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I "trucchi" della mente: L'Altruismo psicodinamico tra filantropia e narcisismo

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I "trucchi" della mente: L'Altruismo psicodinamico tra filantropia e narcisismo

L'articolo "I "trucchi" della mente: L'Altruismo psicodinamico tra filantropia e narcisismo" parla di:

  • Rinuncia alle pulsioni e altruismo come difesa
  • Identificazione e gratificazione attraverso l'altro
  • Confine tra comportamento altruistico e narcisismo
Psico-Pratika:
Numero 218 Anno 2025

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Articolo: 'I "trucchi" della mente: L'Altruismo psicodinamico tra filantropia e narcisismo'

A cura di: Rebecca Farsi
    INDICE: I "trucchi" della mente: L'Altruismo psicodinamico tra filantropia e narcisismo
  • Introduzione
  • Non è tutto oro... il parere della psicodinamica
  • L'altruismo difensivo spiegato da Anna Freud
  • Il ruolo ambiguo dell'altruismo... il fuoco sotto la cenere
  • Altruismo o narcisismo? Questo il dilemma
  • In conclusione...
  • Bibliografia
  • Altre letture su HT
Introduzione

Nell'accezione più diffusa del termine, essere altruisti significa mostrare aspetti di longanimità, generosità e abnegazione, finalizzati a perseguire il benessere altrui a discapito del proprio.

In effetti una condotta altruistica non mira a un tornaconto personale, avendo come unico scopo quello di perseguire la cura e la tutela dell'altro, in una prospettiva disinteressata che ne enfatizza la valenza prosociale.
Per questo l'altruismo è inscindibilmente connesso a tutti quei valori necessari alla costruzione di una società "civile", fondata su adattamento e rispetto reciproco.

Non è tutto oro... il parere della psicodinamica
I trucchi della mente: L'Altruismo psicodinamico tra filantropia e narcisismo

La psicodinamica ha tuttavia contribuito ad incrinare una visione esclusivamente positiva dell'altruismo, prospettando come, in un contesto ispirato dal determinismo freudiano - nel quale ogni azione costituisce l'esito inconscio di un'esperienza psichica precedente - la sua funzione potrebbe essere in realtà volta alla gestione di un conflitto pulsionale, generato dalla volontà di gratificare e al contempo di censurare una pulsione affascinante quanto proibita.
O per lo meno non del tutto permessa. E per questo ambigua.

La natura difensiva dell'altruismo "abdicante"
Per la psicodinamica l'altruista è qualcuno che, non riuscendo a gratificare direttamente le proprie pulsioni, vi rinuncia in via preventiva: il tutto mentre quelle stesse pulsioni negate al Sé vengono tutelate nell'altro attraverso il meccanismo difensivo del "capovolgimento".
Dunque l'altruista gratifica i propri bisogni tramite la soddisfazione di un altro con il quale si identifica (McWilliams, 1994).

Perché lo fa?
L'altruista non è ispirato da intenti autodistruttivi o masochistici, né ignora le proprie pulsioni in una finalità mortificante: semplicemente le gratifica attraverso il raggiungimento del benessere altrui.
Egli vuole beneficiare l'altro a scapito del Sé, e nel farlo non prova alcun dolore.
Tutt'altro, è il solo modo in cui riesce a soddisfare una pulsione che, se trattenuta nel Sé, non risulterebbe gratificabile: non ritenendosi all'altezza di quelle stesse pulsioni che censura e trasferisce nell'altro, egli cerca appagamento narcisistico in qualcuno che, con il suo successo, gratifichi anche lui.
L'intento di appagamento pulsionale è dunque preservato, ma può compiersi soltanto se consegnato ad un altro ritenuto "migliore".

In questo gioco inconscio che tanto richiama la rimozione, l'altruista allontana dalla coscienza una pulsione di cui non si sente degno, dimenticando persino di averla provata.
Ma allo stesso tempo la consegna all'altro, in un'abdicazione preventiva che porta in sé aspetti conservativi della pulsione stessa (Freud, 1936).

