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Recensione Libro: Nessuno esca piangendo
L'articolo " Recensione Libro: Nessuno esca piangendo" parla di:
- Tematiche psicologiche inerenti all'infertilità di coppia
- Il trattamento psicoterapico di supporto all'infertilità
- La riorganizzazione del sé, dell'altro e della coppia
Articolo: 'Recensione Libro: Nessuno esca piangendo'
Scheda libro
Titolo: Nessuno esca piangendo
Autrice: Marta Verna
Casa editrice: UTET
Anno: 2016
Pagine: 128
INDICE: Recensione Libro: Nessuno esca piangendo
- L'autrice
- Il libro: Nessuno esca piangendo
- La coppia e il desiderio di un figlio
- Infertilità di coppia e pezzi di vetro
- Trattamento e solitudine
- La danza della riorganizzazione degli scopi
- Oltre le aspettative disattese
- Conclusioni
- Bibliografia
- Altre letture su HT
L'autrice
Marta Verna (Treviso, 1978) è una Pediatra, che dopo aver conseguito un Master in Oncologia Pediatrica, ha lavorato presso il reparto
di emato-oncologia della Clinica Pediatrica dell'Università di Parma. Attualmente impiegata nel centro trapianti di midollo osseo della
Clinica Pediatrica dell'Università Milano Bicocca (Fondazione MBBM) presso l'ospedale San Gerardo di Monza, si occupa anche di progetti di
cooperazione internazionale in ambito sanitario e collabora con l'Agenzia Europea del Farmaco per l'approvazione dei nuovi farmaci in pediatria.
Il libro: Nessuno esca piangendo
In questo libro, l'autrice Marta Verna, tocca diverse tematiche estremamente attuali e allo stesso tempo poco trattate, vissute da lei in prima
persona. Il tema dell'infertilità e dell'incapacità di generare la vita si incrocia con quello terribile della malattia infantile e
della morte, in un turbinio emotivo ed esperienziale a cui l'Autrice va incontro in questa fase della sua vita.
Nessuno esca piangendo è un libro che parla di dolore e di perdita in modo trasversale, il lutto per qualcosa che non si riesce a ottenere,
come un figlio, o il lutto per la perdita di un figlio a causa della malattia.
Attraverso la narrazione della sua storia, l'Autrice mette in risalto temi psicologici cruciali che sono spunti preziosi nell'inquadramento terapeutico
delle tematiche psicologiche inerenti all'infertilità di coppia. Alternando in successione capitoli sulla sua storia di infertilità
con alcuni casi clinici emblematici incontrati nel suo lavoro, l'Autrice cerca di individuare, con difficoltà, un senso all'interno di una storia
di dolore, di perdita ma anche di successi, di cambiamento, di vita.
In questo articolo ci soffermeremo sulla parte che riguarda gli aspetti dell'infertilità e di come questi influiscano sulla psicologia del
singolo e della coppia.
La coppia e il desiderio di un figlio
«Perché, nel momento in cui si desidera un figlio, non è più possibile tornare alla dimensione precedente, sia che
il figlio arrivi sia che esso non arrivi mai.»
Nel percorso emotivo e psicologico di una coppia arriva spesso il momento in cui il desiderio di un figlio si fa spazio tra i due partner, ponendo le
basi per una drastica trasformazione dell'equilibrio interno.
La scelta di avere un figlio porta numerosi cambiamenti nell'equilibrio di coppia instillando un concetto di futuro e cambiamento che è
difficilmente programmabile, ma che allo stesso tempo è carico di aspettative, desideri e fantasie più o meno realistiche che vengono
risposti nel futuro figlio immaginario (D. Stern, 1998). La genitorialità infatti parte proprio dalla mente del genitore in cui, proprio nel
momento in cui prende la decisione condivisa con il partner di provare ad avere un figlio, inizia a farsi spazio attraverso immagini e vissuti personali
e individuali. Già da questa primissima fase della procreazione, si delineano tre dimensioni distinte, destinate a incrociarsi e a divergere nel
futuro del percorso della nascita:
- una dimensione personale,
- una dimensione di coppia,
- una dimensione di riorganizzazione intorno al figlio o, alla mancanza di esso.
In questo libro, la figlia fantasticata è Caterina, la bambina tanto desiderata e immaginata.
