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Professione Coach

L'articolo "Professione Coach", parla di:

  • Riconoscimenti e problema della certificazione
  • Cos'e' e cosa non e' il coaching
  • Ruolo e funzione del Coach
Psico-Pratika:
Numero N 32 Anno 2007

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Articolo: 'Professione Coach: una Sfida, un'Opportunità'

A cura di: Erika Crispino
Professione Coach

Nato negli Stati Uniti alla fine degli anni 80, il coaching e' un metodo inizialmente utilizzato nell'ambito sportivo per poi assumere specifiche caratteristiche.
Diffusosi nel mondo occidentale nel giro di pochissimi anni, dagli USA, all'Australia e all'Europa (in particolare in Inghilterra, in Francia e in Germania), il coaching da metodo si e' trasformato in una vera e' propria professione che trova progressivamente applicazione in diversi settori della vita sociale e dell'attivita' umana.

Quella del coach e' oggi una "professione" in espansione.
L'Harvard Business Rewiew, nel giugno 2002 dichiarava che: "Il coaching e' un settore in crescita con circa 10.000 coach che lavorano nel mondo, un numero che dovrebbe superare i 50.000 nei prossimi 5 anni".

Le previsioni di questa prestigiosa rivista si sono avverate, al momento a livello internazionale esistono circa 50.000 persone (forse anche di piu'), con professionalita' e background culturale-formativo estremamente eterogeneo, che svolgono la professione di coach, cosi' come esistono decine di associazioni professionali e numerose scuole di formazione che ogni anno formano nuovi coach "professionisti".
In Italia, si parla di coaching da circa 5 anni, in special modo nel mondo aziendale.
Attualmente tale e' il settore in cui il coaching si e' maggiormente sviluppato, nel nostro paese, e in cui la maggioranza dei coach italiani (ancora pochi rispetto ai colleghi stranieri) lavorano.

Benche' in fase di elevata crescita, la professione di coach non e' ancora riconosciuta come tale da un punto di vista formale e legislativo, ne' vi e' un riconoscimento da parte delle istituzioni formative.
Le Universita', ancora oggi, sembrano quasi snobbare il fenomeno del coaching limitandosi, in rarissimi casi e per lo piu' nelle Universita' private, a fornire servizi di coaching per gli studenti o a presentare il coaching come una delle possibili tecniche formative.
Nulla di piu'.
Non esistono, quindi, scuole o percorsi formativi "istituzionali" riconosciuti dallo stato, che conducano ad acquisire il "diploma" o la laurea in Coaching.

Di norma nel nostro paese, cosi' come all'estero, per diventare coach e' sufficiente possedere una specifica certificazione ottenuta in una delle tante Coaching Training School, senza tuttavia avere un particolare background formativo (in altri termini, all'aspirante coach non e' richiesto come prerequisito all'aver intrapreso un particolare percorso di studi).

La questione del background formativo e professionale del coach e' tuttavia di preminente importanza.
A livello nazionale, le scuole (esclusivamente private) che offrono una specifica formazione per tutti coloro che vogliono intraprendere questa nuova professione, sono per lo piu' di importazione americana, spesso si confondono con la PNL oppure non hanno alcun riferimento teorico preciso.

Il problema teorico/metodologico e' soprattutto un problema di identita', intrinseco al coaching, strettamente connesso alla fase pionieristica che attraversa.
Non esiste ancora nel nostro paese un movimento, per cosi' dire "culturale", che abbia delineato un quadro teorico/metodologico di riferimento atto a stabilire in maniera chiara, univoca, l'identita' del coaching, la sua natura.
Da cio' probabilmente deriva la propensione a definire le caratteristiche del coaching per contrasto, o per similitudine, con altri metodi di intervento piu' conosciuti, anche dai non addetti ai lavori, quali la psicoterapia o il counseling.
In effetti, il coaching e' spesso assimilato al counseling, o "venduto" come tale.
Benche' meno consueta, la confusione tra coaching e psicoterapia e' un fenomeno, a mio parere, piu' pericoloso in quanto rischia di travisare completamente la "sostanza" del coaching, un intervento che non si fonda sulla cura di patologie, ma sullo sviluppo e l'autorealizzazione di persone "sane".
Piu' frequente ancora e' l'accostamento, che di sovente si trasforma in equivalenza, tra coaching e PNL, benche' questi due metodi abbiano ben poco a che vedere l'uno con l'altro (Crispino, 2006).

