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Il disturbo narcisistico della personalità vissuto dal partner
L'articolo " Il disturbo narcisistico della personalità vissuto dal partner" parla di:
- Disturbo narcisistico: cause ed effetti
Caso clinico: intervista a F. Possibili interventi di aiuto e supporto psicologico
Articolo: 'Il disturbo narcisistico della personalità vissuto dal partner'
INDICE: Il disturbo narcisistico della personalità vissuto dal partner
- Introduzione
- Il Disturbo narcisistico della personalità
- L'intervistata
- L'intervista
- Conclusioni
- Bibliografia
- Altre letture su HT
Introduzione
Avere una relazione sentimentale significa instaurare un rapporto basato sull'amore, sulla fiducia e, soprattutto, sul rispetto reciproco.
A volte, invece, si perdono di vista questi "pilastri" e, senza nemmeno rendersene conto, si viene assorbiti da un legame malsano in cui si
viene totalmente manipolati, perdendo di vista la propria identità.
Questo è ciò che è capitato a F., la quale si è offerta di lasciare una sua testimonianza in cui racconta la storia
vissuta con un ragazzo che ha manifestato comportamenti che sembrano riconducibili al disturbo narcisistico della personalità.
Il Disturbo narcisistico della personalità
Il disturbo narcisistico della personalità rientra nel Cluster B dei disturbi della personalità, insieme al disturbo
antisociale*, al disturbo
borderline*
e al disturbo istrionico*. Le persone affette da
tale disturbo necessitano di essere oggetto di ammirazione, venerazione e approvazione, mancano di empatia e utilizzano gli altri per i propri
scopi, attraverso un atteggiamento arrogante e di disprezzo.
Da ricerche effettuate si evince che le cause potrebbero essere sia ereditarie (nel caso di genitori o altri stretti parenti con disturbi
della personalità) che ambientali. In quest'ultimo caso, si distinguono diverse possibilità:
- presenza di una famiglia che supporta un'immagine grandiosa del bambino;
- marcata permissività e indulgenza nei confronti del soggetto, che lo porta a pensare di poter fare qualsiasi cosa voglia senza limiti,
né norme da seguire, determinando così il suo senso di superiorità;
- sviluppo di un Sé grandioso come misura difensiva a seguito di episodi di bullismo nei suoi confronti.
Le persone con disturbo narcisistico di personalità hanno un atteggiamento sfruttatore e manipolatore e, per questo, hanno difficoltà
ad instaurare relazioni profonde e a riconoscere i sentimenti e i bisogni altrui; improntano relazioni opportunistiche e superficiali, che se
non procedono secondo la propria volontà, generano rabbia.
Agli occhi delle altre persone possono apparire semplicemente individui superficiali, frivoli, egoisti ma, in realtà, si tratta di una
patologia che li porta a soffrire profondamente nel momento in cui non ottengono ciò che credono di meritare e se non viene appagato il
loro assoluto desiderio di essere considerati speciali. Se, ad esempio, il titolare per cui lavorano non li riconosce come "i migliori", vengono
lasciati dal partner o perdono una competizione, crescono in loro sentimenti di vergogna, rabbia e paura; nel momento in cui arriva la consapevolezza
di non essere perfetti, spesso cadono in depressione o abusano di droghe per tentare di fuggire da questo pensiero.
I soggetti con disturbo narcisistico della personalità difficilmente si recano da un terapeuta, sovrastimando le proprie capacità
e ignorando la necessità di un sostegno psicologico. Tuttavia, le terapie maggiormente utilizzate per tale patologia sono quella
farmacologica - per provare a stabilizzare l'umore - e quella cognitivo-comportamentale, per provare a far sviluppare in loro empatia ed
eliminare i comportamenti manipolatori.
L'intervistata
La destinataria dell'intervista è F., una bella ragazza di circa 30 anni che svolge da anni uno stabile lavoro di impiegata.
F. ha avuto un'infanzia molto difficile, a causa dell'alcolismo del padre che lo conduceva spesso ad atti di violenza. Aveva cercato rifugio
nella figura della maestra delle elementari, la quale, invece di esserle di conforto, la sgridava ripetutamente ed ingiustamente, arrivando, a
volte, anche "alle mani" (proprio per episodi di questo genere venne poi licenziata quando F. frequentava la 3^ elementare).
Durante l'adolescenza è stata tradita più volte da quelle che considerava "migliori amiche": mentre si confidava con loro
circa i suoi sentimenti nei confronti di ragazzi che stava iniziando a frequentare, esse intraprendevano relazioni con questi.