L'altruista non vuole la morte della pulsione.
La consegna all'altro perché sopravviva, e nell'altro possa ricevere un appagamento egualmente gratificante.

L'altruismo difensivo spiegato da Anna Freud

Nel suo testo L'Io e i meccanismi di difesa, Anna Freud (1936) illustra l'eziogenesi dell'altruismo difensivo attraverso un suggestivo esempio letterario tratto dall'opera di Edmond Rostand, Il Cyrano, eroe francese del XVII secolo, tanto leale e valoroso in battaglia quanto goffo e sgradevole nell'aspetto.

Consapevole della propria sgradevolezza estetica, Cyrano ritenne impossibile conquistare il cuore della donna di cui si innamorò perdutamente, e, senza esitazione, accantonò l'idea di vedersi da lei ricambiato.
Al contempo, prese a favorire il corteggiamento dell'amata da parte di Cristiano, anche lui valoroso cavaliere, suo grande amico ma soprattutto dotato di un aspetto ben più attraente del suo, e per questo più degno di una donna tanto incantevole.

Cyrano dette attuazione al suo intento mettendo al servizio di Cristiano le proprie doti poetiche e letterarie; dalla sua penna clandestina presero così vita meravigliose lettere d'amore di cui attribuì volontariamente la paternità all'amico, scegliendo di rimanere nell'ombra.
Il piano sortì l'effetto sperato.
Affascinata da una penna tanto intensa, la bella Rossana si innamorò perdutamente di Cristiano, e nel farlo coronò il sogno d'amore di tutti e tre.

Cyrano offre il classico esempio di un altruismo abdicante, ottenuto attraverso la collocazione della propria pulsione nell'altro e l'identificazione col Sé di quest'ultimo.
Egli sa di non avere alcuna speranza di conquistare il cuore di Rossana.
Troppa la sua bruttezza perché questa aspirazione possa concretamente realizzarsi.
Ma l'amore per quella pulsione è tale da consentirgli di rinunciarvi, pur di vederla appagata da qualcuno più degno di realizzarla.

Lo scarso amore per il Sé è compensato da un amore sconfinato per la pulsione, protetta a scapito di un Sé non alla sua altezza: e forse sta qui il vero altruismo.
Rinunciare a qualcosa che si ama pur di vederlo sopravvivere, e gioire della sua gioia.

Tutto ciò con la complicità di una severa istanza superegoica che impone la rinuncia pulsionale come contropartita per la sopravvivenza di una pulsione consentita nell'altro ma assolutamente bandita nel Sé:

"Il Super Io, pronto a condannare un particolare impulso che fosse legato al suo stesso Io, diventava di una tolleranza sorprendente quando questo veniva trasferito nell'altro, mediante i meccanismi della proiezione e dell'identificazione..." (Freud, 1936, p. 131).

Si veda il caso di "una paziente che soffriva di inibizioni ossessive nello spendere il denaro per se stessa, non aveva un attimo di esitazione quando si trattava di spendere generosamente per fare dei regali" (Freud, 1936, p. 133).
Anche qui la gratificazione non viene raggiunta attraverso un cambiamento della pulsione, bensì tramite la proiezione e il trasferimento della stessa.

E ancora... "una giovane governante che non poteva avere figli, spostava il proprio desiderio di maternità prendendosi eccessivamente cura delle amiche durante la gravidanza e dopo il parto".
In questo caso l'abdicazione altruistica risulta un mezzo indispensabile al superamento della ferita narcisistica conseguente il fallimento del progetto generativo (Freud, 1936; Lingiardi e Madeddu, 2002).