Infertilità di coppia e pezzi di vetro
Il dubbio di avere problemi di concepimento si fa strada piano piano nella storia della coppia, dopo un determinato lasso di tempo, solitamente
un anno, in cui i tentativi non vanno a buon fine.
L'inizio del percorso di gestione dell'infertilità parte da una diagnosi, la diagnosi che segna il passaggio da una gestione intima
e privata del concepimento a una medicalizzata e asettica. Già dalle prime fasi diagnostiche, si ha uno scollamento tra gli aspetti emotivi
della sessualità e della procreazione e le pratiche mediche asettiche e stereotipate necessarie. Questo scollamento tra aspetti emotivi e
medici è cruciale e trasversale nel percorso di diagnosi e trattamento dell'infertilità, poiché è proprio attraverso
la sua gestione che la coppia ha la possibilità di gestire questo fenomeno altamente stressante e destabilizzante.
Nel libro, questi aspetti medici ed emotivi sono evidenziati in modo estremamente chiaro e onesto. Nonostante la formazione medica dell'Autrice,
le difficoltà legate ai fortissimi vissuti emotivi del percorso di diagnosi e trattamento dell'infertilità, vengono portate alla
luce in modo ineluttabile.
«Le settimane successive a quel primo esame furono di completo disordine. Non ero in grado di razionalizzare né di utilizzare
le mie competenze mediche per capire cosa stesse accadendo. Non trovavo strumenti per codificare l'irruzione di tutto quel mondo esterno nella
privatissima vita sessuale mia e di mio marito. [...] Avrei voluto prenderlo con me e portarlo via, dirgli che tutto si sarebbe sistemato. E
invece gli dissi solo frasi sbagliate, lasciandolo solo con tutta quella nuova realtà da metabolizzare.»
La diagnosi inoltre mette in evidenza il problema dietro l'infertilità e il "colpevole" di questa mancanza, mettendo la coppia
in grande crisi e in una posizione di sbilanciamento.
Nella storia di Marta, il problema di infertilità deriva da un problema di oligo-terato-asteno-spermia (un'alterazione quantitativa di un
parametro seminale tale da ridurre la capacità di fecondare) del marito Fabio, e questo determinerà diversi passaggi emotivi sia a
livello individuale che, ovviamente, a livello di coppia.
«Io non mi sarei mai potuta fare carico di come lui avrebbe dovuto fare i conti con se stesso e con quel nuovo problema che lo
aveva investito. Né lui sarebbe mai potuto entrare nella crudele lotta interiore che di lì in poi avrei dovuto sostenere con me
stessa per non incolparlo di tutto quel dolore che ci si era riversato addosso. [...] Lasciai scivolare via il pensiero e ci separammo [...]
in mezzo mille minuscoli pezzettini di vetro rotti.»
Da questo passaggio molto efficace l'Autrice mette in risalto gli aspetti di solitudine e di lavoro individuale che una situazione di
infertilità di coppia mette a confronto, con le umane e inevitabili emozioni di colpa, rabbia e profondo dolore che investono la persona.
Una diagnosi di infertilità porta a una rottura: di un equilibrio, di un desiderio, di un piano individuale e condiviso. Una
diagnosi di infertilità porta alla previsione del lutto, della possibile perdita di qualcosa che non si è ancora ottenuto ma che
già si sa potrebbe non arrivare mai.
Da un punto di vista psicologico, il momento della diagnosi in casi di infertilità è estremamente delicato e il supporto
psicologico in questo momento può essere di grande aiuto. Molto spesso, proprio per la medicalizzazione del processo diagnostico e
terapeutico, le potenti emozioni che emergono negli individui vengono estrapolate da questo processo, accentuando lo scollamento tra emotività
e medicalizzazione nel percorso di procreazione. Il supporto e la consulenza psicologica possono aiutare moltissimo, sia a livello di coppia che
individuale, a mantenere una comunicazione emotiva attiva tra i vissuti dell'individuo e tra i membri della coppia. La consulenza psicologica in
fase di diagnosi si dà l'obiettivo di dare un nome e il giusto riconoscimento alle emozioni che scaturiscono dal processo diagnostico, uno
spazio aperto per il dialogo emotivo del singolo e della coppia.
Trattamento e solitudine
Il trattamento per l'infertilità porta ulteriori stravolgimenti nella coppia, sia da un punto di vista pratico che emotivo.
L'intrusione dei trattamenti ormonali nella routine quotidiana porta a dover ri-organizzare tutto il proprio mondo intorno al trattamento, che
deve essere eseguito a orari precisi e con modalità standard.
In aggiunta agli aspetti pratici, vi è un enorme miscuglio di vissuti emotivi che oscillano dalla pacata speranza alla paura dell'illusione,
al dolore del fallimento.
In tutto questo lungo processo di trattamento, i vissuti degli individui si distinguono e si intrecciano formando dinamiche emotive che possono
essere distruttive.
Ancora una volta, le dimensioni personali, di coppia e di famiglia, colludono e si scontrano in un processo di interazione a volte alienante.
«In quei primi mesi fummo di fatto separati nel dolore comune. [...] L'ennesimo giorno di crisi, [...] Fabio perse la pazienza. -
Forse dovresti provare a guardare ogni tanto verso di me, verso il mio dolore. Sei presa dalla tua, di sofferenza, è per questo che ti senti
così sola. [...] Condividere il dolore era una ipotesi a cui non avevo pensato.»
In questo passaggio significativo, l'Autrice esprime molto bene il senso di dolore e alienazione che porta i membri della coppia a chiudersi
nel loro mondo di aspettative disattese o di speranze vaghe. Spesso infatti, l'idea di affrontare il percorso del dolore insieme è la
scelta più difficoltosa perché costringe i membri della coppia a guardare verso l'altro, altro che potrebbe essere portatore di
sentimenti contrastanti; l'amore verso il proprio partner di vita e la rabbia per la sua incapacità di procreazione.
Il trattamento dell'infertilità non è un percorso breve e può richiedere mesi, a volte anni. Nell'arco temporale
che contiene diversi trattamenti il singolo e la coppia attraversano vari stadi emotivi, strettamente dipendenti dagli esiti del processo di
fecondazione assistita.
L'altalena emotiva parte dalla speranza relativa all'impianto degli embrioni, la felicità e l'attesa dell'esito dell'impianto,
fino alla delusione e al dolore del fallimento del processo, che porta a un nuovo tentativo.
«Umiliazione, dolore e un profondo senso di solitudine. Solitudine da tutti, dal tuo compagno, da tutte le donne maledette che sono
diventate madri, dagli amici che non capiscono, che in fondo, e lo sai, pensano che tu stia esagerando. Tu, il tuo sangue, il tuo lutto.»
Il mancato concepimento, il fallimento della procedura di impianto e l'arrivo delle mestruazioni, sono passaggi che formano un lutto reiterato,
che non si conclude mai veramente ma che continua a riaccendersi a ogni tentativo fallito.
Attraversare così tanto dolore è una prova durissima per la coppia che a ogni fallimento si trova a un punto diverso,
sempre più doloroso, della relazione.
«Ci fu un tempo in cui fummo nostro malgrado soli nel dolore comune. Poi ci fu un tempo in cui fummo insieme nel dolore condiviso.
Poi restò solo il tempo in cui avremmo voluto essere soli per potere smettere di vedere tutto quel dolore. Era l'inizio dell'estate e di
me e di Fabio non restava più nulla. Un tempo l'essere coppia donava senso al singolo. Arrivati a quel punto non bastava più. [...]
Quell'assenza ci allontanava l'uno dall'altro.»
Arriva un momento in cui il dolore ricopre tutto. Diventa totalizzante e invade ogni aspetto della vita della persona. Questo momento
può durare anni e può portare al logoramento della relazione di coppia. La coppia si trova di fronte a una scelta, quella di
riorganizzarsi intorno al dolore e trovare una risoluzione al lutto condivisa, oppure scegliere di risolvere il lutto attraverso la separazione.
Ognuna di queste due soluzioni è comunque un passo verso il cambiamento, di vita, di scopi.
Accettare il lutto del non riuscire ad avere figli rimanendo comunque una coppia, significa terminare i tentativi di procreazione assistita e
lasciare spazio ad altri scopi, crearne di nuovi, riorganizzare l'immagine di famiglia senza un figlio. Ognuna di queste scelte è fonte
di enorme stress e dolore poiché in ogni caso, si tratta di lasciare andare uno scopo primario della vita della persona.
