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Il sogno e i sogni dal punto di vista scientificoL'articolo "Il sogno e i sogni dal punto di vista scientifico" parla di:
Articolo: 'Il sogno e i sogni dal punto di vista scientifico'A cura di: Valentina Sbrescia
IntroduzioneIn questo articolo, mi piacerebbe trattare il fenomeno dei sogni dal punto di vista dell'approccio scientifico. Ma se provassimo a cambiare il punto di osservazione? In effetti da molti anni ormai la comunità scientifica è impegnata nel cercare una spiegazione "naturale", ossia rispondente
alle leggi di natura, a questo paradosso. Anche la scienza si interroga sull'utilità dei sogni, ma in maniera diversa rispetto all'approccio mistico trascendentale: non si parla più del sogno come una via di accesso alla verità ma come funzione all'interno di quel meccanismo - per definizione tendente all'equilibrio - che normalmente chiamiamo "vita". Origini del sogno: tra biologia e onto-filogenesiAll'interno dell'approccio scientifico possiamo identificare due grandi filoni di indagine ognuno dei quali tende a trovare risposte a quesiti diversi. Il primo, di matrice biologica, cerca di rispondere alle domande:
Il secondo di stampo ontogenetico e filogenetico cerca risposte a domande del tipo:
Il sogno come fenomeno biologicoNonostante un uomo - nel corso della sua esistenza - sogni in media per circa sei anni, e si possa quindi parlare di un'esperienza comune a tutti, non si trova in letteratura una definizione univoca del fenomeno del sogno, né una precisa collocazione nel cervello delle strutture deputate a tale funzione. Ciò che è invece condiviso è che durante la fase del sonno REM [Ndr. "Rapid Eye Movement", trad. it. "Rapido movimento degli occhi", detta anche "sonno paradossale"], si assiste a un brusco cambiamento nel tracciato elettroencefalografico, per cui si rileva un'attività cerebrale paragonabile a quella di veglia. I sogni che si ricordano al risveglio, tuttavia, non sono quelli esperiti durante la fase REM e sono al confronto meno significativi. Fasi del sonnoConvenzionalmente il sonno si suddivide in 4 fasi. In questo momento il soggetto è in una fase di rilassamento psico-sensoriale detta anche veglia rilassata. Successivamente le onde alfa lasciano il posto alle onde theta - rapide e di bassa ampiezza, da 4 a 7 Hz - entrando così nella FASE 1 del sonno a onde lente, detto anche Non REM (NREM).
Lo stadio 1 a cui si ritorna è però differente da quello iniziale in quanto è accompagnato dalla perdita del tono muscolare e dalla fase REM - stadio 1 emergente o REM. Il sonno REMNel 1953 Nathaniel Kleitman (Fisiologo e Psicologo) e Eugene Aserinsky (allora neolaureato in Medicina e assistente di Nathaniel Kleitman alla University of Chicago) scoprono la fase REM (Rapid Eye Movements). Kleitman e Aserinsky, con l'ausilio di registrazioni poligrafiche, si resero conto che durante il sonno a occhi chiusi era
possibile registrare veloci movimenti oculari nei pazienti partecipanti all'esperimento. In una sessione di sonno Kleitman e Aserinsky svegliarono un paziente che stava piangendo durante la fase REM. Trovarono quindi conferma all'ipotesi per cui l'esperienza del sogno si verifica durante questa fase. Diversi sono i fenomeni di tipo tonico e fasico che si accompagnano a questa fase del sonno. Si osservano fenomeni quali:
I movimenti oculari si presentano in sequenze di 3/10 movimenti ravvicinati che si ripetono più volte con intervalli fra i 5 e i 10 secondi. Il sonno paradossoLa presenza simultanea di un'attività celebrale simile alla veglia e di atonia muscolare ha indotto Michel Jouvet (Onirologo) a parlare, in relazione alla fase REM, di "sonno paradosso". La caratteristica distintiva dello stadio REM è la riduzione della capacità di regolazione omeostatica per cui - accanto a una intensa attività cerebrale - si osserva la diminuzione del tono muscolare e la perdita del controllo volontario della muscolatura. In altre parole l'individuo perde la capacità di agire intenzionalmente. Ogni ciclo presenta una fase iniziale di sonno lento cui segue una fase di sonno REM. Le ipotesi esplicativeNel 1976 J. Allan Hobson (Neuropsichiatra) e Robert McCarley (Psichiatra) proposero una teoria innovativa che trasformò radicalmente il sistema di ricerca. La teoria di attivazione di sintesi sostiene che le esperienze percettive costituiscano un tentativo di interpretazione dei segnali inviati dai ponti neuronali. Gli Autori ipotizzano che, durante la fase REM, le onde della sinapsi ascendente PGO (ponto-genicolo-occipitale) stimolino la parte alta del mesencefalo e il proencefalo, producendo i rapidi movimenti degli occhi e dando "una forma" agli stimoli ricevuti. Gli Autori presumevano inoltre che le stesse strutture veicolassero anche le informazioni sensoriali della fase REM. Le ricerche di Hobson e McCarley suggeriscono dunque che i segnali interpretati come sogni abbiano origine nel tronco del cervello durante la fase REM. Qualche tempo dopo Mark Solms (Psicoanalista e Neuropsicologo) condusse una ricerca in base alla quale suggerì invece che i sogni fossero generati nel romboencefalo e che la fase REM e i sogni non fossero direttamente correlati. Lavorando nei reparti di Neurochirurgia degli ospedali di Johannesburg e Londra, Solms osservò da vicino pazienti con lesioni cerebrali. Cominciò quindi a raccogliere informazioni dai suoi pazienti circa i loro sogni scoprendo poi che coloro che avevano una lesione al lobo parietale non sognavano più. Nonostante questa scoperta fosse coerente con la teoria del 1976 di Hobson, Solms non riscontrò casi di perdita della capacità di sognare nei pazienti che avevano danni al tronco cerebrale. Propose quindi l'idea del sogno come una funzione di molteplici e complesse strutture cerebrali. I sogni e l'equilibrio della menteFondendo le ricerche di Hobson e Solms, Jie Zhang (Psicologa) elaborò la teoria del continual-activation, proponendo l'idea per cui il sogno è contemporaneamente il risultato di un'attivazione cerebrale e di un lavoro di sintesi. Questa ipotesi si fonda sull'osservazione del fatto che il sogno e la fase REM del sonno sono controllati da meccanismi cerebrali differenti, che possono quindi agire nello stesso momento. La Zhang ipotizzò che il dormire avesse la funzione di trasferire delle informazioni dalla memoria a breve termine a quella a lungo termine. Secondo questa teoria infatti il sonno-Non-REM tratta la memoria esplicita o memoria dichiarativa (consapevole). La Psicologa ipotizzò che, durante la fase REM, la parte inconscia del cervello sia occupata nel processare la memoria procedurale; nel frattempo il livello di attività nella parte consapevole del cervello scende a un livello molto basso, come quello sensorio, e risulta fondamentalmente disconnesso. Questo provoca il meccanismo di "continua-attivazione" che genera un fiume di dati dal magazzino della memoria alla parte consapevole del cervello. La Zhang propose inoltre che, con il coinvolgimento del sistema cognitivo, il cervello del sognatore mantiene la stessa memoria finché non si verifica la successiva inserzione di memoria. Questo spiegherebbe perché i sogni hanno le caratteristiche sia della continuità, all'interno di un sogno, sia dei cambi improvvisi, tra due sogni. Ontogenesi e Filogenesi: il sonno e il sogno tra le specieGli studi che hanno utilizzato lo strumento del poligrafo hanno permesso di rintracciare i segni del sonno paradosso non solo nei neonati ma anche in altre specie animali, ricercando dunque un'origine sia ontogenetica2 che filogenetica3 del sonno e dell'attività onirica, come prova della funzione evolutiva di un'esperienza tanto diffusa. Uno stato simile al sonno paradosso è evidente infatti anche negli animali: ne è prova per esempio il comportamento allucinatorio del gatto in cui, durante il sonno paradosso, è soppressa l'atonia muscolare. L'ontogenesi negli animaliNei gattini appena nati si notano due stati di coscienza:
Ci sono pochissime fasi di sonno calmo, che comincia invece a presentarsi progressivamente, nei primi mesi dopo la nascita, tra la veglia e il sonno paradosso. Ulteriori studi hanno rilevato che la prevalenza del sonno paradosso è legata alla immaturità del sistema nervoso centrale. In base a questi studi, Jouvet sostiene che la quantità di sonno paradosso sia direttamente proporzionale al livello di sviluppo cerebrale e che tale fenomeno abbia un ruolo fondamentale nei processi di maturazione del sistema nervoso centrale. L'ontogenesi negli esseri umaniNei bambini prematuri di sei mesi è difficile riconoscere poligraficamente i due stati di sonno. Nei prematuri di sette/otto mesi, che sono più vitali, si riconoscono invece facilmente i periodi di sonno paradosso. Nei nati a termine infine si possono addirittura notare alcune smorfie simili a un abbozzo di sorriso, una scomparsa totale del tono dei muscoli del mento, irregolarità cardio-respiratorie e anche l'erezione. Jouvet riferisce inoltre come la percentuale di sonno paradosso dopo la nascita sia molto elevata - circa il 60% del sonno totale - cominciando poi a decrescere velocemente per raggiungere, verso il terzo anno, valori paragonabili a quelli dell'adulto. In seguito questi valori restano relativamente stabili fino alla vecchiaia (80 anni), in cui la percentuale di attività onirica si
riduce fino al 12/15% della durata totale del sonno. Il sonno lento invece si presenta solo una volta completate le strutture fisiche. La filogenesiPoiché comunemente l'ontogenesi viene considerata come una rapida ricapitolazione della filogenesi, ci si potrebbe aspettare - risalendo la scala evolutiva - di veder aumentare la quantità di sonno paradosso e diminuire quella di sonno calmo. In effetti - riporta Jouvet - i risultati sono totalmente differenti:
Per quanto riguarda i mammiferi studiati, è stato riscontrato il sonno paradosso anche se con alcune differenze per specie, in base alle quali è possibile suddividere i mammiferi in due grandi categorie: i predatori e le prede.
Secondo Jouvet dunque i dati permettono di supporre che la maturazione di alcuni sistemi cerebrali abbia necessità di una loro attivazione endogena durante il sonno paradosso. «L'organizzazione di questi sistemi non sarebbe soltanto anatomica ma anche funzionale e le basi di questa organizzazione, programmate dal genoma, non si porrebbero esclusivamente a livello delle induzioni sequenziali ma esisterebbe inoltre una codificazione funzionale genotipica (la cui traduzione elettrica potrebbe assumere l'aspetto dei fenomeni Ponto Genicolo Occipitali - PGO). In altre parole Jouvet ritiene che la funzione del sonno paradosso sia quella programmata dalla natura non tanto per "imparare" ma per "imparare ad apprendere", dandoci così la possibilità, durante il sonno, di ordinare e rielaborare in una quantità di modi possibili, le esperienze e le informazioni ricevute durante lo stato di veglia. L'esperienza dei sogniU. J. Jovanović (Psicologo) nel 1975 analizza in modo scientifico l'esperienza soggettiva del sogno all'interno del sonno.
