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Il sogno nella cura analitica
Il caso di Gemma

L'articolo "Il sogno nella cura analitica" parla di:

  • L'analisi freudiana del sogno
  • Caso: il sogno di transfert di Gemma
  • Significato del sogno e direzione della cura
Psico-Pratika:
Numero 38 Anno 2008

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Articolo: 'Il sogno nella cura analitica
Il caso di Gemma'

A cura di: Giuliana Capannelli
    INDICE: Il sogno nella cura analitica
  • Fondamenti della teoria del sogno
  • Un sogno di transfert
  • I significanti del sogno
  • Per una direzione della cura
  • Note
  • Altre letture su HT
Fondamenti della teoria del sogno

Il sogno, dice Sigmund Freud, è la strada maestra che conduce all'inconscio.
Parlare del sogno è quindi parlare della scoperta fondamentale della Psicoanalisi.

La stessa nascita della Psicoanalisi viene fatta risalire al 1900, data della pubblicazione dell'opera "L'interpretazione dei sogni", data che segna dunque non solo l'inizio di un nuovo secolo, ma anche l'inizio di una nuova modalità di concepire il soggetto.

Per Freud il sogno è una manifestazione di contenuti psichici rimossi che, attraverso l'interpretazione, possono essere portati alla luce. Esso è sempre l'espressione di un desiderio rimosso:

«Il sogno è l'appagamento (mascherato) di un desiderio (represso, rimosso)».
(Freud S., L'interpretazione dei sogni, in "Opere")1

Possiamo così definire il sogno come un messaggio, un messaggio non esplicito ma
da decifrare, indice del desiderio. Il sogno non coincide con l'inconscio, ma è una sua formazione, qualcosa cioè che segnala, dà una traccia del funzionamento dell'inconscio stesso.

Il sogno, così come l'inconscio, si struttura secondo le regole del linguaggio, secondo le modalità definite da Freud della "condensazione" e dello "spostamento", modalità che Jaques Lacan ha ricondotto, facendo riferimento alla teoria di Roman Jakobson, ai meccanismi linguistici della metafora e della metonimia.

Il sogno è una sorta di linguaggio cifrato, la cui decifrazione è possibile solo a partire dalle significazioni fornite dal paziente. Freud lo assimila a un rebus e a un geroglifico, linguaggi rappresentativi che, a partire da delle leggi simboliche e non immaginarie, vanno interpretati e riportati al loro significato originario.

È vero che il sogno è costituito da immagini ma viene ricordato e trasmesso dalle parole, tramite il racconto che ne viene fatto. L'analisi non si interessa alle immagini visive del sogno, che sono per altro percepibili solo dal sognatore, essa prende invece in conto proprio il suo versante narrativo:

«... l'esperienza stessa è un'esperienza che si dispiega nel campo del linguaggio. Non si dispiega nel mondo della percezione. Quel che mobilizza l'esperienza analitica è la funzione della parola, non è l'esperienza della funzione della visione».
(Miller J.-A., Silet, in "La psicoanalisi")2

Nell'analisi del sogno si tratta così di affidarsi alla parola del paziente; il sogno è infatti interpretabile solo a partire dalle libere associazioni del paziente e non, per esempio, attraverso un'interpretazione simbolica ricavata dall'uso dei significanti culturali e neanche di quelli dell'analista stesso:

«(la tecnica) impone il lavoro dell'interpretazione al sognatore stesso, rifiuta di prendere in considerazione, per ogni elemento onirico, quel che viene in mente all'interprete e accetta quel che viene in mente al sognatore».
(Freud S., L'interpretazione dei sogni, in "Opere")3

Elemento fondamentale del sogno è il fatto che esso si presenta a noi deformato
ad opera della censura. Il contenuto latente del sogno è mascherato dal contenuto manifesto: il sogno manifesto è dunque ciò che la censura interna del sognatore permette che affiori alla coscienza.