Le sue storie sono sempre state con uomini che, per lo più, non la apprezzavano come persona, ma solo per la sua estetica.
L'intervista
- Come hai conosciuto X?
- Io e X ci siamo conosciuti in un locale, ma non parlammo molto; ci scambiammo numero di telefono e contatto facebook.
- Cosa ti aveva colpita di lui?
- Mi aveva colpita esteticamente, ma non uscii subito con lui perché era più piccolo di me di 4 anni e perché aveva
un figlio, cosa che io vedevo come "limite" per un possibile rapporto. Erano passati 7 mesi (ricchi di "mi piace" e commenti alle mie foto
su facebook) prima che accettassi il suo invito e tutto è iniziato da quel primo appuntamento, lo scorso settembre.
- Come si comportava nei tuoi confronti?
- Inizialmente si comportava in modo molto tranquillo, con varie carinerie; aveva sempre un argomento pronto, era brillante, simpatico, mi
piaceva stare ad ascoltarlo. Mi riempiva di complimenti e di coccole.
Uscivamo spesso e a lui piaceva particolarmente andare al cinema. Poi, di colpo, abbiamo smesso; stavamo sempre a casa mia e quando chiedevo
il motivo, mi rispondeva: "A me non piace uscire... Prima lo facevo solo per far contenta te".
- Hai iniziato ad avere qualche sospetto circa il suo comportamento?
- Ho iniziato ad avere sospetti dopo 2 mesi circa, quando mi ero accorta che raccontava bugie qua e là e che mi "teneva nascosta"
su tutti i social.
- Cosa intendi con "tenere nascosta"?
- Postava stati da single, metteva commenti su foto di altre ragazze, continuava a chattare con tutti/tutte; anche quando faceva attività
insieme a me, io non venivo mai menzionata. Non considerava più la mia pagina facebook e mi era proibito pubblicare foto insieme a lui
o mi minacciava, in modo piuttosto violento, di lasciarmi.
- E tu ti sei attenuta alle sue regole?
- Inizialmente sì, anche perché mi aveva detto che se avesse saputo di noi la madre di suo figlio, per dispetto, non glielo
avrebbe più fatto vedere; però a febbraio ho fatto di testa mia e ho pubblicato la prima foto insieme, in modalità
"pubblica". Da quel momento mi contattarono molteplici persone. Scoprii un mondo...
- Cosa ti scrissero?
- Una di queste persone mi scrisse che aveva "rapporti fisici" con lui dal mese di luglio e me lo provò, inviandomi screenshots delle
loro conversazioni.
- E hai pensato subito di perdonarlo?
- La cosa paradossale è che non ero io a doverlo perdonare, era lui a dover perdonare me perché era colpa mia se lui mi aveva
tradita. All'inizio si era "giustificato" dicendo che la conosceva da prima di stare con me e poi asserendo che da dicembre litigavamo sempre
per colpa delle mie gelosie relative ai social networks.
- E tu effettivamente ti sentivi in colpa?
- Sì, è vero che avevo fatto scenate di gelosia (che comunque, in effetti, avevano un perché). Un episodio eclatante
è accaduto proprio a dicembre, quando lo vedevo, molto spesso chattare con una ragazza di Roma. Gli avevo chiesto chi fosse e lui aveva
replicato che si trattava di una cliente, a cui faceva consulenza on-line a pagamento; ero arrivata a dirgli che lo avrei pagato io per non
sentirla più e cancellarla dalle amicizie, ma la sua risposta era stata che avrei dovuto essere io a bloccarlo, in modo da "non vedere
i suoi contatti e non starci male".
- Tornando alla scoperta del tradimento, X ti aveva dunque perdonata?
- Sì, mi ero scusata e gli avevo chiesto di restare insieme e, dopo giorni di limbo da parte sua, continuammo la nostra storia, per
poi scoprire, circa 10 giorni dopo, un'altra relazione che andava avanti da più di un anno.
- X stava insieme ad un'ennesima ragazza?
- Non proprio. Da parecchi mesi avevo notato che una ragazza sbirciava le mie storie su Instagram e, come unica persona comune, avevamo X.
Dopo aver scoperto il primo tradimento, avevo deciso di contattarla. Lo scorso ottobre avrebbero fatto un anno insieme, ma, nonostante i
comportamenti di X, era stato proprio lui a lasciarla per comportamenti che non gli erano piaciuti (probabilmente l'eccessiva gelosia nei suoi
confronti), ma che non aveva voluto approfondire. A differenza mia, però, lei aveva conosciuto tutta la sua famiglia (compreso il bambino).
Ho scoperto, collegando i pezzi, un mucchio di frottole. