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Guarire il trauma di attaccamento: percorsi terapeutici per relazioni più sane

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Guarire il trauma di attaccamento: percorsi terapeutici per relazioni più sane
Come lavoriamo sulle difficoltà relazionali dei nostri pazienti?

L'articolo "Guarire il trauma di attaccamento: percorsi terapeutici per relazioni più sane" parla di:

  • Psicoeducazione sull'attaccamento
  • Identificare e rielaborare i modelli relazionali disfunzionali
  • Monitorare e consolidare i progressi
Psico-Pratika:
Numero 214 Anno 2025

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Articolo: 'Guarire il trauma di attaccamento: percorsi terapeutici per relazioni più sane
Come lavoriamo sulle difficoltà relazionali dei nostri pazienti?'

A cura di: Luisa Fossati
    INDICE: Guarire il trauma di attaccamento: percorsi terapeutici per relazioni più sane
  • Introduzione
  • Fase 1: Psicoeducazione sull'attaccamento
  • Fase 2: Esplorazione delle esperienze relazionali passate
  • Fase 3: Lavorare sui modelli relazionali disfunzionali
  • Fase 4: Costruire nuove esperienze relazionali
  • Fase 5: Monitoraggio e consolidamento dei progressi
  • Conclusioni
  • Bibliografia
  • Altre letture su HT
Introduzione

Il trauma di attaccamento è spesso alla base dei disagi che molte persone sperimentano nelle loro relazioni e che ci portano nei percorsi.
Si manifesta in una serie di difficoltà che vanno da quelle a stabilire legami emotivi profondi, alla paura di abbandono, fino alla tendenza a scegliere partner non disponibili o, addirittura, meschini.
Le persone portano spesso domande come: "perché scelgo sempre persone che mi tradiscono o che dopo un po' diventano fredde?".
Comprendere la teoria dell'attaccamento e il modo in cui influisce sul comportamento relazionale diventa fondamentale per aiutare questi pazienti a superare questi schemi disfunzionali.

La teoria dell'attaccamento, sviluppata da John Bowlby (1969), è diventata un pilastro fondamentale nei percorsi di crescita personale e Psicoterapia.
Secondo questo modello, le prime esperienze relazionali con i caregiver costruiscono la base per i Modelli Operativi Interni (MOI), che sono rappresentazioni interiori di come il bambino percepisce se stesso e gli altri nelle relazioni.
Questi modelli non sono rigidi, ma influenzano profondamente le interazioni future e spesso si ripropongono nelle relazioni adulte. È importante che il clinico aiuti il paziente a riconoscere che le convinzioni negative che ha su se stesso non sono la realtà, ma il risultato di apprendimenti sbagliati acquisiti durante l'infanzia.

Fase 1: Psicoeducazione sull'attaccamento
Guarire il trauma di attaccamento: percorsi terapeutici per relazioni più sane

La prima fase del lavoro terapeutico consiste nell'offrire al paziente una psicoeducazione sull'attaccamento.
È fondamentale che il paziente comprenda che molte delle convinzioni che ha su se stesso e sulle proprie capacità relazionali sono il frutto di esperienze relazionali passate e non rappresentano necessariamente la verità.
Ad esempio, una persona che ha imparato che l'unico modo per ottenere approvazione è essere sempre disponibile o eccellere nei risultati, può sentirsi costantemente sopraffatta nelle sue relazioni adulte da una pressione interna volta alla perfezione e alla disponibilità.

Aiutare la persona a comprendere che le sue convinzioni non sono "la realtà", ma piuttosto una distorsione causata da esperienze relazionali passate, è un passaggio cruciale.
Questa consapevolezza aiuta la persona a sganciarsi dalla trappola della ripetizione di schemi disfunzionali, aprendo la strada alla possibilità di costruire relazioni più sane.

Fase 2: Esplorazione delle esperienze relazionali passate

Una volta che il paziente ha acquisito una comprensione di base dei concetti relativi all'attaccamento, si passa alla fase successiva: l'esplorazione delle esperienze relazionali passate.
In questa fase, il terapeuta aiuta il paziente a ripercorrere le sue esperienze più significative con i caregiver (di solito genitori), identificando come queste abbiano influenzato la sua capacità di formare relazioni sicure o disfunzionali.

L'obiettivo è permettere al paziente di identificare e comprendere i modelli di attaccamento che ha sviluppato nel corso della sua vita.
Questi modelli, che si sono formati attraverso interazioni ripetute con le figure di riferimento, influenzano il modo in cui una persona si relaziona agli altri, tanto nelle relazioni affettive quanto in quelle professionali. Ad esempio, una persona con attaccamento ambivalente può essere incline a entrare in relazioni con partner che non rispondono ai suoi bisogni emotivi, ripetendo inconsciamente il pattern di insicurezza e ricerca costante di conferme.