Il panorama dunque e' piuttosto disorganico e l'evoluzione del coaching, soprattutto sul piano professionale e formativo, e' spesso affidata all'iniziativa di singoli professionisti ed e' contraddistinta dall'improvvisazione, dall'estrema varieta' di proposte formative e commerciali, che creano spesso confusione non solo nei futuri coach ma anche negli utenti.

In molti parlano di coaching, ma pochi sono dei veri Coach.

Quali garanzie ci sono allora per tutti coloro che, a diverso titolo, si accostano al mondo del coaching, sia come destinatari dei molteplici corsi di coaching, sia come aspiranti coach professionisti, sia come fruitori dei servizi di coaching e quindi clienti?

Allo stato attuale delle cose l'unica garanzia e' data dall'autoregolamentazione.
Val a dire che sono gli stessi coach professionisti (ovvero coloro che hanno avuto accesso ad una specifica formazione in tale ambito) ad aver creato delle linee guida da seguire in modo da disciplinare la professione di coach e garantire degli standard di qualita', professionalita' ed eccellenza.

Attualmente esistono diversi enti internazionali, per altro privati, che prevedono una certificazione (ossia una sorta di riconoscimento ufficiale del titolo di coach professionista), come per esempio l'International Coach Federation (ICF) oppure l'International Association of Coaching (IAC), entrambe americani.
E' tuttavia indispensabile spendere alcune parole in merito al problema della certificazione.
In primo luogo, benche' questi enti abbiano stabilito delle linee guida che "regolamentano" la professione di coach, si tratta in ogni caso di una certificazione fornita da un privato e non di un riconoscimento pubblico.
In secondo luogo, questi enti certificatori seguono dei criteri validi negli Stati Uniti, che non si adattano affatto alla realta' del contesto europeo, ne' tanto meno a quello italiano.
Infine per avere la certificazione bisogna pagare profumatamente.
Alla fine tutto cio' che si guadagna e' un certificato rilasciato da un ente privato americano.

In effetti il coaching sta percorrendo, in questa fase storica, la stessa strada di molte altre professioni nuove che per essere socialmente accettate prima e legalmente riconosciute poi, devono crescere, diffondersi ed essere praticate per lungo tempo.
Si pensi per esempio alla professione di psicologo, legalmente riconosciuta e regolamentata in Italia da meno di 20 anni, oppure ad altre professioni piu' "antiche", come quella del medico, dell'avvocato o dell'ingegnere.
In questi casi si puo' correre il rischio di pensare, erroneamente, che tali professioni siano sempre esistite benche', nella realta' dei fatti, anche i medici, gli avvocati, gli ingegneri, gli architetti ecc. hanno dovuto seguire un lungo iter, piu' o meno lontano nel tempo, prima di arrivare a vedersi legalmente riconosciuti come professionisti.

Il coaching, cio' non di meno, e' una professione che potenzialmente puo' estendersi in Italia (cosi' come e' successo negli USA, in Australia e in molti paesi europei) in ampi settori nell'attivita' umana.
Per la sua flessibilita' e per il fatto di essere un metodo di intervento finalizzato allo sviluppo e al cambiamento, il coaching puo' essere impiegato nelle aziende come nei centri sportivi; puo' essere un metodo valido a livello preventivo1, cosi' come puo' essere utilizzato per l'orientamento scolastico e universitario; al coach puo' affidarsi l'imprenditore, il libero professionista, lo sportivo, l'artista, lo studente ma anche la casalinga o il disoccupato.
Quella del coach e' dunque una professione tutta da costruire.

