|
HT Psicologia Network
Psicologia-Psicoterapia.it
ANIRE - Associazione Nazionale Italiana di Riabilitazione EquestreIppoterapia: Corso di formazione avanzata per Medici e Psicologi - Milano Istituto Galton - Psicologia e NeuroscienzeMaster in Psicologia scolastica - Online Psiba - Istituto di Psicoterapia del Bambino e dell'AdolescenteScuola di specializzazione in Psicoterapia - Milano IIPG - Istituto Italiano di Psicoanalisi di GruppoScuola di specializzazione in Psicoterapia - Roma
PsicoCitta.it
Dott.ssa Gaia MezzoperaPsicologo Psicoterapeuta Riceve a: Cinisello Balsamo (MI) Dott.ssa Mirna VillaPsicologo Psicoterapeuta Riceve a: Savona, Desenzano del Garda (BS) e Brescia Dott.ssa Maria Luisa PomaPsicologo Psicoterapeuta Riceve a: Barcellona Pozzo di Gotto (ME) Dott.ssa Patrizia BoveriPsicologo Psicoterapeuta Riceve a: Castellazzo Bormida (AL)
|
Dialettica della domanda di cura nella clinica contemporanea
scritto da: Dott. Fabio Tognassi Psicologo, Milano
Articolo tratto da psico-pratika - Guarda tutti
gli articoli
Iscriviti alla newsletter
Articolo: 'Dialettica della domanda di cura nella clinica contemporanea'
DIALETTICA DELLA DOMANDA DI CURA NELLA CLINICA CONTEMPORANEA
Gli psicoanalisti sono concordi nell'affermare che nella clinica psicoanalitica "classica" si aveva a che fare con soggetti che mostravano
all'interno del setting analitico il loro piu' profondo statuto di divisione soggettiva, vale a dire che l'insorgere del comportamento e
dell'assetto psichico patologico, e quindi l'acuirsi della sofferenza soggettiva, erano concomitanti con l'insorgere di un sintomo.
Freud defini' il sintomo come una formazione di compromesso tra le necessita' inconsce della pulsione libidica e l'operazione moralizzante
delle istanze interiorizzate durante l'arco dello sviluppo psico-sessuale.
Non mi soffermero' apertamente in questa sede ad approfondire lo statuto freudiano del sintomo; intendo puntare l'attenzione, tuttavia, sulla
natura conflittuale del sintomo come e' stato descritto da Freud.
La clinica classica, intendo la clinica delle nevrosi, quella che ha condotto Freud a postulare l'esistenza dell'inconscio e a formulare una
tecnica di cura centrata sulla parola, e' una clinica del conflitto, clinica del desiderio, clinica della mancanza, diremmo utilizzando un
termine di Lacan - il desiderio infatti esiste solo laddove al soggetto manca qualcosa (non si puo' desiderare cio' che si possiede, e quindi
si desidera sempre cio' che non si possiede).
Il conflitto consiste proprio in una insanabile antitesi tra quel "resto soggettivo" non regolamentato dal processo edipico e le esigenze dettate dall'esistenza dell'Altro* sociale che impone rinunce al corpo pulsionale del soggetto.
Per Freud questo conflitto non lascia presagire alcuna possibilita' di sintesi.
L'umanesimo freudiano e' un umanesimo del disagio, disagio della civilta', come si espresse egli stesso nel suo celebre saggio.
Ebbene, nella clinica contemporanea ci troviamo di fronte ad un reale capovolgimento della strutturazione pulsionale all'interno del soggetto.
Se nella clinica classica l'obiettivo dell'analisi, e quindi dell'analista, consisteva nel condurre il soggetto attraverso le tortuose vie del linguaggio inconscio, fino a svelare il desiderio rimosso, motore del sintomo e del funzionamento sintomatico soggettivo, nella clinica contemporanea questa operazione tesa alla soggettivazione, alla riscoperta del desiderio individuale e' diventata piu' ardua e occorrono molte operazioni preliminari prima che si possa instaurare quell'assetto psichico peculiare (il transfert analitico) che porta il soggetto a formulare la sua domanda di analisi, una domanda di sapere in merito all'enigma del proprio godimento, del proprio "ineluttabile destino di sofferenza".
Formulare questa domanda implica l'assunzione da parte del soggetto di una posizione ben precisa di fronte al proprio inconscio: l'assunzione soggettiva di responsabilita' della propria sofferenza e l'accettazione, in un certo senso, della propria divisione soggettiva - "esiste qualcosa dentro di me che mi porta a compiere sempre gli stessi atti, a seguire ciecamente sempre gli stessi copioni, a portare avanti sempre lo stesso discorso soggettivo, e, pur non rendendomene conto, di cio' io sono in qualche modo responsabile".
