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La Gestalt e il messaggio esistenziale dei sogni

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La Gestalt e il messaggio esistenziale dei sogni
Esperienza onirica come possibilità per l'integrazione delle parti di sé

L'articolo "La Gestalt e il messaggio esistenziale dei sogni" parla di:

  • Le tecniche gestaltiche e la lettura del testo onirico
  • Relazione terapeutica e messaggio esistenziale
  • Il lavoro sul sogno: individuale e di gruppo
Psico-Pratika:
Numero 104 Anno 2014

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Articolo: 'La Gestalt e il messaggio esistenziale dei sogni
Esperienza onirica come possibilità per l'integrazione delle parti di sé'

A cura di: Valentina Sbrescia
    INDICE: La Gestalt e il messaggio esistenziale dei sogni
  • Introduzione
  • L'approccio gestaltico e l'esperienza del sogno
  • Il lavoro con i sogni
    • Fritz Perls: la tecnica dell'identificazione e i sogni ricorrenti
    • Oliviero Rossi: l'interpretazione drammatica del sogno
    • James Simkin: la forma del sogno
    • I Polster: la proiezione del sogno nel reale
    • Joseph Zinker: il teatro del sogno
  • La relazione terapeutica nel lavoro con il sogno
  • Conclusioni
  • Note
  • Bibliografia
  • Altre letture su HT
Introduzione

In questo articolo prenderò in considerazione la teoria della Gestalt e la sua posizione nei confronti dell'esperienza onirica: in che modo la concettualizza e come la utilizza nel lavoro terapeutico.

Mi fermerò a considerare alcuni degli autori gestaltici che più hanno avuto da dire sui sogni e, infine, parlerò del rapporto esistente tra il lavoro sui sogni dei pazienti in terapia e la relazione terapeutica nel suo complesso.

L'approccio gestaltico e l'esperienza del sogno

La terapia della Gestalt è un approccio fenomenologico che si fonda sull'esperienza.
La percezione e il vissuto vengono considerati come un'unità che non può essere frammentata; ogni elemento dell'esperienza infatti si integra in una forma che, in quanto totalità, è diversa dalla somma delle sue parti.

Considerando questo come assunto base da cui partire possiamo considerare i sogni, oggetto della nostra trattazione, come un'esperienza unica, completa nella sua forma, la quale acquista un senso all'interno dell'intera dinamica di vita di una persona.

Il sogno viene infatti considerato dalla Gestalt come «l'espressione più spontanea dell'esistenza dell'essere umano» (Perls F., "La terapia gestaltica parola per parola", Astrolabio, Roma, 1980, pag. 76) e in quanto tale è in relazione con la vita intera del sognatore.

Fritz Perls, Psicoterapeuta e fondatore della Gestalt, definisce la terapia gestaltica un approccio esistenziale che ha a che fare con l'esistenza globale della persona. L'approccio gestaltico si basa sul "ciclo di contatto", cioè il processo esperienziale che si ripete continuamente nelle sue fasi essenziali.

La Gestalt e il messaggio esistenziale dei sogni

Il punto iniziale del ciclo è solitamente il fenomeno biologico primario che può essere considerato l'emergenza dei bisogni; il modo di trattare questi bisogni e di soddisfarli completa il ciclo. A titolo esemplificativo si può dire che lo stimolo della sete sia il punto iniziale del ciclo, di seguito l'organismo si orienta per individuare nel proprio ambiente il modo di soddisfare tale bisogno (la ricerca di una bottiglia d'acqua); successivamente si compie l'azione di bere e infine ci si sente dissetati e appagati.

Una volta soddisfatto il bisogno iniziale, questo torna sullo sfondo permettendo l'emergenza "in figura" di altri stimoli e bisogni.
Si considera quindi l'organismo come un sistema in equilibrio la cui caratteristica principale è quella di sapersi autoregolare. In questo senso la Gestalt si discosta dall'approccio freudiano che si basa invece sulla teoria degli istinti e sullo squilibrio dell'energia libidica che ne determina l'azione.