Da un punto di vista individuale ci può inoltre essere una differenza sostanziale, tra i due membri della coppia, sulla reale capacità
di accettazione della condizione di infertilità. Anche questa discordanza tra il "continuare a provare o il lasciare perdere" è
fonte di dolore e lontananza.
Quando la coppia o il singolo è seguito e supportato da una terapia psicoterapica, la fase diagnostica è certamente un momento
chiave del percorso psicoterapico. È in questo momento che si ha la conferma delle paure, prima solo ipotizzate, di infertilità.
La terapia diventa quindi un contenitore delle angosce del/dei pazienti e, in questo momento, si prefigge, l'obiettivo di validare e contenere
le emozioni portate dopo la diagnosi.
è raro che la coppia sia già in terapia in questa fase del processo di diagnosi dell'infertilità, solitamente, l'entrata
in terapia come coppia avviene in un secondo momento, durante la (lunga) fase del trattamento.
La danza della riorganizzazione degli scopi
L'Autrice alterna nel libro, capitoli riguardanti se stessa e la sua storia privata di trattamento per l'infertilità a casi clinici di
bambini incontrati nel suo percorso professionale. È interessante vedere come il lutto e il dolore sono trattati come temi trasversali che
si possono sovrapporre e intersecare, creando nuovi significati all'interno delle persone che ne sono, loro malgrado, protagoniste.
«Quando arrivi in oncologia pediatrica pensi subito, come tutti, che la cosa più difficile da accettare sarebbe stata la morte
di un paziente. Solo col tempo appresi come ancora più difficile sia il tempo che ci separa da essa. [...] Poi lentamente si impara a capire
che c'è sempre qualcosa da fare, e questo qualcosa è curare. Si incomincia a [...] cambiare obiettivo, [...] si dà loro uno
scopo diverso ogni giorno, non li si lascia mai soli di fronte all'orrore del vuoto»
In questo passaggio, l'Autrice evidenzia molto sapientemente un pattern comune al dolore e alla perdita, il passaggio e la durata che intercorre
tra diagnosi e la risoluzione di essa. Il dolore si configura come un percorso a ostacoli che si può solo attraversare e di cui il lutto
o la guarigione, ne sono gli unici esiti. In ogni caso, anche se l'esito del percorso di dolore è stato positivo, come con la guarigione
di un paziente o l'accertamento dello stato di gravidanza, il soggetto non sarà più lo stesso. La costante comune al dolore e al suo
attraversamento è la tenuta degli scopi, il cambiamento e la riorganizzazione mentale ed emotiva su obiettivi raggiungibili, l'accompagnamento
sicuro e costante da parte di persone che ci stanno a fianco.
Ecco ancora come il tema della condivisione del dolore torna a farsi spazio come risorsa importantissima nella gestione di emozioni che appaiono
travolgenti e destabilizzanti.
Ancora una volta, la privatezza del dolore e il suo aspetto di condivisione si uniscono in un incontro che, lungi dall'essere salvifico, si dimostra
come una strada, a volte l'unica, verso il passaggio successivo.
In terapia, la fase di accompagnamento del paziente attraverso il dolore può avere una durata variabile. Il trattamento
psicoterapico di supporto all'infertilità è estremamente utile proprio perché va a toccare i due aspetti principali
della gestione del dolore e del lutto: la condivisione e la riorganizzazione degli scopi.
Proprio come l'Autrice individua la riorganizzazione degli scopi nel trattamento delle malattie terminali nell'infanzia, così anche in
Psicoterapia il lavoro si focalizza sull'ampliare la complessità degli scopi del paziente per aggiungere significati che vadano oltre
la genitorialità.
Questo processo è molto complesso, poiché il terapeuta deve sapientemente alternare fasi di stallo e di pura validazione e supporto
del dolore, a fasi più attive di ricerca ed esplorazione di alternative. Le alternative, in termini costruttivisti (Gennaro e Lucchino),
non sono altro che il sistema di costrutti personali del paziente, ovvero l'immagine e l'idea che il paziente si è formato su di sé
nel corso della sua vita. Solitamente, il costrutto di io-genitore è un costrutto centrale, il lavoro che quindi sta nell'ampliarlo e
modificarlo è delicato e lungo.