Tale processo viene definito "rettificazione soggettiva" e sta proprio a significare questa assunzione di responsabilita' "paradossale" in merito all'ignoto dell'inconscio, a cio' che Lacan defini' il nucleo "estimo" (extime) del soggetto, cio' che gli e' al tempo stesso piu' straniero e piu' familiare, piu' intimo e tuttavia inconoscibile.
Che fine fa questa domanda di analisi all'interno dei quadri clinici dell'anoressia o della bulimia, oppure nelle tossicodipendenze?
Cercheremo di utilizzare l'approccio teorico-clinico formulato da Jacques Lacan per rispondere almeno in parte a questa domanda.
Nell'insegnamento di Lacan la domanda e' l'operatore che trasforma il bisogno individuale fin dalle origini dello sviluppo, e' il vincolo cui e' costretto a sottomettersi l'essere parlante al fine di poter ottenere qualcosa dall'Altro, ad esempio l'altro materno.
Tuttavia, proprio attraverso la formulazione della domanda, a causa del funzionamento delle leggi del linguaggio, qualcosa dell'ordine del bisogno viene catturato e incorporato nel funzionamento dell'ordine simbolico (che Lacan chiama anche ordine significante).
Tale incorporazione comporta una perdita, un resto, un residuo dovuto al fatto che la soddisfazione del bisogno-trasformato-dal-linguaggio non puo' piu' coincidere con l'appagamento immediato del bisogno, con cio' che si richiede all'Altro nel reale.
La domanda implica come tale un riferimento all'ordine significante, al simbolo, all'Altro come garante di questo ordine, ad un terzo sfuggente; infatti, il funzionamento della catena significante (cosi' Lacan chiama il susseguirsi potenzialmente infinito dei significanti, delle parole) con il suo potere di slittamento e' in grado di spostare continuamente il significato da un significante all'altro: e' il potere del simbolo quello di poter rimandare continuamente in maniera infinita un elemento ad un altro.
Questa proprieta' di slittamento del linguaggio (chiamata metonimia significante, spostamento) fa si' che la formulazione della domanda produca un residuo non appagabile dal soddisfacimento del bisogno, un residuo che slitta, scivola via catturato dalla catena significante.
L'assunto di tutta la teoria freudiana in fondo e' proprio questo: il linguaggio (inteso come le strutture sociali, le leggi simboliche della societa' civile) ha il potere di modificare l'assetto pulsionale; se cosi' non fosse, la stessa cura psicoanalitica, come e' stata formulata da Freud, non avrebbe alcun senso.
Lacan, riprendendo quest'assunto, arrivera' a definire l'inconscio in quanto strutturato come un linguaggio, ovvero regolato da leggi linguistiche precise.
L'inconscio e' un discorso, il discorso dell'Altro.
Nell'insegnamento di Lacan queste leggi sono la metafora e la metonimia, figure linguistiche che Lacan fa proprie a partire dalle teorie di linguisti quali Jakobson e De Saussure e che sono del tutto sovrapponibili ai concetti freudiani di condensazione e spostamento.
Dal momento in cui la domanda entra in scena, l'essere parlante si manifesta in tutta la sua natura e lo scarto tra la domanda e il bisogno diventa per Lacan lo spazio proprio del desiderio inconscio: il desiderio e' quel resto che rimane sempre insoddisfatto dalla domanda rivolta verso l'Altro, e per il fatto di non essere soddisfatto non viene mai esaurito, permettendo all'inconscio di continuare a domandare.
Nella clinica contemporanea si parla di indebolimento della domanda di cura.
Con cio' si intende la difficolta' specifica di formulare una domanda sul proprio inconscio, sul proprio funzionamento inconscio.
Ma, osservando le cose piu' da vicino, e' proprio lo statuto della domanda tout court ad essere entrato in crisi nella contemporaneita'.
La domanda nasce dal potere esercitato dalle leggi del linguaggio e della comunicazione sul corpo del soggetto.
Negli assetti sintomatici contemporanei il disagio opera per lo piu' bypassando l'ordine simbolico e iscrivendosi direttamente sul corpo con scarsa capacita' di simbolizzazione.
Nella nevrosi isterica e nella nevrosi ossessiva, al contrario, benche' il sintomo comportasse alterazioni funzionali anche invalidanti dell'assetto corporeo del soggetto (basti pensare alle paralisi isteriche o ai rituali ossessivi studiati da Freud), esso nascondeva un simbolismo peculiare e del tutto soggettivo che occorreva decifrare per sbrogliare il corpo dai suoi significanti padroni** che lo avevano imbrigliato e costretto a riprodurre sempre lo stesso discorso.