Il principio di autoregolazione organismica determina quindi l'emergere in figura delle situazioni irrisolte in modo che possano essere completate e poi tornare sullo sfondo.
La mente umana, per sua costituzione, ha infatti sempre bisogno di concludere ciò che appare incompleto, di "chiudere le figure", come accade per esempio quando si guardano quelle immagini che a prima vista sembrano confuse, ma in cui dopo un po' si osservano immagini coerenti (per es. la nota immagine dei due profili umani posti uno di fronte all'altro che delineano, tra di loro, i contorni di un calice; o la strana esperienza per cui, dopo aver svolto un compito al meglio delle proprie possibilità, ricordiamo con particolare nitidezza proprio l'elemento che non siamo riusciti a risolvere).

Il rapporto dell'uomo con l'ambiente è infatti, per la Gestalt, un continuo processo di riequilibrio tra i bisogni e la loro soddisfazione:

«Si potrebbe vedere la cosa in questo modo: una certa figura emerge dall'interno, viene alla superficie, quindi entra nel mondo esterno, va alla ricerca di quel che vogliamo, e poi torna indietro, assimila e riceve.
Poi viene fuori qualcos'altro, e si ripete nuovamente lo stesso processo».
(Perls F., "La terapia gestaltica parola per parola", pag. 29)

Il punto di vista sulla psiche è quindi di tipo processuale e non più causale: non è importante chiedersi il "perché" di un sintomo (causa), ma invece "in che modo" la persona si impedisca di crescere e di andare avanti mantenendo i comportamenti disfunzionali che normalmente chiamiamo sintomi (processo).

Il mondo intero diventa perciò un processo continuo, un processo sempre in corso, e questo semplicemente perché abbiamo cambiato il nostro punto di vista.
Quindi, diventa fondamentale la consapevolezza dei propri vissuti come luogo privilegiato di integrazione di tutti gli elementi processuali in corso.
È cioè il modo in cui viviamo le nostre esperienze che dà senso e mette in relazione ciascuna di loro.

A tal proposito vi propongo l'esempio di un paziente con disturbo ossessivo compulsivo, il quale impiega un'infinità di tempo per svolgere le incombenze quotidiane; in particolare il paziente si lamenta di non riuscire ad alzarsi a un orario accettabile la mattina e di perdere molto del suo tempo sdraiato a letto e sveglio in attesa di riuscire ad alzarsi.
Lui vorrebbe "essere una persona normale".

A un'indagine più approfondita il paziente rivela che la sua idea di normalità è un sonno di circa 8 o 9 ore per notte, e che lui - andando a dormire tardi la sera e dormendo per l'appunto 8 ore - si sveglia tardi la mattina seguente. Quindi, sebbene le ore di sonno siano assolutamente normali rispetto al suo punto di vista, ciò che lui pretende da se stesso è decisamente al di sopra della norma: in altri termini il suo punto di vista non tiene conto di tutti i dati di realtà ma li seleziona in modo a lui sfavorevole.
Soprattutto non è consapevole delle alte pretese che egli nutre verso se stesso e della paura di non riuscire a soddisfarle.

Il mio paziente è quindi consapevole del proprio auto-giudizio negativo, ma non del suo opposto (le aspettative irrealistiche circa le proprie prestazioni) che nasconde invece un'idea di sé ben superiore alla media dell'umanità.
Probabilmente, e questo ve lo saprò dire al termine della terapia, nel momento in cui riuscirà a essere pienamente consapevole e a mediare tra questi due atteggiamenti opposti integrandoli in un percorso personale più sostenibile, riuscirà a sbloccare se stesso dalla morsa delle continue ripetizioni di cui è vittima.