Egualmente, McWilliams (1994) riporta l'esperienza terapeutica con un paziente che, avendo sofferto situazioni di abbandono plurimo dopo la precoce morte della madre, ritenendosi indegno di affetto non riusciva a mantenere relazioni affettive stabili.
Ma quello stesso amore di cui non riteneva degno il Sé veniva riversato con solerzia nella propria professione che, guarda caso, consisteva nell'organizzare adozioni per bambini di orfani, abbandonati o di difficile collocamento (ecco il capovolgimento: mi prendo cura perché vorrei essere curato): "Non posso descrivere la soddisfazione che provo quando affido un bambino alla madre adottiva, e so che per quel bambino sta cominciando una nuova vita" (MCWilliams, ibid., p. 172).
Quel bimbo abbandonato che ancora custodiva silenziosamente nel Sé veniva accudito tramite gli orfani di cui impediva l'abbandono, e nel cui diritto di essere amati e di avere una famiglia si identificava inconsciamente.

Il ruolo ambiguo dell'altruismo... il fuoco sotto la cenere

La psicodinamica smaschera di nuovo l'altruista mostrando come, sotto una zelante abnegazione, possa nascondersi una sorta di "invidia rimossa", sperimentata proprio nei confronti di colui cui la pulsione è stata ceduta (Freud, 1936).
Ma non c'è nulla, in questa invidia, della pulsione distruttiva descritta dalla Klein (1957).
Nessuna volontà di prendere il posto del soggetto invidiato, né di impedirne il potenziale successo.
Solo il riconoscimento leale della sua incolmabile e giusta superiorità.

L'invidia dell'altruista - sempre ove meriti questa definizione - non è sadica né proditoria.
Al contrario, trasferisce nel benessere dell'altro il proprio appagamento dopo averne riconosciuto impossibile il raggiungimento personale (Klein, 1957).

Da qui l'espressione di un conflitto nevrotico che dà prova di:

  • Una struttura egoica solida e ben strutturata: "... il grado in cui l'impossibilità di gratificazione può venir rimpiazzata da gratificazioni sostitutive derivate da energie spostate, cedute, inibite nello scopo o neutralizzate, dipende in larga parte dalla struttura più o meno solida dell'Io, e dalla sua capacità di resistere alla frustrazione libidica in maniera più o meno adattiva, più o meno duratura e alloplastica" (Freud, 1936, p. 128).
    ... se si accettano queste condizioni di gratificazioni sublimanti, può diminuire il bisogno di adottare soluzioni patologiche... (ibidem, p. 128).
  • Un nucleo depressivo altrettanto rimarchevole, la cui presenza contribuisce ad amplificare l'idealizzazione dell'altro e la squalifica del Sé, da cui la convinzione di non meritare, anche ove possibile, nessun successo personale.

L'altruista è uno che vive dietro le quinte.
Ha paura di apparire, talvolta di esistere.
Si cela nell'ombra.
A causa di una debole autostima e di una scarsa fiducia nelle proprie possibilità è ostaggio di un'esistenza priva di ambizioni, condotta esclusivamente mediante la cura di un altro nel quale si rispecchia, in un processo di identificazione adesiva che tuttavia non pregiudica la consapevolezza dell'alterità: è solo la pulsione ad essere proiettata.

I confini del Sé non vengono mai messi in discussione.
Non si verifica nessuna fusione simbiotica tra il Sé e l'altro, ma una mera sostituzione identificativa che gli consente di appagarsi attraverso un altro, pur rimanendo all'interno del Sé.
... L'altruista non si fonde né si distacca da quelli che sceglie come sostituti del Sé: tutt'altro, si identifica in essi e nel loro appagamento, facendolo proprio (Freud, 1936).

La rinuncia preventiva è l'unico modo in cui la pulsione può sopravvivere. L'altruista ne è consapevole, e non esita ad accettare il compromesso pur di consentirlo.

Nella vita di ogni giorno si può osservare una grande quantità di questi casi, una volta che ci sia resi conto di questa combinazione tra aggressività e identificazione al servizio di un processo di difesa (Freud, 1936 p. 133).

Persino molti legami di coppia sono costruiti sulla base di un altruismo narcisistico in cui ad essere perseguiti sono i bisogni di un solo membro, protetto e gratificato dall'indefessa "oblazione" del compagno che in lui si identifica totalmente, garantendo il solido prolungarsi di un rapporto accudente in realtà necessario ad entrambi (Willi, 1987).

