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Indignazione morale e social media: analizzato il legame USA. Uno studio ha dimostrato come i social possano favorire l'aumento dell'indignazione morale soprattutto nelle persone più moderate
L'articolo " Indignazione morale e social media: analizzato il legame" parla di:
- Pro e contro dell'indignazione morale
- Apprendimento per rinforzo e apprendimento delle norme
- Ricerca su Twitter e i risultati
A cura di: Redazione - Pubblicato il 06 Settembre 2021 Indignazione morale e social media: analizzato il legame USA. Uno studio ha dimostrato come i social possano favorire l'aumento dell'indignazione morale soprattutto nelle persone più moderate
New Haven, Connecticut. Le piattaforme di social media come Twitter sono in grado di far crescere l'indignazione morale degli
utenti che le utilizzano, grazie a meccanismi di ricompensa come i feedback ricevuti (numero di "mi piace" e condivisioni). Ad esserne
influenzati sarebbero soprattutto gli utenti più moderati.
È quanto emerge da uno studio pubblicato il 13 Agosto sulla rivista Science Advances, guidato da William J. Brady -
borsista post-dottorato presso il Dipartimento di psicologia della Yale University e primo autore del lavoro - e da un team di studiosi
dell'Università di Yale.
Premesse. L'indignazione morale - affermano gli autori - è una forte emozione che provoca importanti conseguenze per la
società. Per esempio, può promuovere la cooperazione sociale, stimolare l'azione collettiva per il cambiamento sociale e
motivare la punizione per le trasgressioni morali. Contemporaneamente ha anche aspetti meno positivi: attualmente, infatti, la si reputa
in grado di amplificare fenomeni come la polarizzazione politica, la diffusione della disinformazione, il raffreddamento del discorso
pubblico, l'erosione della democrazia.
Secondo alcuni studiosi, attraverso i social media si aggraverebbero tali problematiche e questo fenomeno verrebbe amplificato. Tuttavia,
le prove a sostegno di queste opinioni sono state fino ad ora scarse.
La ricerca ha dimostrato come le persone provino indignazione quando sentono che una norma morale è stata violata ed esprimano
questa emozione quando credono che ci saranno violazioni future o, più in generale, per questioni di giustizia sociale.
Nello stesso momento, però, può anche dipendere da cause non necessariamente collegate alle proprie convinzioni morali
individuali, soprattutto quando ci si trova nel contesto dei social media. In questo caso, infatti, secondo i ricercatori di Yale
l'indignazione può essere una conseguenza di due diverse forme di apprendimento:
- apprendimento per rinforzo, per via del quale l'indignazione viene stimolata da feedback positivi o negativi. Le persone,
quindi, adattano il proprio comportamento in base al tipo di feedback ricevuto;
- apprendimento delle norme, per via del quale le persone possono adattare il proprio comportamento a ciò che, osservando
i propri coetanei, ritengono essere il comportamento più comune o "normativo" della propria rete sociale.
Tramite i social media verrebbero influenzate entrambe le forme di apprendimento: da un lato, infatti, i social media permettono ai
propri utenti di ricevere un feedback sociale che è possibile anche quantificare (ricevere un certo numero di "mi piace" e di
condivisioni può esser visto come un feedback positivo); dall'altro offrono loro la possibilità di organizzarsi in reti
sociali che condividono caratteristiche comuni.
Secondo il team di Yale, l'indignazione morale potrebbe allora esser frutto di un processo di interazione tra queste due forme di
apprendimento.
La ricerca. Per testare le proprie ipotesi, il Dott. Brady e gli altri ricercatori si sono concentrati su due studi osservazionali
preregistrati sugli utenti di Twitter e due esperimenti comportamentali preregistrati in un ambiente Twitter simulato.
La scelta di questo social media come piattaforma di studio è stata motivata dal fatto che qui si sono verificate nel corso del
tempo diverse e rapide ondate di indignazione online e molti personaggi pubblici se ne servono quotidianamente per comunicare con i propri
follower, scatenando spesso anche reazioni di indignazione sia online che offline.