In altre parole potrà dire a se stesso: "Non importa se questa cosa non la faccio nel miglior modo possibile, costringendo me stesso a ripeterla all'infinito; andrà bene invece il modo migliore per me e per le mie capacità! Io non sono un super-uomo, sono invece un normale essere umano, e va bene così!".

Tornando quindi alla trattazione del tema onirico, Oliviero Rossi, Psicoterapeuta della Gestalt esperto in video terapia, scrive:

«L'ambiente onirico diventa una mappa attiva che raffigura e rende operanti le emozioni e i vissuti del sognatore, dando vita alla rappresentazione delle sue dinamiche intrapsichiche e relazionali. Nel sogno, quindi, l'interazione dinamica degli elementi nei quali è parcellizzata la rappresentazione dell'esistenza, genera la figura d'insieme che riproduce il sognatore nel suo flusso di condotta.
Questa considerazione è euristicamente importante nella modalità gestaltica di lavoro sul sogno in quanto amplia le possibilità terapeutiche offerte dal recupero della proiezione mostrandone le potenzialità di ristrutturazione della condotta».
(Rossi O., "Teatro del sogno come flusso della condotta", 1997)

La Gestalt ritiene che nell'immagine onirica, così come in una fotografia o in un quadro, sia rappresentata tutta l'esistenza dell'individuo; questo succede perché ogni elemento del sogno viene caricato di significato personale attraverso il meccanismo della proiezione, cioè tutto ciò che è presente o assente dall'immagine onirica o dal suo percorso narrativo ha un significato personale per il sognatore, il quale vi ha caricato sopra tutti i suoi percorsi emotivi e le alternative di risoluzione per lui disponibili al momento.

È in questo orizzonte teorico quindi che si concepisce l'esperienza onirica: ogni elemento costituisce una parte di noi attraverso cui esprimiamo i nostri bisogni.
Anche Jung considerava il sogno come il palco in cui la personalità mette in scena tutte le sue parti, alla ricerca sempre dell'integrazione tra ciò che è conscio e ciò che non lo è.

Perls definisce il sogno come la "via regia all'integrazione". Spiega Perls:

«Dato che il nostro scopo è quello di fare di ognuno di noi una persona sana, il che significa una persona integrata senza conflitti, quel che dobbiamo fare è rimettere insieme i vari frammenti del sogno. Dobbiamo riappropriarci di queste parti proiettate e frammentate della nostra personalità, e riappropriarci del potenziale nascosto che compare nel sogno».
(Perls F., "La terapia gestaltica parola per parola", pag. 76)

Il sogno è perciò un messaggio esistenziale circa quello che manca nella nostra vita, quello che evitiamo di fare e di vivere e quelle parti di noi che abbiamo alienato e che costituiscono ora dei "buchi di personalità".

Il lavoro con i sogni

A seguito dell'inquadramento teorico fin qui esposto, intendo illustrare le tecniche di lavoro sui sogni proposte dai principali esponenti della Gestalt.

Come vedrete tutti hanno in comune due principi cardine:

  1. la dinamica figura-sfondo delle emergenze emotive,
  2. il percorso di riappropriazione delle proprie proiezioni, al fine di integrare gli aspetti consci e inconsci della propria esistenza.
Fritz Perls: la tecnica dell'identificazione e i sogni ricorrenti

La tecnica che Perls usa per lavorare con i sogni è quella della identificazione con i vari frammenti e parti del sogno; per favorire questa identificazione utilizza l'espediente del racconto del sogno in prima persona singolare:

«Ogni parte del sogno sei tu, è una tua proiezione, e se ci sono lati incongruenti, lati contraddittori, e tu li usi in modo da farli entrare in conflitto, questo non è altro che l'eterno gioco del conflitto, il gioco dell'autotortura».
(Perls F., "La terapia gestaltica parola per parola", pagg. 78-79)

L'identificazione è infatti l'opposto dell'alienazione: la nostra energia vitale va soltanto in quelle parti della personalità in cui ci identifichiamo per cui, ogni volta che si farà un lavoro con il sogno e si prenderà consapevolezza degli spazi vuoti che si hanno o delle situazioni che si evitano per paure non reali, allora sarà possibile guadagnare vitalità.