Il lavoro del terapeuta consisterà nell'ampliare il costrutto di io-genitore e trovarvi significati aggiuntivi, diversi, che possano
aumentare le possibilità del paziente.
Oltre le aspettative disattese
Oltre il lutto, oltre il dolore, cosa c'è? Cosa succede dopo? L'accettazione del fallimento del "non succederà" è
un passaggio difficilissimo. Il tollerare la sconfitta è un processo estremamente faticoso che ognuno porta avanti con strategie diverse.
Il riempire la vita di stimoli diversi, per non vedere più il dolore, le emozioni negative e la frustrazione è uno dei tanti modi
per evitare di entrare in contatto con il sentimento di profonda perdita e frustrazione.
Il processo di accettazione che è auspicabile in questi casi è un obiettivo che il soggetto e la coppia possono raggiungere, ma non
necessariamente allo stesso modo.
In terapia il percorso di accettazione va sostenuto e proposto in maniera molto fluida e graduale. Accettare significa lasciare che l'aspettativa
disattesa permei senza però permettere la sopraffazione. Accettare il dolore e la perdita significa trasportare con noi, dentro di noi, il
peso di qualcosa che non c'è più e non ci sarà mai più, ma allo stesso tempo riuscire a vedere quello che è
rimasto, quello che ancora rimane oltre alla mancanza.
«La mancanza è una forma di conoscenza diversa dal possesso, più dolorosa, più faticosa, ma pur sempre conoscenza.
[...] Essa comporta una estenuante opera di sottrazione e di astrazione, come il lavorare su di un negativo di una pellicola.»
Lasciare che il dolore trasformi la propria vita è un processo inevitabile e onesto nei confronti di noi stessi. Le intersecazioni
tra la dimensione individuale, dell'altro e di coppia sono andamenti obbligati che terminano quasi sempre con il ritorno al sé.
«Porto con me la mia sabbia, il mio dolore. È diventato solo mio, e di nessun altro. Fabio porta il suo. E così
proviamo a camminare vicini senza farci del male.»
Insieme nel proprio dolore. Per i protagonisti di questa storia, l'evoluzione del dolore ha portato comunque a un'unione, seppur diversa da quella
di partenza.
La riorganizzazione del sé, dell'altro e della coppia avviene attraverso il cambiamento, alla ricerca e alla scoperta di cosa si può
essere e cosa si può diventare oltre il dolore.
Conclusioni
Nessuno esca piangendo è un libro coraggioso e difficile. Con la tragica onestà del dolore porta avanti due temi estremamente
toccanti e attuali come la malattia infantile e la sterilità.
Il filo conduttore del dolore è il canovaccio con cui l'Autrice sceglie di tessere questa storia, la sua storia, che però è
anche la storia di tante altre persone.
Il racconto ancora una volta svela la sua funzione catartica e di collante tra la propria dimensione intima e personale del dolore e quella degli
altri. Il faticoso percorso di accettazione e la sconcertante realtà della perdita si intersecano lasciando nel lettore solo domande, domande
a cui spesso non si ha una risposta, domande a cui forse non ha senso trovarne una.
Leggere questo libro fornisce uno sguardo molto intenso alla tematica dell'infertilità, alle dinamiche individuali e di coppia che
possono sopraggiungere in questi casi e ai vissuti che potenzialmente possono emergere in terapia.
Fornisce inoltre al professionista molti spunti di riflessione individuale poiché è capace di spostare il focus da una tematica
dolorosa all'altra, toccando temi sensibili e attivanti, lasciando a volte sfuggire la razionalità, senza mai però perdere la
consapevolezza, in un'altalena di emozioni che hanno il potere di far accedere alla propria consapevolezza, come individuo e come terapeuta.
Bibliografia
- Manfredi A., A. G. Aiello, Pozzi G., "Linee guida per la consulenza nell'infertilità", CNOP, psy.it, 2004
- Stern D. N., "Nascita di una madre", Oscar Saggi Mondadori, Milano, 1998
- Gennaro A., Lucchino M., "La teoria dei costrutti personali di G. A. Kelly: implicazioni cliniche", psychomedia.it, 2012
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