I ricercatori hanno in primo luogo guardato le reazioni degli utenti di Twitter ad eventi politici verificatisi dal 2017 al 2019,
come per esempio il caso del giudice Kavanaugh1 o quello dei divieti di prestare servizio nell'esercito imposti da Trump alle
persone transgender. Un gruppo di annotatori umani ha esaminato 26.000 tweet e hanno distinto i post in base al loro esprimere o meno
indignazione. In questo modo, hanno rilevato che una persona la esprime se:
- prova sentimenti in risposta ad una violazione percepita della propria morale personale;
- i suoi sentimenti sono composti da emozioni come la rabbia, il disgusto, il disprezzo;
- i sentimenti sono associati a reazioni specifiche, come per esempio incolpare persone/eventi/cose, ritenerle responsabili di qualcosa
o volerle punire.
A questo punto gli studiosi hanno sviluppato DOC - Digital Outrage Classifier - un software di apprendimento automatico in grado
di determinare l'indignazione morale nei post pubblicati dagli utenti. Il software è stato istruito ad individuare le caratteristiche
linguistiche associate a tweet etichettati come contenenti indignazione (per es. il tipo di parole utilizzate, la loro disposizione, la
punteggiatura, ecc.).
Analizzando le storie dei tweet di 7331 utenti (circa 12,7 milioni di tweet in totale), DOC ha verificato se queste persone avessero
espresso maggiore indignazione col passare del tempo e le motivazioni alla base di questo eventuale aumento.
Risultati. Dall'analisi delle informazioni raccolte è emerso come la struttura delle piattaforme di social media sono in
grado di influenzare i meccanismi dell'apprendimento umano e, di conseguenza, anche di amplificare l'indignazione morale collettiva.
L'algoritmo dei social, infatti, dà una visibilità più accentuata soprattutto ai post indignati, che vengono
"premiati" con un maggior numero di "mi piace" e di condivisioni, dunque di feedback sociali positivi. Gli utenti, quindi, vengono in un
certo senso "addestrati" ad essere indignati ed arrabbiati grazie ai meccanismi dell'apprendimento per rinforzo.
Inoltre, dal momento che gli utenti possono anche auto-organizzarsi in reti sociali che condividono un certo tipo di elementi in comune,
le norme comportamentali di queste reti e il loro rispetto potrebbero sostituire l'apprendimeno per rinforzo. Dallo studio, infatti,
è emerso come nelle reti ideologicamente più estreme le singole persone sono meno sensibili ai feedback sociali che ricevono.
In questo caso, dunque, l'apprendimento delle norme avrebbe la meglio su quello per rinforzo.
Ulteriore dato importante emerso dallo studio riguarda il tipo di utenti influenzati da questi meccanismi. La ricerca, infatti, ha messo
in luce come, nonostante siano le persone appartenenti ai gruppi politicamente più estremi ad esprimere più indignazione, il
meccanismo dei feedback sociali avrebbe, invece, una presa maggiore soprattutto sugli utenti moderati. Da qui l'ipotesi che i gruppi
moderati possano radicalizzarsi politicamente col tempo.
Note
- Brett Michael Kavanaugh, uno dei giudici della Corte Suprema degli Stati Uniti, che fu confermato in tale ruolo nel 2018 nonostante
fosse stato accusato di aver aggredito sessualmente la dottoressa Christine Blasey Ford.
Fonte
- William J. Brady Killian McLoughlin Tuan N. Doan and Molly J. Crockett, "How social learning amplifies moral outrage
expression in online social networks", pubblicato su Science Advances, 13 Agosto 2021
www.science.org/doi/10.1126/sciadv.abe5641
Altre letture su HT
- Redazione, "Adolescenti e social
media: indagati gli effetti sul benessere", articolo pubblicato su HumanTrainer.com, Psico-Pratika nr. 157, 2019
- Redazione, "Isolamento sociale e
utilizzo dei Social Media: indagine sul legame", articolo pubblicato su HumanTrainer.com, Psico-Pratika nr. 135, 2017
- Redazione, "Adolescenti
e social: analizzati i circuiti neuronali attivati dai like", articolo pubblicato su HumanTrainer.com, Psico-Pratika nr. 128, 2016
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