Una volta identificati i buchi della consapevolezza, si passa a lavorare sulle proiezioni, cioè le parti di sé alienate dalla consapevolezza e "caricate emotivamente" sugli elementi onirici presenti e/o assenti, facendo dialogare tra loro gli elementi che sembrano polari, cioè opposti, finché non si arriva alla comprensione e all'apprezzamento delle differenze reciproche, alla riappropriazione delle parti di sé elise dalla consapevolezza e proiettate altrove, insomma all'unità.

Per questa ragione, nel lavoro con i sogni, è importante indagare con quale stato d'animo il paziente ha vissuto il sogno e con quale invece si è svegliato, così da capire qual è l'atteggiamento generale verso il sogno e il suo contenuto, e valutare quindi possibili differenze di atteggiamento tra lo stato conscio e quello inconscio.

Il fenomeno dei sogni ricorrenti riceve anche da Perls - così come precedentemente anche da Freud e Jung1 - una considerazione a parte.
Spesso questi sogni sono degli incubi: Perls ritiene che i sogni di questo tipo non possano essere considerati una "coazione a ripetere", e quindi un meccanismo senza via d'uscita (Freud), ma semplicemente una gestalt incompleta, cioè hanno ancora qualcosa da dire, qualcosa cui non è ancora stata data attenzione e non è diventato consapevole (punto di vista condiviso anche da Jung).

I sogni ripetuti o gli incubi sono considerati da Perls come dei messaggi di avvertimento che tendono a "frustrare" la persona per sollecitarla ad andare avanti, a superare l'impasse che le impedisce la crescita; sono perciò i sogni migliori in quanto rivelano chiaramente un problema non risolto e, perciò, facilmente individuabile.
L'attenzione di Perls agli elementi frustranti è però da considerare alla luce del fatto che per lui la frustrazione è lo strumento fondamentale di crescita della persona.

Oliviero Rossi: l'interpretazione drammatica del sogno

Il dottor Oliviero Rossi, Psicoterapeuta della Gestalt e Docente presso numerosi istituti di formazione gestaltica in Psicoterapia, si occupa da anni di Teatro Video terapia.
Negli ultimi anni si è dedicato alla ricerca e allo sviluppo di nuove modalità di intervento di impronta arteterapeutica.

Nello specifico Rossi utilizza l'immagine, in ogni sua forma (video e fotografica), come strumento principale per il raggiungimento della consapevolezza del paziente e per l'integrazione degli opposti emotivi e psichici.
Per quanto concerne la nostra trattazione, Rossi riporta:

«La tecnica spesso adottata per favorire questo processo di riappropriazione delle proiezioni è quella di invitare il paziente a ripercorrere il sogno riattualizzandone le vicende nella interpretazione drammatica.
L'operazione di interpretazione drammatica del sogno favorisce - rispetto alla dimensione esistenziale nelle sue componenti di presenza, responsabilità e consapevolezza - un cambiamento di segno a vari livelli: lo svolgersi della narrazione di sé dallo stato di passività del sonno si trasferisce nell'attività cosciente della veglia; le situazioni subite nel sogno, sono ricostruite nella rappresentazione con la direzione del sognatore».
(Rossi O., "Teatro del sogno come flusso della condotta", 1997)

La drammatizzazione consente dunque l'esplicitazione delle scelte omesse o possibili ed evidenzia il sistema di credenze che le dirige nella condotta.
Inoltre permette il prezioso passaggio dalla passività che contraddistingue l'esperienza onirica in sé, all'autodeterminazione e all'atteggiamento attivo della veglia rispetto a quegli stessi elementi onirici.

Nella tecnica proposta e adottata da Rossi il Terapeuta diventa una sorta di accompagnatore empatico, e gli elementi del sogno acquistano significato unicamente in relazione con l'insieme, così come le figure emergono soltanto in contrasto con lo sfondo che le origina.

Quindi, poiché lo scopo finale è l'analisi del sogno totale, la prima operazione è quella di identificare la figura e lo sfondo, cioè la relazione delle singole parti con l'insieme:

«L'attenzione allo "sfondo" si traduce nel portare in evidenza ciò che è marginale o mancante: esperienze, oggetti, persone, vuoti di memoria.
È necessario sottolineare che nella dialettica figura/sfondo l'elemento che emerge come figura è sostenuto dinamicamente dagli elementi dello sfondo, le figure che appaiono senza il sostegno dello sfondo rimandano immediatamente ad un'azione di omissione o negazione».
(Rossi O., "Teatro del sogno come flusso della condotta", 1997)

La parte "mancante" può naturalmente essere un oggetto, una persona, un'esperienza, ma molto spesso anche i vissuti corporei o addirittura il vissuto emotivo in un sogno che, anche per esigenze narrative, è stato fortemente razionalizzato.
Nella seconda fase del lavoro Rossi sposta quindi l'attenzione sul flusso emozionale:

«Riguarda sia il vissuto del soggetto durante l'evento del sogno sia quello delle parti che egli eventualmente interpreterà nel lavoro di drammatizzazione del racconto. In questo caso il role-playing va sfruttato come vera e propria interpretazione in senso espressivo, per attingere a tutte le informazioni e suggerimenti che vengono dal corpo, dalla postura, dalla voce, dal respiro, come manifestazione emozionale, oppure per sensibilizzare il paziente allo spessore emozionale che, a volte, si può cogliere pienamente solo al di là delle parole, nelle manifestazioni non verbali».
(Rossi O., "Teatro del sogno come flusso della condotta", 1997)

Altrettanto importante a livello terapeutico è vivere il sogno nel presente invece che raccontarlo semplicemente. Naturalmente questo avviene tenendo sempre presente il momento attuale del setting terapeutico, cioè il rapporto con il Terapeuta.
In altre parole la relazione terapeutica costituisce sempre il supporto reale all'azione e alla valutazione del rischio del cambiamento che il paziente è chiamato a operare.

La fase successiva è quella della presa di responsabilità, intesa come estensione della consapevolezza:

«L'assunzione di responsabilità per la conduzione della propria esistenza, in particolare nella dimensione del sogno equivale anche ad estendere la consapevolezza; in questo senso ogni omissione o dimenticanza si presenta come una "scelta" di censura che impedisce la presa di coscienza ed esclude dalla comunicazione».
(Rossi O., "Teatro del sogno come flusso della condotta", 1997)

Questa fase risulta quindi indispensabile ai fini di una corretta integrazione delle parti di sé alienate, stante che proprio questo disconoscimento è la causa della nevrosi.

L'ultima fase è quindi quella del confronto con la vita reale, luogo verso cui tende lo sforzo integrativo della terapia gestaltica.

Il sogno diventa quindi il tramite tra la vita interiore e quella esteriore, mentre il lavoro terapeutico permette il passaggio tra il messaggio esistenziale del sogno e le scelte consapevoli della vita cosciente: ogni elemento onirico infatti rappresenta una scelta, tanto nell'affermare quanto nel negare, le proprie caratteristiche personali.

James Simkin: la forma del sogno

James S. Simkin, Psicoterapeuta americano, co-fondatore dell'approccio gestaltico in Psicoterapia, nella sua tecnica di lavoro presta attenzione sia alla forma del sogno, cioè al sogno nel suo complesso, come fosse un elemento unico con cui rapportarsi, che alle sue componenti, cioè gli elementi singolarmente rappresentati o non rappresentati nel sogno.

Entrambi questi elementi forniscono indicazioni circa i buchi di personalità, quelle parti alienate che ottengono di essere rappresentate o meno nella produzione onirica:

«Di solito il sogno contiene due importanti elementi, il primo è l'enunciazione di chi siamo. Recitando ciascuna parte puoi divenire maggiormente consapevole delle cose con cui ti identifichi e di ciò che non riconosci come facente parte di te; [...] L'altro elemento significativo è che spesso, anche se non sempre, c'è una parte mancante. A volte, la parte mancante del sogno è la soluzione finale. [...]
Analizzando il sogno, cerca di stabilire un contatto con le parti di te che non riconosci, lavora sul riappropriarti delle parti e, se possibile, sulla parte mancante».
(Simkin J.S., "Il lavoro sul sogno", 1978, pag. 247)

Simkin suggerisce inoltre di valutare gli elementi onirici in un ordine che vada dal generale al particolare, poiché come spiega di seguito, negli elementi più vaghi è più facile riconoscere proiezioni di parti alienate di sé:

«In linea di principio preferisco prendere la parte con cui immagino la persona si sia meno identificata. Se nel sogno ci sono persone e posti scelgo le persone piuttosto che i posti. Se c'è un luogo, un territorio, un campo, un oceano, qualcosa di molto ampio, scelgo la cosa ampia piuttosto che quella specifica, di qualunque cosa si tratti. Le persone di solito non si identificano facilmente con le cose vaghe, ampie, con le cose estese in genere».
(Simkin J. S., "Il lavoro sul sogno", 1978, pagg. 247)
I Polster: la proiezione del sogno nel reale

Per Erving e Miriam Polster, Psicoterapeuti americani, co-fondatori dell'approccio gestaltico, il sogno è qualcosa di più di una proiezione dei vari aspetti di chi sogna:
è un palcoscenico su cui è possibile fare contatto, cioè esperienza reale e realmente evolutiva, in modo da dare l'immagine dell'esistenza attuale dell'autore del sogno.
Dopo il lavoro sulle proiezioni con il metodo dell'identificazione, loro fanno "uscire" il paziente dal ruolo chiedendogli effettivamente che cosa gli corrisponda nella vita reale, cosa vede di sé ora.

Nella considerazione dei sogni come proiezione possiamo quindi riassumere la tecnica dei Polster in questi termini: una prima fase è quella della consapevolezza dei sentimenti presenti nel sogno e al risveglio, in quanto la consapevolezza focalizzata conduce all'azione; la definizione del senso che il paziente dà della propria situazione hic et nunc rispetto alla propria esperienza sia emotiva che fisica; la facilitazione del contatto con queste esperienze ponendo attenzione alle modalità con cui questo si verifica: modalità paurose, divertenti, angoscianti... come mezzo di esplorazione del carattere.

Joseph Zinker: il teatro del sogno

Un altro autore, Joseph Zinker, Psicoterapeuta americano di origine polacca formatosi con F. Perls, ha influenzato notevolmente la Psicoterapia della Gestalt con i suoi lavori. Egli ha proposto un ampliamento del processo di elaborazione dei sogni che va al di là del sogno in sé e che si attua all'interno di un contesto di gruppo.

Questo sfrutta la tendenza del sognatore a proiettare parti di sé non soltanto sugli elementi del sogno ma anche sugli elementi del gruppo, quindi fuori di sé: egli usa il sogno come un teatro in cui i membri del gruppo terapeutico ricoprono e interpretano le diverse parti del sogno stesso. Questo offre alle persone presenti varie opportunità di agire un aspetto del sogno che può avere un significato per la loro stessa vita oltre che per quella dell'autore del sogno.

Il sognatore sceglie il cast di persone che devono rappresentare le parti del sogno oppure accetta i volontari; può dirigere la rappresentazione facendolo prima in maniera non verbale e facendo attenzione al corpo.

