supporto istituiti dai Servizi territoriali.

Il gruppo aveva come obiettivo principale il riflettere con i genitori adottivi sul loro particolare tipo di genitorialità nelle diverse fasi del percorso evolutivo.

Passare da due a tre in una famiglia rappresenta, in tutti i tipi di genitorialità, un cambiamento fondamentale che coinvolge ogni persona del gruppo e richiede modifiche alle relazioni preesistenti.

Accogliere un bambino non neonato, e non nato dalla coppia, comporta un cambiamento con caratteristiche specifiche, rispetto a quello derivato dalla nascita di un figlio.

Solo a titolo di esempio: un bambino con una sua storia, più o meno lunga ma sicuramente difficile, arriva con il suo bagaglio di esperienze e le sue caratteristiche di personalità, spesso diversissime da quelle dei genitori adottivi.

Questi, dal canto loro, devono possedere e comunque coltivare e sviluppare la capacità di poter accettare particolari caratteristiche ed esigenze del bambino, riferite ai ricordi dei genitori biologici, alla diversa cultura di provenienza (non necessariamente non italiana), a eventuali difficoltà di relazione e di apprendimento.

Se alcuni aspetti sono specifici della genitorialità adottiva, altre difficoltà, secondo me, sono comuni sia ai genitori adottivi che a quelli biologici, in particolare tutto ciò che ruota attorno al mondo relazionale ed emotivo del bambino nel corso del suo sviluppo.

Per questo motivo avevo inizialmente pensato il gruppo rivolto sia a genitori biologici che a genitori adottivi, ma dopo il primo incontro due genitori biologici (che erano in minoranza) si sono ritirati e il gruppo si è definito "spontaneamente" solo per genitori adottivi. Inoltre nel corso degli incontri i genitori si sono detti contrari ad un gruppo che preveda la presenza anche di genitori biologici, dicendo di sentirsi spesso svalutati da questi ultimi.

La funzione del gruppo per il sostegno dell'adozione

Ho pensato questo gruppo partendo dal presupposto che - attraverso le dinamiche gruppali - le singole persone potessero ampliare lo spazio di pensiero e di riflessione.

Dopo il primo incontro in cui i partecipanti hanno portato una serie di tematiche (relazioni con i coetanei, relazioni con i nonni, conflittualità di coppia, difficoltà scolastiche, aggressività...), ad ogni incontro introducevo un tema stimolo, scelto tra quelli emersi dal gruppo, volto al confronto diretto e alla riflessione tra i partecipanti.

Nell'arco degli incontri si sono affrontati ulteriori argomenti che spesso esulavano dal tema stimolo (che veniva comunque ripreso all'incontro successivo), ma che erano percepiti come urgenti per il gruppo:

  • l'inserimento sociale, l'ingresso a scuola ed il confronto con i coetanei non adottati,
  • la gestione della rabbia e dell'aggressività (repressa nei genitori, manifesta nei figli),
  • l'importanza e la gestione delle regole, i propri modelli genitoriali,
  • le problematiche scolastiche e la gestione dei compiti,
  • la percezione personale e pubblica della genitorialità.

Molto spazio è stato dedicato alle difficoltà scolastiche e ai conflitti di coppia, tematiche queste che emergevano spesso nel gruppo, indipendentemente dal tema proposto. Mi aspettavo che affiorassero temi quali l'infertilità e la sterilità, ma non sono mai emersi spontaneamente (e non ho nemmeno voluto sollecitarli), forse perché il percorso è stato breve e non si è raggiunta la confidenza necessaria per condividere aspetti personali e di coppia così delicati.

Per molti partecipanti è stato difficile raggiungere la consapevolezza che dietro alcune difficoltà dei figli si potesse nascondere una difficoltà personale e di coppia, riguardante lo svolgimento del compito genitoriale.
Confrontarsi con gli stili educativi della propria famiglia di origine aiuta a riflettere sul proprio modo si essere genitori.

Tutti i bambini erano consapevoli dell'adozione, in quanto adottati già grandicelli.
Parlavano del loro passato, ognuno a suo modo, in relazione alla disponibilità all'ascolto dell'argomento dei genitori, e chiedevano delle proprie origini o di tornare nel loro paese per cercare la famiglia.

Lo spunto tratto quindi dalle richieste dei bambini, che il gruppo ha condiviso, è stato ciò che ha dato luogo all'incontro dedicato al "tema delle origini": incontro tra i più intensi del percorso in cui i genitori hanno potuto confrontarsi e riflettere sulle proprie origini, sui propri genitori.

In particolare l'incontro in cui abbiamo affrontato la propria famiglia di origine è stato quello più emotivamente impegnativo e complesso.
Sia per i genitori, che hanno dovuto affrontare aspetti intimi, non legati esclusivamente alla gestione quotidiana della famiglia attuale, sia per me perché mi sono resa conto che questo tema avrebbe avuto bisogno di un approfondimento e di più tempo per poter essere affrontato in maniera più completa.

La famiglia d'origine

Questo incontro si colloca all'incirca a metà del percorso del gruppo.
Negli incontri precedenti erano emerse evidenti differenze nello stile educativo dei partecipanti e differenti pensieri riguardanti il ruolo genitoriale.

Le differenze si riscontravano sia tra le coppie (qualcuna più tollerante e permissiva e qualcuna più severa e normativa) sia all'interno della coppia stessa.

In questo incontro all'ingresso nella stanza i partecipanti trovano, come di consueto, le sedie disposte in semicerchio, ma trovano anche un barattolo di pennarelli posato al centro sul pavimento e un foglio bianco su ogni sedia.

Viene loro chiesto di disegnare i propri genitori, così come li ricordano ripensandosi bambini, sotto forma di animale. Sul foglio c'è scritto:


"Se mia madre e mio padre fossero degli animali, sarebbero...".

Quasi tutti i membri del gruppo protestano dicendo che la domanda è troppo difficile e che non sanno disegnare. Due uomini vanno in bagno. È l'unico incontro in cui i partecipanti hanno avuto evidenti e palesi difficoltà a cominciare. Si sono anche presi un po' in giro tra di loro. Poi tutti iniziano a pensare e a prendere i pennarelli.

Mi ero prefissata di concedere dieci minuti di tempo, ma alla fine, vedendoli molto concentrati sul compito, ne ho concessi venti.
Al termine, ognuno di loro ha mostrato il disegno e ha descritto i propri genitori.

È stato significativo che tutti i partecipanti abbiano disegnato animali "docili" (coniglio, scoiattolo, topo, cane, pinguino) per descrivere i padri e animali "svelti" (volpe, cavallo, pantera, grillo) per descrivere le madri.

Passando poi a raccontare le caratteristiche di ogni animale e del perché era stato scelto, è emersa una descrizione generale di padri assenti, gran lavoratori, che pensavano al mantenimento della famiglia e poco agli aspetti affettivi.
Le madri invece appaiono con molto senso pratico e più accoglienti dei padri, anche se in generale sembra che gli aspetti affettivi siano trascurati un po' da entrambi.

I partecipanti si sono chiesti se queste caratteristiche comuni fossero dovute al periodo storico in cui sono vissuti o a caratteristiche personali dei propri genitori.

I padri hanno riconosciuto di avere qualche difficoltà ad esternare i propri sentimenti (uno di loro non ha voluto assolutamente partecipare all'attività e non è intervenuto in nessun modo nella discussione, pur rimanendo presente fino al termine dell'incontro), forse per non aver avuto un modello maschile da imitare.

Le mamme hanno notato come anche nei precedenti incontri si fossero più concentrate sulla gestione quotidiana di questioni pratiche piuttosto che sugli aspetti emotivi o relazionali, come le loro madri.

La discussione del gruppo si è svolta con grande interesse a partire dalle osservazioni sui genitori degli altri partecipanti, poi ciascuno è riuscito a riflettere con maggiore distacco sui propri.

L'approccio generale del gruppo è stato a mio parere eccessivamente deterministico.
La loro tendenza era dire: «mio padre era così quindi è ovvio che io...», ma ha dato il via a una serie di riflessioni che sono proseguite anche negli incontri successivi.

Questo incontro ha fatto un po' da spartiacque, permettendo al gruppo di porsi su un nuovo livello, più attento alle relazioni e alle dinamiche famigliari, che è stato mantenuto negli incontri successivi.

Osservazioni del conduttore

Anche se questo è stato l'incontro più interessante dal punto di vista emotivo, è stato anche il più impegnativo per me, non solo per i genitori.

Avevo pensato di proporre questo tema perché durante gli incontri precedenti avevo notato quanto le differenze negli stili educativi creassero conflitti nella coppia e quanto ognuno facesse riferimento alle proprie esperienze per giustificare e motivare i propri comportamenti. L'attività proposta era comunque semplice (disegnare i propri genitori sotto forma di animali), ma dava lo stimolo per parlare della propria famiglia di origine.

Non avevo considerato che potesse essere troppo impegnativo per loro e sono rimasta sorpresa nel vedere come hanno iniziato con difficoltà e che addirittura un papà si è rifiutato di partecipare.
Con questo padre in particolare ho provato ad insistere, anche con l'aiuto della moglie e degli altri partecipanti, che ammettevano di non saper disegnare neanche loro etc., ma ho poi preferito lasciarlo tranquillo come chiedeva.

Il padre ha poi ascoltato tutto l'incontro, senza mai intervenire, ma penso che anche questo possa essergli stato utile.
Credo che la sua difficoltà sia stata legata non tanto al fatto di affrontare un argomento personale in pubblico, quanto forse al suo rapporto difficile con i propri genitori.

Portare il gruppo su un piano di confronto più personale ha permesso di creare un ponte tra la genitorialità che hanno avuto come modello e il proprio modo di essere genitori oggi.

Ricordarsi dei propri genitori e di se stessi bambini in relazione a loro ha consentito ai partecipanti di comprendere quanto i loro atteggiamenti genitoriali-educativi possano influire sulle risposte emotive e comportamentali dei figli.

Conclusioni

Durante i primi due, tre incontri il gruppo aveva aspettative non congruenti con gli obiettivi che come conduttore io mi ero posta (confronto, discussione, elaborazione acquisizione di nuove consapevolezze); i partecipanti si aspettavano infatti di ricevere "lezioni" rispetto ai comportamenti da assumere con i propri figli.

Credo che tale aspettativa si radicasse nelle pregresse esperienze di partecipazione a gruppi. Infatti, alcuni partecipanti frequentavano "al bisogno" gruppi territoriali a cui si rivolgevano per chiedere consigli e avere indicazioni educative.

Nell'arco dell'intero percorso si è lavorato molto sull'importanza di riconoscere il figlio adottivo come una persona altra da sé, con la sua storia, le sue caratteristiche personali (a volte lontane da quelle dei genitori), per favorire nel bambino l'attaccamento prima e l'autonomia psicologica poi.

La pregressa conoscenza reciproca tra più membri ha facilitato l'instaurarsi del clima di fiducia, ma la troppa uniformità delle situazioni (figli della stessa età e nella stessa classe) a volte è risultata essere un limite al confronto.
Al termine degli incontri i genitori hanno sottolineato l'importanza di questo percorso, inteso soprattutto come momento di sfogo e di confronto («Si usciva più leggeri»), apprezzando la discussione sugli aspetti pratici della quotidianità.

In una situazione ho ritenuto necessario suggerire il sostegno di uno Psicoterapeuta che potesse prendere in carico l'intera famiglia.
La signora riferiva comportamenti autodistruttivi del figlio preadolescente, il disinteresse del padre (che non ha mai partecipato) e sembrava non essere consapevole di quanto i propri atteggiamenti avessero una ricaduta sulle relazioni famigliari. Inoltre la signora era un Medico specializzato nell'area della salute mentale e pareva che le sue conoscenze le impedissero di vedere obiettivamente la propria famiglia e le proprie difficoltà.

Dal punto di vista professionale questo gruppo, per me il primo di questo genere, mi ha insegnato molto. Prima di tutto che la teoria è sempre da adattare alle persone che si hanno di fronte (ma questo vale comunque per tutti gli ambiti di intervento), poi che i singoli incontri anche se ipotizzati sulla carta sono da valutare e modulare "in corso d'opera".

È importante avere sì un "programma", quindi avere un'idea di cosa si voglia fare nei singoli incontri, nella consapevolezza però che ci saranno sempre elementi che richiederanno aggiustamenti e adattamenti del programma: "Il passo va adattato alla gamba del gruppo".

Ritengo che lo strumento del gruppo dia maggiori stimoli e sia fonte di ricchezza per tutti, non ultimo il conduttore, anche quando si lavora con la genitorialità, adottiva o biologica che sia. In conclusione sono del parere che l'esperienza del gruppo rappresenti un importante strumento di prevenzione, aiutando ad aumentare le capacità introspettive, ampliando lo spazio di pensiero e impedendo l'isolamento.

Bibliografia
  • CAM (Centro Ausiliario per i problemi Minorili), "Storie in cerchio", Franco Angeli, Roma, 2007
  • Crisma M., "Affrontare l'adozione", Mc Graw-Hill, Milano, 2004
  • Fadiga L., "L'adozione", Il Mulino, Bologna, 2003
  • Farri M., Pironti A., Fabrocini C., "Accogliere il bambino adottivo", Centro Studi Erickson, Trento, 2006
  • Vadilonga F., "Curare l'adozione", Raffaello Cortina Editore, Milano, 2010
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