Il corpo freudiano e' un corpo che parla, in cui l'inconscio parla (ça parle, direbbe Lacan) e cerca di comunicare la sua verita'.
Nella clinica contemporanea questo succede raramente, o solo dopo un trattamento preliminare della domanda che puo' richiedere anche molto tempo.
Si parla percio' di sintomo senza inconscio, di sintomo che non domanda niente, che non domanda di essere decifrato e riconosciuto, di sintomo che ha perso la sua natura di funzione di compromesso instabile in grado di custodire, tuttavia, la natura piu' segreta del desiderio inconscio e di rappresentare la particolarita' soggettiva di un individuo; e' un sintomo che, non domandando niente, cerca di escludere la presenza dell'Altro, cui la domanda e' sempre rivolta.
Oggi il sintomo invece che essere qualcosa di strettamente particolare e soggettivo si rivela come un'insegna in grado di creare legame sociale, fino ad appiattire l'intera personalita'.
Dire "sono un'anoressica", "sono un tossicomane" oggi comporta l'essere inserito in una categoria sociale ben precisa e poter essere riconosciuto; ed e' proprio questo inserimento, questo riconoscimento simbolico ad essere per il soggetto altrimenti irraggiungibile: il sintomo e' universalizzante e fornisce un nome sociale laddove le strutture edipiche non sono state sufficienti a svolgere questa funzione.
A tale proposito, pensiamo al complesso di Edipo cosi' come lo ha formulato Freud: a causa di tale processo il soggetto e' costretto a cedere del soddisfacimento, del godimento, per ricevere in cambio l'iscrizione all'interno della struttura sociale, per potere avere rapporti umani regolamentati con altri individui.
Tale perdita narcisistica e' il prezzo che la sessualita' deve pagare per poter essere utilizzata come moneta di scambio nel mondo.
La finalita' del complesso edipico e' proprio quella di allacciare il soggetto alla catena dei legami sociali, permettere che venga riconosciuto all'interno della societa' come individuo.
Oggi si assiste ad un indebolimento di questa "ricompensa simbolica" e cio' rende inevitabilmente sempre piu' insensata la rinuncia pulsionale.
Nelle nuove sintomatologie si nota bene come la coazione a ripetere del godimento assuma proporzioni tali da essere del tutto fuori controllo (si pensi al godimento del tossicodipendente ma anche a quello del soggetto bulimico o obeso).
Lacan parlo' di "evaporazione del padre" per spiegare cio' che stava accadendo all'assetto familiare occidentale gia' nei primi anni sessanta.
Nella teoria lacaniana il padre e' quell'operatore di linguaggio in grado di fornire un limite al godimento libidico operando la castrazione simbolica e ordinando l'inconscio secondo le leggi del significante, del linguaggio, ovvero facendo dell'inconscio un discorso (il discorso dell'Altro, poiche' e' l'Altro che produce questa trasformazione e non l'individuo stesso).
Quindi, se all'epoca della nascita della psicoanalisi vigeva la supremazia dell'insegna (paterna), della legge simbolica sul godimento, il che portava alla formazione di sintomi nevrotici strutturati all'interno dell'ordine significante e comunicativo, oggi si assiste al contrario al predominio del godimento sull'ordine simbolico.
Le rinunce diventano sempre piu' insensate, e tuttavia l'individuo necessita di esse, cosi' come di categorie sociali e di insegne in cui prendere posto come soggetto identificabile (a questa funzione supplisce, come abbiamo gia' detto, il sintomo contemporaneo).
Nella clinica contemporanea e' possibile notare come, da un lato, l'indebolimento della domanda intesa come funzione in grado di chiamare in causa l'Altro e, dall'altro, l'innalzamento del godimento non castrato allo zenith, rendano piu' difficile il trattamento.
Se la legge edipica produce un soggetto che parla e non gode, oggi, al contrario, il soggetto gode e non parla, e percio' non domanda e non desidera.
L'inconscio e' precluso, lontano e la sua voce e' fortemente indebolita.
Tutto cio' ci appare molto chiaramente se osserviamo piu' da vicino la struttura dei sintomi contemporanei: il sintomo e' sempre correlato ad un "oggetto di godimento specifico", un oggetto narcisistico il cui scopo e' quello di vincolare a se' gran parte della vita psichica del soggetto.