Il Sognatore può parlare a ciascuno dei personaggi.
Il Terapeuta è l'osservatore o il supervisore del processo.
Personalmente ritengo molto efficace questa modalità di lavoro di gruppo, poiché permette di attivare l'energia presente nel gruppo stesso.

In genere chiedo al sognatore di identificare i personaggi del proprio sogno in base a una esplicita proiezione, e successivamente di scegliere il componente del gruppo cui attribuirla - per es.: «Ho sognato mio padre. Lui è una persona seria, forte e poco incline a mostrare le sue emozioni. Scelgo Giuseppe per interpretarlo perché ho l'impressione che sia riservato quanto mio padre!» - in modo che sia chiaro per tutti che è con una proiezione che si lavora e non con pretese caratteristiche personali dell'attore reale.

Questo aiuta anche chi viene chiamato in causa a sentirsi più disponibile a fare la sua parte e permette a tutti di avere ben chiaro quale sia l'aspetto messo in discussione.

Normalmente chiedo al sognatore di fare la sua parte senza relegarlo nel ruolo di regista o di osservatore, poiché ritengo che questo sia più funzionale all'identificazione e al confronto con le altre parti. Coinvolgere il gruppo inoltre permette, come accennavo, di attivare e canalizzare l'energia dei componenti verso un unico scopo, con il vantaggio quindi di rendere operante una sorta di rete protettiva nei confronti del sognatore e del suo disagio.

È vero che in questo modo si attivano più dinamiche cui fare attenzione, sia personali che di gruppo, ma è anche vero che il lavoro permette un'integrazione maggiore, limitando l'azione di vissuti non espressi che potrebbero rivolgersi contro il lavoro terapeutico o il sognatore stesso. Infine permette ai partecipanti di lavorare anche sui loro stessi vissuti, così come percepiti dall'esterno (le ragioni di una scelta) ma anche dall'interno.

La relazione terapeutica nel lavoro con il sogno

Già Erich Fromm, Psicoanalista e Sociologo tedesco, considerava i sogni fatti prima o dopo la seduta terapeutica come un messaggio che il paziente invia al suo Terapeuta:
il paziente dice ciò che non è in grado dire direttamente, ma che interferisce nel contatto con il Terapeuta. È necessario dunque aiutare il paziente a collegare ciò che ha sognato con la relazione terapeutica.

Anche E. Polster fonda il suo agire terapeutico sul qui ed ora della relazione.
Egli infatti amplifica la dimensione del contatto con il paziente riportando qualunque evento si presenti entro il setting al rapporto esistente tra le due persone presenti, ognuna con le sue caratteristiche: il Paziente e il Terapeuta.

Per Rossi, nel lavoro sul sogno, è importante considerare che già il racconto si situa all'interno della relazione: è un'opera a quattro mani in quanto il Terapeuta entra nel racconto e vi partecipa con il suo ascolto:

«Al tempo stesso la particolare relazione fra le due persone influenza il modo in cui il racconto si configura (con determinate enfasi, omissioni e censure), dando la possibilità al terapeuta di evidenziare alcuni primi elementi di sfondo. [...]
Nella scelta del tipo di intervento da portare avanti è importante considerare gli eventuali aspetti di richiesta e il messaggio che la narrazione del sogno ha nei confronti del terapeuta in quella fase del rapporto».
(Rossi O., "Teatro del sogno come flusso della condotta", 1997)

In questo senso quindi il lavoro sul sogno racconta molto sia del sognatore che del Terapeuta che guida il lavoro analitico: entrambe le personalità emergono in figura all'interno di una gestalt che diventa comune poiché comune è lo sfondo terapeutico.

Questo è tanto più vero quanto è evidente che lo stesso sogno, se analizzato in momenti diversi con Terapeuti diversi, può portare alla consapevolezza aspetti differenti del sognatore, evidenziare e riempire "buchi di personalità" non portati alla luce nella relazione con altre persone.