Fase 3: Lavorare sui modelli relazionali disfunzionali

Una volta che la persona ha acquisito consapevolezza dei propri schemi disfunzionali, è il momento di lavorare attivamente per modificarli.
In questa fase, il terapeuta guida il paziente nel processo di rielaborazione dei Modelli Operativi Interni (MOI), cercando di sostituire le convinzioni disfunzionali con nuove convinzioni più adattive.

I metodi di lavoro in questa fase possono variare in base all'approccio clinico del professionista.
Indipendentemente dal modello scelto però, l'obiettivo resta quello di lavorare sulla trasformazione dei modelli relazionali disfunzionali e di promuovere una visione più sana e funzionale delle relazioni.
Ad esempio, il clinico aiuterà il paziente a mettere in discussione le convinzioni che hanno radici nelle sue esperienze passate, come la paura di non essere amato o la difficoltà a fidarsi degli altri, e a sostituirle con visioni più realistiche e adattive.
La relazione terapeutica di per sé è già un modo potente per sperimentare una relazione diversa che funziona secondo meccanismi diversi da quelli disfunzionali appresi in passato.
L'accettazione positiva incondizionata, l'autenticità del terapeuta e l'empatia, proposte da Carl Rogers, rappresentano condizioni già di per sé intrinsecamente trasformative all'interno di una relazione terapeutica.

In questa fase è importante che il paziente venga accompagnato anche nell'integrazione e nel consolidamento delle risorse.
Il rafforzamento della consapevolezza e della fiducia in se stesso, così come l'identificazione di figure affettivamente sicure, sono aspetti cruciali per il recupero di relazioni più equilibrate e soddisfacenti.

Fase 4: Costruire nuove esperienze relazionali

Una volta che i modelli disfunzionali sono stati modificati, è importante che il paziente abbia l'opportunità di sperimentare nuove modalità relazionali.
Questo può avvenire attraverso esercizi pratici, il rafforzamento delle capacità comunicative e la creazione di situazioni che permettano al paziente di entrare in contatto con relazioni più equilibrate e positive.

Il terapeuta, ad esempio, può aiutare il paziente a riconoscere e sostenere comportamenti che riflettano una più alta autostima, la capacità di chiedere supporto emotivo senza paura del rifiuto, e la creazione di confini sani nelle relazioni.
Questo è un passaggio fondamentale per consolidare i cambiamenti e promuovere una maggiore stabilità emotiva nelle relazioni future.

Fase 5: Monitoraggio e consolidamento dei progressi

Infine, è essenziale che il clinico monitori i progressi del paziente e aiuti a consolidare i cambiamenti ottenuti durante il trattamento.
In questa fase, si può lavorare con il paziente per prevenire le ricadute nei vecchi modelli disfunzionali e supportarlo nel mantenere i progressi fatti.
Inoltre, il professionista può aiutare il paziente a sviluppare una maggiore consapevolezza emotiva e a riconoscere i segnali di eventuali regressioni, intervenendo tempestivamente per evitare che vecchie dinamiche problematiche tornino a manifestarsi.

Conclusioni

Lavorare con il trauma di attaccamento è un processo delicato e profondo che richiede una comprensione teorica solida e una pratica terapeutica attenta.
Gli Psicologi devono aiutare i pazienti a riconoscere che le difficoltà che incontrano nelle loro relazioni non sono colpa loro, ma conseguenza di esperienze di attaccamento disfunzionali.
L'intervento terapeutico mira a modificare questi schemi, creando la possibilità di relazioni più sane e appaganti, promuovendo una maggiore consapevolezza di sé e una rielaborazione delle esperienze passate che possa guidare il paziente verso una vita relazionale più soddisfacente.

Bibliografia
  • Bowlby J. (1969), Attachment and Loss: Volume I. Attachment, Hogarth Press, London
  • Ainsworth M.D.S., Blehar M.C., Waters E., & Wall S. (1978), Patterns of Attachment: A Psychological Study of the Strange Situation, Hillsdale, NJ: Lawrence Erlbaum Associates
  • Cassidy J., & Shaver P.R. (2016), Handbook of Attachment. Theory, Research, and Clinical Applications, The Guilford Press
  • Liotti G., & Farina B. (2011), Trauma, Dissociation, and Memory: A Psychodynamic Approach, Routledge
  • Korn D.L., & Leeds A.M. (2002), The EMDR Handbook, The Free Press
  • Van der Hart O., Nijenhuis E.R.S., & Steele K. (2011), The Haunted Self: Structural Dissociation and the Treatment of Chronic Traumatization, W. W. Norton & Company
  • Knipe J. (2019), EMDR Toolbox: Theory and Treatment of Complex PTSD and Dissociation, W. W. Norton & Company
  • Rogers C.R. (1951), Client-centered therapy: Its current practice, implications, and theory, Boston, Houghton Mifflin
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