Per l'anoressica questo oggetto e' l'immagine riflessa nello specchio (nonche' il cibo da cui questa immagine e' irrimediabilmente dipendente); nell'obesita' e nella bulimia e' ancora il cibo ad occupare il posto del padrone; per il tossicomane e' la sostanza stupefacente.
Che ruolo svolgono gli oggetti di consumo all'interno del discorso sociale contemporaneo, definito da Lacan "discorso del capitalista", in sostituzione del "discorso del padrone" vigente all'epoca di Freud?
Il discorso sociale contemporaneo fomenta, attraverso la spinta al consumo, il godimento non regolamentato.
Oggi gli oggetti di consumo promettono la felicita' riducendo regressivamente e illusoriamente lo statuto del desiderio e della domanda a quello del bisogno.
Tali oggetti vengono utilizzati come passe-partout per chiudere in maniera semplicistica la questione soggettiva col desiderio e con la domanda rivolta all'Altro.
Possiamo a questo punto chiederci che fine ha fatto l'inconscio oggi, indebolito nel suo statuto comunicativo, lontano e a volte irraggiungibile, nonche' soffocato da oggetti che pretendono di chiudergli la bocca e non farlo parlare, fomentando l'illusione di poter escludere l'Altro dal proprio mondo psichico, provocando tuttavia come contraccolpo l'esilio "volontario" del soggetto da se stesso e dalla ricchezza del proprio mondo interiore.
*Altro
Lacan introduce il termine Altro intorno al 1955 per designare quel luogo proprio dell'ordine simbolico, differenziandolo da quello dell'altro (scritto con la "a" minuscola) che rappresenta al contrario il luogo del "simile", degli altri particolari che hanno la capacita' di plasmare l'io dell'individuo, ovvero cio' che nell'insegnamento di Lacan condensa quanto di piu' fasullo all'interno dell'assetto di personalita'.
Se l'altro e' l'altro in quanto simile, in quanto alienante, avendo il potere di plasmare l'individuo in funzione della propria immagine, l'Altro e' quell'elemento terzo che esiste laddove circola la parola e a cui si rivolge l'inconscio, quell'Altro di cui l'inconscio e' il discorso e attraverso il quale l'inconscio punta per ottenere la sua soddisfazione simbolica; nel primo insegnamento di Lacan, infatti, il desiderio inconscio e' inteso come desiderio di riconoscimento, desiderio di essere ascoltato e riconosciuto nell'azione di proferire la propria verita'; e questo riconoscimento puo' venire elargito soltanto dall'Altro simbolico, l'Altro del linguaggio che accoglie la domanda del soggetto.
**Significanti padroni
Con questa espressione si intende precisare la funzione "coercitiva" che alcuni significanti, alcuni simboli, svolgono all'interno della strutturazione psichica del soggetto, rendendolo servo e costringendolo a produrre sempre gli stessi "oggetti", gli stessi prodotti psichici che costituiscono il risultato di questa vera e propria "catena di montaggio inconscia".
BIBLIOGRAFIA:
Freud, S.,
- (1905), Tre saggi sulla teoria sessuale, in Opere, Vol. III, Bollati Boringhieri, Torino.
- (1915-17), Introduzione alla psicoanalisi, in Opere, Vol. VIII, Bollati Boringhieri, Torino.
- (1925), Inibizione, sintomo e angoscia, in Opere, Vol. X, Bollati Boringhieri, Torino.
- (1929), Il disagio della civilta', in Opere, Vol. X, Bollati Boringhieri, Torino.
- (1932), Introduzione alla psicoanalisi (nuova serie di lezioni), in Opere, Vol. XII, Bollati Boringhieri, Torino.
Lacan, J.
- (1953), Funzione e campo della parola e del linguaggio in psicoanalisi, in Scritti, Vol. I, Einaudi, Torino.
- (1954-55), Il Seminario. Libro II. L'io nella teoria di Freud e nella tecnica della psicoanalisi, Einaudi, Torino.
- (1956-57), Il Seminario. Libro IV. La relazione d'oggetto, Einaudi, Torino.
- (1957), L'istanza della lettera dell'inconscio o la ragione dopo Freud, in Scritti, Vol. I, Einaudi, Torino.
- (1959-60), Il Seminario. Libro VII. L'etica della psicoanalisi, Einaudi, Torino.
- (1969-70), Il Seminario. Libro XVII. Il rovescio della psicoanalisi, Einaudi, Torino.
Miller J.-A.; Laurent E.
- (1996-'97), "L'Autre que n'existe pas et ses d’éthique", corso tenuto presso il Dipartimento di Psicoanalisi di Parigi VIII. Inedito.
|
|