Altruismo o narcisismo? Questo il dilemma

Pur non distruggendone l'ispirazione filantropica, la psicodinamica contribuisce a connotare di sfumature narcisistiche un altruismo che solo in apparenza risponde a intenti unicamente pro sociali, ma che in fondo, lo abbiamo visto, presenta caratteristiche altamente conflittuali.

Anche da questo si origina l'incertezza circa una sua possibile definizione.

Se appare eccessivo parlare di altruismo narcisistico, in cui ad essere perseguito sarebbe unicamente l'interesse del Sé, anche la definizione di altruismo incidentale, in cui la gratificazione dell'altro appare puramente casuale, risulterebbe inopportuna: l'altruista vuole realmente adoperarsi per favorire il benessere altrui, e se con questo meccanismo accudente riesce a raggiungere un fine indirettamente personale, lo fa in una modalità del tutto inconscia (Freud A., 1936).

Dunque??

È forse, quella di cui stiamo parlando, una sorta di narcisismo complementare, in cui il benessere personale non può prescindere da quello dell'altro in cui si identifica e si completa.

Ma in questa condotta non troviamo nulla dell'opportunismo strumentalizzante tipico del narcisista, né un intento volto a distruggere una pulsione riconosciuta irraggiungibile: l'altruista non distrugge nulla.
Piuttosto nutre, crea, costruisce, in una prospettiva trasformante che gli consente di mantenere in vita ciò che nel Sé non otterrebbe gratificazione né riconoscimento.
E in ogni caso sarebbe destinata a fallire, come nel caso di Cyrano.

Ci riesce attraverso un'abdicazione inconscia dietro alla quale si nasconde forse una paura di emergere, di mostrare la propria reale dimensione identitaria, al di là di sovrastrutture egoiche tanto richiestive da non aver saputo consentire un autentico appagamento personale (Willi, 1986).
Da cui l'origine di un altruismo difensivo, forse più utile al Sé che all'altro, in cui il solo appagamento consentito è l'identificazione con "l'altro appagato".

In conclusione...

L'altruista psicodinamico non vuole soffrire, ma non è capace di una gratificazione personale.

Per farlo ha bisogno di riconoscersi CON E nel prossimo.

Per questo, alla fine, più che prendersi cura dell'altro, accudisce in lui la pulsione ceduta.
Quella pulsione che in origine apparteneva al Sé e a cui, considerandola al di sopra delle proprie risorse, ha deciso di rinunciare, aiutando gli altri a soddisfarla al suo posto.

Le ferite di un narcisismo insolitamente "relazionale", che investe nel prossimo per raggiungere obiettivi, per gratificarsi, e forse persino per sopravvivere, spinge a chiedersi se questo altruismo, alla fine, rappresenti un meccanismo di difesa, un sintomo nevrotico, un tratto del carattere o magari tutte queste cose assieme.

Ciò che è certo è che, favorendo nell'altro un successo impossibile nel Sè, l'altruista freudiano crea un moto pulsionale bonificato di ogni intento distruttivo, e dà vita a un strumento psichico di indubbio valore adattativo.

Bibliografia
  • Freud A. (1936), L'Io e i meccanismi di difesa, Giunti, Firenze, 2012
  • Freud S. (1925), Inibizione, sintomo, angoscia, OSF vol. 10, Bollati Boringhieri, 1978
  • Klein M. (1957), Invidia e gratitudine, Giunti, Firenze 2015
  • Klein M. (1935), Contributo alla psicogenesi degli stati maniaco-depressivi, in Scritti, 1921-1958, Bollati Boringhieri, Torino, 1978
  • Kernberg O.F. (2006), Narcisismo, aggressività e autodistruzione, Raffaello Cortina, Milano
  • Lingiardi V., Madeddu F. (2002), I meccanismi di difesa, Raffaello Cortina, Milano
  • McWilliams N. (1994), La diagnosi psicoanalitica, Raffaello Cortina, Milano, 2012
  • Willi J. (1987), La collusione di coppia, tr.it. Franco Angeli, Milano, 2002
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