I sogni invece compaiono al culmine della curva del sonno e rappresentano forme oniriche più "primitive". Vengono completamente dimenticati prima del risveglio e i loro contenuti sono tanto più "primitivi" quanto più profondo e il sonno. L'ipotesi è dunque che ciò che si ricorda al risveglio non sia il sogno vero e proprio, ma quell'esperienza allucinatoria che ancora conserva un qualche tipo di legame con la coscienza, e che si verifica in una fase transitoria del sonno, quasi fosse un ponte tra la coscienza piena e la piena incoscienza. Anche le ricerche da lui condotte sembrarono confermare queste ipotesi. I sonnambuli per esempio non si alzano durante le fasi oniriche ma un paio di minuti prima o dopo. Il giorno seguente non ricordano più nulla. Jovanović avanza liipotesi che il sonnambulismo sia una forma onirica più primitiva, più motoria e meno psichica, «[...] nel cui segreto anche chi sogna non penetra». Un'altra prova, addotta all'ipotesi di forme oniriche primitive, è il fenomeno del gridare nel sonno. Questo fenomeno si verifica
prevalentemente al di fuori delle fasi oniriche classiche, e cioè un paio di minuti prima della fase onirica stessa. Durante il tempo del sonno si osserva come le fasi prive di sogno diventino sempre più brevi con il passare delle ore, mentre le fasi
oniriche diventano più lunghe. Nel totale le fasi oniriche durano in media in una notte 112,2 minuti con una dispersione da 90 a 100 minuti (Jovanović). Inoltre i rapidi movimenti oculari si dimostrano diversi da persona a persona e, per la stessa persona, all'interno dell'intero episodio di sonno. Infine l'autore rileva come le onde cerebrali durante la fase REM indichino che il sogno è governato da parti del cervello più altamente organizzate rispetto a quelle che regolano il sonno NREM, ma da regioni cerebrali funzionalmente più basse rispetto alla veglia. «Concludendo crediamo di poter ritenere per vero quanto segue: i movimenti oculari rapidi sono dati ad ogni individuo alla nascita come una funzione vitale. Questa funzione può modificarsi anche senza un motivo esterno come accade p. es. all'attività cardiaca ed a quella respiratoria. Nella formazione di un contenuto onirico si può arrivare, in un sogno intenso, ad una sincronizzazione di questi processi biologici con le scene del sogno. Se il sogno non è intenso, o non ha per il sognatore un grosso significato soggettivo, questi fa roteare i suoi occhi secondo un ritmo biologico che dipende poco dal contenuto del sogno». ConclusioniI risultati scientifici qui esposti non sono in grado di fornire una spiegazione esaustiva del fenomeno oggetto della nostra riflessione, ma sicuramente si può considerare che tutti gli studi citati tendono a individuare una funzione evolutiva del sogno. Da una parte infatti sembra che permetta l'attivazione di una capacità chiave per la sopravvivenza, quella di imparare a imparare - cosa che tutt'oggi noi cerchiamo di inculcare nei nostri figli e nei nostri pazienti, se non anche in noi stessi - a fronte di un mondo in continuo cambiamento, che ci pone costantemente la sfida dell'aggiornamento e dell'adattamento di teorie e strategie. Dall'altra consente una rielaborazione continua dei contenuti, sia consci che inconsci, favorendo un equilibrio emotivo e di vita
che riteniamo fondamentale raggiungere. Mi riferisco per esempio alla tecnica EMDR, ("Eye Movement Desensitization and Reprocessing" trad. it. "Desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari"), tanto efficace nella rielaborazione dei traumi che utilizza set di stimolazione molto simili ai set di movimenti oculari che si presentano durante la fase REM. Note
Bibliografia
Sitografia
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Commenti: 21 Luigi Frescura alle ore 22:12 del 01/08/2016 Nel fenomeno sogno appaiono visioni che, se considerate nel loro insieme come una unica sequenza di emozioni (elaborate dal vissuto), a valenza alternata: positivo/negativo (da me indicate “fasi del sogno”, potrebbero darci una spiegazione della funzione onirica più esaustiva di quelle finora forniteci dalla ricerca scientifica. Rimando, per completezza, al mio Fenomenologia del sogno, Frescura 2 Simone alle ore 12:21 del 18/02/2017 Questo articolo mi è piaciuto davvero molto..io oer scuola dovrei fare un articolo di giornale e come argomento ho scelto :"la teoria dei sogni tra psicologia e scienza" e volevo chiedere se potevo prendere spunto da questo sito, ovviamente citando la fonte. Cosa ne pensi? Lascia un commento
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