Ma chi e' il coach e cosa fa? Ancor prima di definire chi e' il coach, sarebbe forse meglio chiarire cosa non e'.

Cosa non e' il Coach

La necessita' di differenziare nettamente la figura del coach da altre figure professionali, e' direttamente connessa alla situazione di estrema confusione che di sovente porta ad assimilare il coaching ad altri metodi, come il counseling o la PNL in particolare.
Il porre l'accento sulle diversita', piu' che sulle somiglianze, diviene cosi' un'esigenza oltre che una sorta di "garanzia" che preserva l'integrita' del coaching, la sua identita' di metodo di intervento a se stante, dagli indebiti tentativi di assimilazione con altri metodi, che generano spesso confusione (e talvolta diffidenza) sia negli utenti che fanno richiesta di coaching, sia in coloro che intendono intraprendere un percorso formativo per divenire coach.
Non rientra negli scopi di questo articolo illustrare le differenze tra il coaching ed altri tipi di metodi di intervento con i quali spesso viene confuso2.
Tuttavia ritengo necessario fare alcune precisazioni.

Il coach non e' uno psicologo ne' tanto meno uno psicoterapeuta

Per quanto oramai molti psicologi e anche qualche psicoterapeuta (come la sottoscritta), si stiano avvicinando al mondo del coaching, sia per curiosita' sia perche' vogliono intraprendere questa nuova professione, e' indispensabile tenere ben separate queste figure professionali e non sovrapporle.
In un paese come l'Italia in cui la maggioranza delle persone fa ancora molta fatica a comprendere quale sia la differenza tra lo psicologo e lo psicoterapeuta, e' facile capire come si possa incorrere nell'errore di confondere ancor di piu' la situazione introducendo una figura come quella del coach.
In tal senso e' sufficiente dire che il coach non cura e in nessun caso si occupa di disagio psicologico.

Il coach si occupa di persone "sane", supportandole nello stabilire degli obiettivi per poi accompagnarle verso il raggiungimento degli stessi.
In termini piu' generali, il lavoro che svolge il coach e' quello di far si che le persone siano nelle condizioni ottimali affinche' possano sfruttare al meglio le potenzialita' a loro disposizione al fine di migliorare la qualita' della loro vita.

Il coach non e' un consulente

La consulenza, infatti, ha uno scopo circoscritto.
Il consulente e' chiamato a fornire un parere su un quesito tecnico ben identificabile e strettamente collegato con le sue specifiche competenze professionali.
Il coach non fa nulla di tutto questo.
Non da' consigli e non deve neanche essere un "esperto" di un settore specifico, com'e' invece richiesto al consulente.

Il coach non e' un counselor

Come sottolineavo in precedenza, il coaching viene spesso "venduto" come counseling, benche' siano due metodi piuttosto diversi.
E' utile, a questo riguardo, riportare in parte la definizione della professione di counselor  adottata dal CNEL e trasmessa dalla SICo (Societa' Italiana di Counseling):

"Il Counselor e' la figura professionale che, avendo seguito un corso di studi almeno triennale, ed in possesso pertanto di un diploma rilasciato da specifiche scuole di formazione di differenti orientamenti teorici, e' in grado di favorire la soluzione di disagi esistenziali di origine psichica che non comportino tuttavia una ristrutturazione profonda della personalita' (...)"

Queste poche righe sono sufficienti a far comprendere le differenze tra il coach e il counsellor poiche', nonostante sotto certi aspetti il loro lavoro possa essere simile, il coach in nessun caso si occupa della soluzione di "disagi esistenziali di origine psichica".

Il coach non si occupa di risolvere alcunche'

Non fornisce soluzioni, non cura, non da' consigli, non impartisce lezioni, non educa, non si pone come guida, esperto o come modello da seguire, ne' tanto meno propone al suo cliente dei modelli da seguire o cui conformarsi.
Per tali motivi egli non va confuso con il mentor, il tutor, il formatore o l'educatore.
Ancor di piu' non va assolutamente confuso con chi si occupa di PNL.

Ma in pratica chi e' il coach?

Ruolo e Funzione del Coach

In termini estremamente semplici potremmo definire il coach come un catalizzatore del cambiamento.
Nella fattispecie il suo intervento e' volto a stimolare e promuovere la crescita del cliente nel pieno rispetto della sua unicita' e delle sue caratteristiche individuali.
Il coach e' un professionista dedito allo sviluppo delle potenzialita' di un individuo (ma anche di un gruppo, come per es. una squadra, oppure di un'organizzazione, come per es. un'azienda) per il raggiungimento di obiettivi specifici.

Il coach dunque non aiuta (e per tale ragione il coaching non puo' essere collocato tra le relazioni di aiuto), bensi' opera per promuovere l'autosviluppo del cliente (coachee).
Il coach coadiuva la persona nel processo di presa di coscienza, ricerca e sviluppo delle proprie potenzialita' personali.
Il coach stesso e' una risorsa.
Egli non si sostituisce al cliente, piuttosto attraverso la sua tecnica e le sue competenze, diviene il tramite mediante il quale il cliente viene posto nelle condizioni per esplorare le situazioni ed individuare e realizzare i piani di azione per raggiungere i propri obiettivi.
Il coach non fornisce soluzioni, non ha obbiettivi preordinati da proporre al cliente, non insegna ne' trasmette nozioni, non manipola la liberta' di scelta, non propone un proprio modello di comportamento ne' un proprio stile di vita.
Egli piuttosto mira a favorire, nel proprio cliente, un incremento di autoconsapevolezza rispetto alle sue competenze, alle esperienze pregresse, alla creativita', ai suoi punti di forza, affinche' individui autonomamente le proprie soluzioni.
Il coach assolve "soltanto" la funzione di colui che stimola il cliente a individuare e chiarire i propri obiettivi, sostenendolo nel redigere ed a attuare un piano di azione che gli permetta di realizzarli nei tempi che ha stabilito (Crispino et al., 2007).

Il coach fa tutto questo tramite l'accoglienza e l'ascolto attivo, costruendo cosi' con il suo cliente un rapporto di fiducia, una vera e propria alleanza.
Un rapporto quindi fondato sul confronto aperto, rispettoso, costruttivo e libero da pregiudizi affinche' il cliente si focalizzi sulle aree della propria sfera professionale o personale che possono essere migliorate o implementate.

Lo strumento principale a cui si affida il coach nell'esercizio della propria funzione e' ovviamente il linguaggio.

Non di meno il coach non e' soltanto un esperto nell'arte della comunicazione.
Egli deve avere esperienza, una buona dose di intuito, deve saper porre domande in modo incisivo e autorevole, deve fornire feedback mirati e continui, deve motivare e responsabilizzare il cliente nel passaggio dal pensiero all'azione, deve supportarne la concentrazione affinche' non perda di vista gli obiettivi stabiliti.

Ma piu' di ogni altra cosa il coach deve possedere la capacita' di ascoltare in modo profondo ed empatico, sapendo cogliere, oltre a cio' che viene detto, anche cio' che non viene detto.
Egli deve saper utilizzare il silenzio ma avere anche il coraggio di dire la verita', finanche quando questa e' "scomoda" per il cliente.

E' tuttavia necessario tener ben presente che essere coach, oggi in Italia, significa soprattutto essere un pioniere, con tutte le difficolta' che questo comporta in un paese in cui spesso le novita' vengono accolte con un misto di diffidenza e curiosita'.
Essere un coach significa impegnarsi a divulgare una "cultura" del coaching nel nostro paese; vuol dire essere critici verso cio' che viene da oltreoceano o dall'Europa, vuol dire trasformare un metodo nato nel mondo anglosassone, intriso di pragmatismo e comportamentismo americano, e adattarlo alla realta' italiana.
Essere coach vuol dire essere soprattutto professionalmente preparati.
Un coach infatti non e' soltanto un ottimo comunicatore, ne' si limita semplicemente ad applicare le sue conoscenze tecniche e metodologiche (benche' tecnica e metodologia siano fondamentali).
Un coach da' valore alla cultura, in ogni sua espressione, per questo deve avere un eccellente preparazione culturale oltre che teorica.

Essere coach comporta anche l'essere creativi, innovatori, intraprendenti poiche' il coach non cerca lavoro ma lo crea, lo costruisce giorno dopo giorno, aprendo nuovi sbocchi professionali, intercettando la domanda di una clientela potenzialmente vastissima.
E lo fa esprimendo le sue potenzialita' piu' profonde, mettendo all'opera la sua creativita', lavorando al servizio del beneficio altrui.
Infatti, piu' di ogni altra cosa, il coach e' una persona sicura delle proprie scelte esistenziali, costantemente proiettata verso la propria crescita personale, la cura di se'3 (per come l'intendevano gli antichi greci, in tal senso si veda l'Alcibiade di Platone) ed il proprio ben-essere4, al fine di mettersi "al servizio" del "bene altrui".

Riferimenti bibliografici
  • Crispino E., (2006). Un confronto costituzionale tra approcci. In Albano T.,Gulimanoska L., La Psicologia del Coaching. Un modello efficace per le dipendenze. Edizioni Kappa, Roma.
  • Crispino E., Gulimanoska L., (2007). Il Coaching. Un metodo efficace per le dipendenze. In Albano T., Gulimanoska L. (a cura di), In-Dipendenza: un percorso verso l'autonomia. Manuale per la cura e la prevenzione delle dipendenze. Vol.II, Franco Angeli, Milano.
Note
  1. Per un approfondimento sul coaching come metodo preventivo si veda Crispino E., Gulimanoska L., (2007). Il Coaching. Un metodo efficace per le dipendenze. In Albano T., Gulimanoska L. (a cura di), In-Dipendenza: un percorso verso l'autonomia. Vol.II, Franco Angeli, Milano.
  2. Per un approfondimento su tale argomento si veda E. Crispino, Un confronto costituzionale tra approcci. In Albano T.,Gulimanoska L., La Psicologia del Coaching. Un modello efficace per le dipendenze. Edizioni Kappa, Roma, 2006.
  3. Il precetto di prendersi cura di se stessi (epimelèistai eautù) era, per i Greci, uno dei principi basilari della vita nelle citta', una delle regole fondamentali della condotta sociale e personale e dell'arte di vivere. Per noi, oggi, si tratta di un concetto abbastanza oscuro e sfocato, e solitamente, quale precetto fondamentale della filosofia antica, pensiamo piuttosto al precetto delfico "conosci te stesso" (ghnoti sautòn). La nostra tradizione filosofica, secondo Foucault, ha probabilmente esagerato l'importanza di quest'ultima norma di condotta a scapito della prima: nei testi greci e romani il precetto di conoscere se stessi e' sempre associato a quello della cura di se', ed era proprio questo bisogno di prendersi cura di se' che rendeva operativa la massima delfica.
  4. Secondo Martin Seligman, fodatore della Psicologia Positiva ed ex presidente dell'American Psychological Association (APA), il concetto di ben-essere non puo' semplicemente essere associato al concetto di "vita piacevole". L'uomo puo' raggiungere il ben-essere nella misura in cui sviluppa e usa ogni giorno le proprie potenzialita' personali per produrre felicita' autentica e abbondante gratificazione in ogni ambito dell'esistenza: lavoro, amore, educazione dei figli ecc. Per un approfondimento si veda M. Seligman, La costruzione della felicita', Sperling & Kupfer, 2003.

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