Le associazioni del sogno stanno a rappresentare il contenuto onirico latente, laddove il ricordo del sogno tratta invece del contenuto manifesto:

«Contrappongo il sogno, quale mi si presenta nel ricordo, al materiale ad esso corrispondente trovato con l'analisi, e chiamo il primo contenuto onirico manifesto, il secondo (...) contenuto onirico latente».
(Freud S., L'interpretazione dei sogni, in "Opere")4

Vorrei sottolineare come per Freud sia chiaro che il sogno che viene raccontato non è
del tutto omogeneo a ciò che è stato sognato. Spesso non rimangono che frammenti, alcune cose vengono dimenticate, altre trasformate, altre anche omesse.
Freud suggerisce anzi di soffermarsi proprio sulle dimenticanze, i dettagli, le cose dette en passant.

Ciò che conta cioè non è tanto il ricordo fedele del sogno quanto il come viene raccontato, quello che emerge nella parola del sognatore al momento di riportare il sogno in analisi. L'essenza del sogno è il lavoro del sogno stesso.
L'analista, in quanto uditore, in posizione di causa per il soggetto, permette che la catena significante si dispieghi.

Freud ci dice che il sogno è una formazione psichica che si inserisce in un contesto transferale determinato e non può essere interpretato indipendentemente da tale contesto.

Il sogno è esso stesso segno del transfert.
Inutile, dunque, isolare gli elementi simbolici del sogno se non si tiene conto del momento particolare dell'elaborazione del soggetto e del contesto in cui si inseriscono.
L'analista è parte integrante di questo contesto, indipendentemente che sia presente o meno nel sogno del paziente.

Come scrive Jaques Lacan nel Seminario II:

«In un'analisi non interveniamo solo perché interpretiamo il sogno del soggetto - ammesso che lo interpretiamo - ma anche perché, essendo già come analisti nella vita del soggetto, siamo già nel suo sogno».5

La presenza dell'analista nel sogno del paziente è un utile indicatore del transfert e della funzione che l'analista ricopre in quel preciso momento della cura per il soggetto.

Un sogno di transfert

Gemma, 34 anni, 115 chili, ha chiesto un incontro con un terapeuta dell'ABA (Applied Behaviour Analysis o analisi comportamentale applicata) perché si è accorta che c'è qualcosa che non va con il cibo. Viene su consiglio della cugina, che in passato ha avuto anche lei problemi di alimentazione.

«Non mi controllo più. Spazzolo via tutto - e aggiunge - provo troppa soddisfazione con il cibo, il mio è un piacere insensato».

La sua richiesta è quella di trovare il modo per limitarsi, di tornare a essere più serena nonostante, quanto alla sua vita, sembri aver trovato nel complesso un buon accomodamento: lavora con soddisfazione, è fidanzata con un ragazzo che le vuole bene, ha buoni rapporti sociali con tutti.

Il transfert si installa subito a livello della posizione di soggetto supposto sapere: l'analista è colui che sa e che può guidarmi. Dimostrazione evidente di questo è il fatto che all'inizio Gemma chiama le sedute "lezioni". Quando glielo faccio notare, afferma che ogni volta che esce dall'incontro ha l'impressione di aver imparato qualcosa, nonostante in realtà io sia molto parca di parole.

Dice anche di essere convinta che io sappia bene qual è il suo problema ma che tuttavia faccio in modo che lei possa arrivarci da sola, limitandomi a mettere in luce, nel suo dire, cose a cui normalmente non pensa o che non collega.

Anche l'altro aspetto caratteristico del transfert, quello dell'amore, è presente fin dalle prime battute. Gemma dice che ogni volta che viene è emozionata come se fosse il primo appuntamento e di attendere le sedute con molto desiderio.

L'ambiguità sempre presente nel transfert si manifesta in particolare riguardo la questione economica: una volta dimentica di pagare la seduta, anche se poi quando glielo faccio notare si vergogna moltissimo;, un'altra volta le accade di non avere tutti i soldi della seduta.

Il primo tempo della cura si svolge nel dispiegamento dei significanti familiari e della questione di Gemma con l'amore. Rispetto a questo argomento la ragazza scopre che c'è sempre un'altra donna di mezzo tra lei e la realizzazione del suo amore ideale.

La conclusione di una seduta su una frase del soggetto: «Penso mangiando» e l'articolazione successiva nella serie «Mangio pensando», «Mangio alla velocità del pensiero» permettono un primo arresto alla compulsione alimentare di Gemma.

Nella seduta successiva la ragazza racconta che le è capitato di non desiderare cibi che pure le piacciono, di sentirsi sazia molto prima del solito e di fermarsi anche se il piatto non è ancora vuoto.

Un altro momento di arresto della pulsione orale è segnato da un sogno di transfert che la paziente fa a un anno di distanza dall'inizio dei colloqui. Questo passaggio causerà la messa in questione del rapporto del soggetto non solo rispetto al cibo in senso stretto, ma anche rispetto all'altro in generale, altro a cui Gemma potrà cominciare a dire il suo "No".

Un giorno accade che Gemma vede l'analista attraversare la strada davanti alla sua auto tenendo per mano un bambino. Scopre allora, del tutto inaspettatamente, che l'analista è anche madre. Nella seduta successiva riporta questo sogno.

«Sogno di essere nella mia casa di quando ero bambina. Lei è la padrona di casa e mi invita a sedermi a tavola per il pranzo, pranzo che è al posto della seduta. Con noi, a tavola, c'è anche suo figlio. Mi offre dei quadrelli in brodo.
Mangio i quadrelli molto lentamente, gustandomeli per tutto il tempo della seduta nonostante lei porti anche altre pietanze. Alla fine del sogno lei mi porge la tovaglia, una tovaglia bianca, e la pieghiamo insieme».

Gemma dice di aver pensato che quello che io le offrivo era un pasto leggero, pasto che non finiva mai e che lei si gustava per tutto il tempo della seduta. Afferma, inoltre, che i quadrelli erano tiepidi, proprio come piacciono a lei. Dice anche di ricordare che all'inizio dei nostri incontri pensava che mi chiamassi Cappelletti e non Capannelli, sottolineando il fatto che i Cappelletti, al contrario dei Quadrelli, sono un pasto non troppo leggero.

Infine afferma che l'ha colpita molto l'ultima scena del sogno in cui le porgo la tovaglia per piegarla insieme, come se fosse un gesto che non si può fare da soli e che io la invito a fare con me. Associa al bianco il significante candido e spiega che la tovaglia che piega è rettangolare come il tavolo dell'analista, a differenza del tavolo della sala da pranzo della sua casa che invece era ovale.

I significanti del sogno

Come interpretare questo sogno? E come rispondervi?

Seguendo le indicazioni di Freud abbiamo le coordinate per non perderci in questo lavoro. Come sappiamo il sogno si lega alle esperienze più recenti, ma arriva a costituirsi tramite un desiderio originato dagli elementi della vita infantile:

«Ogni sogno implica nel suo contenuto manifesto un collegamento con un fatto vissuto recente, mentre nel contenuto latente implicherebbe un collegamento con un fatto vissuto più remoto».
(Freud S., L'interpretazione dei sogni, in "Opere")6

Se il fatto recente, come abbiamo visto, è costituito dalla scena accaduta il giorno precedente, gli elementi vengono però ripresi e trasformati nel sogno in collegamento con una questione del soggetto che ha le sue origini in un desiderio rimosso infantile.

Vediamo innanzitutto che la questione ruota attorno al cibo e che, da parte di Gemma, c'è un'assimilazione della seduta al pranzo, come se le due cose fossero omogenee. L'analista è in posizione di agente, è colei che offre il pranzo, che dà il cibo, il sapere.

Il sogno rivela che nel transfert l'analista è posto chiaramente sull'asse materno:
Gemma scopre che l'analista è madre e la piazza nella sua casa d'infanzia a dare da mangiare. La contingenza dell'incontro per strada fa sì che nel sogno sia presente anche un elemento di rivalità immaginaria sotto le sembianze di mio figlio, bambino che però, per un altro versante, rappresenta anche Gemma bambina.

Dal racconto della ragazza emerge che fino all'età di 9 anni, età segnata dalla morte della nonna materna, ella non mangiava a tavola con gli altri perché, essendo la loro una famiglia molto numerosa, non c'era posto per tutti. Il suo posto era sul ripiano della lavatrice, di spalle agli altri.

È solo con la morte della nonna, morte che ha una funzione precisa nella ricostruzione del fantasma e che segna anche l'inizio della compulsione alimentare della ragazza, che si libera per lei un posto alla tavola familiare.

Altro importante dettaglio è che in casa sua era la zia che cucinava per tutti, perché era l'unica donna a non lavorare, e a badare ai figli: quelli suoi e quelli della sorella (la madre di Gemma).