Il lavoro sul sogno è quindi un vero e proprio processo in cui ogni parte coinvolta, dai contenuti agli attori, al Terapeuta, svolge una funzione irrinunciabile, e il cui esito è inesorabilmente condizionato dal lavoro congiunto di tutti questi elementi e perciò indeterminabile a priori.

In altre parole non si può conoscere il significato di un sogno attraverso la mera lettura del testo onirico, non è possibile costruire un manuale in cui ogni contenuto rimandi unilateralmente a un significato, ma il lavoro interpretativo costituisce la parte finale del ciclo di contatto instaurato tra il sognatore e il suo sogno.

Conclusioni

All'interno della dinamica figura-sfondo, denominatore comune di tutte le anime gestaltiche, trovano spazio tutte le manifestazioni umane, ivi compreso il sogno come espressione della realtà esistenziale di una persona in un dato momento: tutta l'esistenza in poche immagini.

Questa straordinaria sintesi ha il vantaggio di consentire una visione d'insieme che tiene conto di tutti gli elementi della vita di una persona e dei rapporti che intercorrono tra di loro. Una lettura attenta del sogno consente quindi l'estrapolazione di un testo, anche questo estremamente sintetico, rispetto allo stato attuale di vita di una persona e alle sue prospettive di sviluppo personale: un "messaggio esistenziale" appunto.

Nella mia esperienza ho trovato estremamente utile ed efficace il lavoro sui sogni, sia in un contesto di lavoro individuale ma soprattutto nei contesti gruppali, in cui è possibile mettere effettivamente in scena le immagini oniriche e sfruttare altresì il sistema di proiezioni incrociate tra i membri del gruppo.
È infatti un tipo di lavoro che consente una maggiore incisività nel lavoro nonché un minore dispendio di tempo nel processo: in altri termini i risultati sono migliori e più veloci.

Infine, devo confessare che trovo molto gratificante e soddisfacente questo tipo di lavoro, che permette di lavorare sui processi e sui contenuti psichici a un livello che consente di evitare i limiti della concreta realtà: tutto si può immaginare e tutto si può realizzare laddove non esistono limiti fisici.

Inoltre trovo entusiasmante cominciare un lavoro senza sapere a priori dove mi porterà: magari nel passato di una persona, magari nelle sue aspettative per il futuro, magari ancora là dove si risanano i rapporti e i dolori o dove si accettano nuove sfide per il futuro.

Non credete anche voi che questo sia un privilegio impagabile per chi fa il nostro lavoro?

Note
  1. Vedi articoli di Valentina Sbrescia riportati in altre letture su HT: "La Psicoanalisi e la "riscoperta" del sogno" e "La Psicologia analitica e le nuove prospettive sul sogno. Il punto di vista di Freud, Jung e Perls a confronto".
Bibliografia
  • Carta G., Donadio S., Il sogno, in "La gestalt analitica", Pozzi, Roma, 1987
  • Polster E.M., Polster M., "Terapia della Gestalt integrata. Profili di teoria e pratica", Translated by Spagnuolo Lobb M., Giuffrè, Milano, 1986
  • Perls F., Baumgardner P., "L'eredità di Perls. Doni dal lago Cowichan", Astrolabio, Roma, 1983
  • Perls F., Goodman P., Hefferline R., "Teoria e pratica della terapia della Gestalt. Vitalità e accrescimento nella personalità", Astrolabio, Roma, 1971
  • Perls F., "La terapia gestaltica parola per parola", Astrolabio, Roma, 1980
  • Rossi O., Teatro del sogno come flusso della condotta, in "Formazione in Psicologia, Psichiatria, Psicoterapia", n. 31, maggio - agosto 1997, pagg. 6-13, Ed. Grin, Roma
  • Simkin J.S., Il lavoro sul sogno, in "Brevi lezioni di Gestalt", Borla, Roma, 1978
  • Zinker J., "Processi creativi in psicoterapia della gestalt", Franco Angeli, Milano, 2002
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