Il primo desiderio di Gemma è allora che sia la madre a invitarla alla tavola familiare e a offrirle un cibo leggero. Quanto alla cura, il trovare posto alla tavola dell'analista evidenzia il fatto che il soggetto sente che in analisi ha trovato un posto, tuttavia il transfert verso l'analista è un transfert ancora immaginario, perché l'analista è nella posizione di colei che dà da mangiare.

Il significante leggero appare in opposizione ai pasti non troppo leggeri di cui Gemma si nutre almeno a partire dai 9 anni. Nessuno sembra aver limitato la sua fame da quando, pochi giorni dopo la morte della nonna, la ragazza sente la zia che racconta che il famoso Elvis Presley era morto perché aveva cominciato a mangiare troppo e a ingrassare a tal punto che il cuore non gli aveva retto.

Gemma dice di aver preso anche lei a mangiare a dismisura, come se questa fosse una soluzione per farla finita con la vita. Gemma, infatti, afferma di essersi sentita responsabile della morte della nonna per il fatto che, poco prima che la nonna morisse, si era messa a giocare saltellando sopra le gambe doloranti della nonna, che era malata di flebite, nonostante avesse visto la sua smorfia di dolore.

Altro significante presente nelle associazioni del sogno è la parola tiepido di cui la ragazza dice solo che a lei non piacciono i cibi troppo caldi e che quella è la temperatura che preferisce per il cibo.

Leggero e tiepido intervengono dunque come significanti positivi per il soggetto.
Lo stesso si può dire anche riguardo al fatto che Gemma si gusta il suo brodo a lungo, lentamente, significante che si oppone al mangiare compulsivo della ragazza durante le sue abbuffate.

L'analista dà un cibo che non fa male, che è gradito, piacevole e Gemma non necessita di altro, rinuncia anzi alle altre portate. Al tempo stesso però questi stessi significanti ci segnalano un versante negativo del lavoro in analisi, costituito proprio dal fatto che ciò che arriva a Gemma da parte dell'analista la soddisfa, e ci indicano ciò che Gemma desidera dall'analista: un brodino leggero, che non scotta, che lei si gusta a suo piacimento ignorando le altre portate.

Il cibo leggero che l'analista dà è infine anche un oggetto di cui il soggetto si soddisfa senza rinunciare a incarnare il fallo; il soggetto può consumarlo e goderne in una specie di quadratura del cerchio: oggetto che si può mangiare ma che, per la sua leggerezza, non ingrassa. Doppio versante del significante dunque, che sottolinea la questione, presente in particolare nell'isteria, della contemporanea tendenza alla valorizzazione e all'esaltazione dell'Altro.

Vorrei ora soffermarmi sulla serie che emerge dal sogno a partire dall'oggetto cibo che viene mangiato. Gemma dice che stranamente si trattava di Quadrelli e non di Cappelletti e ricorda che il nome Cappelletti era quello che lei mi attribuiva al posto di Capannelli.

Ecco che appare costruita una serie metonimica: Quadrelli, Cappelletti, Capannelli, serie che rimanda immediatamente a quella: «Signorelli, Botticelli, Boltraffio», citata e analizzata da Freud, in merito alla dimenticanza dei nomi propri, in "Psicopatologia della vita quotidiana"7. La serie mette meravigliosamente in luce il funzionamento del significante. Nel caso di Freud il nome dimenticato e da ritrovare è Signorelli.

Lo stupore della ragazza rispetto ai Quadrelli è lo stesso di Freud di fronte al nome Boltraffio di cui afferma di sapere solo che si trattava di un pittore della scuola milanese. Così anche per la ragazza il senso pieno del significante Quadrelli è ricostruibile solo via Cappelletti, significante che fa da raccordo tra Quadrelli e Capannelli.

Il sogno, attraverso questo gioco linguistico, mette anche in luce il versante di oggetto dell'analista: l'analista è ridotto a oggetto della pulsione orale. La paziente mangia i Quadrelli con soddisfazione; il significante Quadrelli copre quello Capannelli via Cappelletti, cosa che rimanda anche alla svalorizzazione dell'oggetto poiché per la paziente, a livello della realtà, i Quadrelli non sono certo come i Cappelletti!

Al tempo stesso, questo oggetto marcato da un meno di godimento, mette in valore come nell'analisi il soggetto non abbia trovato il cibo della madre, ma un cibo marcato dalla mancanza.

Il sogno si conclude con l'analista che invita la paziente a piegare con lei la tovaglia, tovaglia che, come specifica la paziente, non era ovale come il tavolo della sala da pranzo della sua casa d'infanzia, ma rettangolare come il tavolo dello studio dell'analista.

Piegare la tovaglia è un'attività di riduzione che mantiene tuttavia la forma quadrangolare (abbiamo qui ancora una somiglianza fonetica con la parola quadrelli).
Dunque una tovaglia con quattro lati che alla piegatura mantiene ancora una forma a quattro. Questa immagine rimanda a un dato di struttura, il quattro, i quattro luoghi, che Lacan definisce come la base di ogni discorso e in cui si articolano i passaggi della cura.

Tovaglia bianca, candida, nel senso di qualcosa di puro, dice Gemma, e tovaglia che tornerà in un nuovo recente sogno di transfert a ricoprire la tavola dello studio dell'analista, questa volta come un telo teso non a rappresentare il momento della consumazione del pasto, ma piuttosto un lenzuolo atto a ricoprire un tavolo dove Gemma subisce, a opera dell'analista, una dolorosissima operazione al tallone.

L'analista non è più l'oggetto che divora o da divorare, non c'è più niente da prendere, e anche se rimane per il soggetto in posizione di agente, di colui che opera, che esercita un potere, abbiamo un primo spostamento del transfert sull'asse simbolico.

Per una direzione della cura

Ora, tutte queste significazioni che si articolano nel corso della cura, sono possibili proprio grazie al transfert in cui l'analista è al contempo in posizione di soggetto supposto sapere e di oggetto causa del desiderio. Se l'analista è ora l'Altro a cui il soggetto ripete le domande che hanno segnato il corso della propria storia, sta però all'analista non saturare lo spazio per il rilancio metonimico del desiderio.

Il sogno fornisce una buona bussola per la posizione dell'analista, il quale deve fare molta attenzione a non occupare mai quel luogo di sapere che l'analizzante le conferisce con tanta insistenza. Inoltre se egli intervenisse a livello della pulsione correrebbe il rischio - come sottolinea Lacan nel suo commento al caso di Kris in "L'uomo delle cervella fresche" - di produrre un acting-out.

Si tratta in definitiva di non rispondere alla domanda di riconoscimento del soggetto, di non dare il cibo che chiede, di smarcarsi dalla posizione ideale in cui l'analista viene posto automaticamente per rivelare la mancanza a essere costitutiva e permettere al soggetto di assumere il proprio desiderio.

Se al fondo dell'operazione analitica c'è questo punto di mira, tutto il resto, compresi i miglioramenti sintomatici, le modificazioni che il soggetto apporta alla propria vita, l'accrescimento del sapere sulla propria modalità di godimento, saranno dei benefici cui il soggetto potrà accedere automaticamente, senza per questo dover essere considerati indici della risoluzione dell'analisi.

Note
  1. Freud S., L'interpretazione dei sogni, in "Opere", vol. 3, Bollati Boringhieri, Torino, 1989, pag. 154
  2. Miller J.-A., Silet, in "La psicoanalisi" n. 23, Astrolabio, Roma, 1998, pag. 147
  3. Freud S., L'interpretazione dei sogni, in "Opere", vol. 3, Bollati Boringhieri, Torino, 1989, pag. 101
  4. Freud S., Il sogno, in "Opere", vol. 4, pag. 12
  5. Lacan J., "Il seminario. Libro II. L'io nella teoria di Freud e nella tecnica della psicoanalisi", Einaudi, Torino, 1991, pag. 196
  6. Freud S., L'interpretazione dei sogni, in "Opere", vol. 3, Bollati Boringhieri, Torino, 1989
  7. Serie ripresa da Lacan nel "Seminario V" insieme a un altro esempio di Freud nel testo "Il motto di spirito" a riguardo della parola famillionaire come commistione dei significanti familier e millionaire. Vedi a proposito i primi tre capitoli del testo di J. Lacan, "Il Seminario. Libro V", Edizioni Seuil, Parigi, 1998
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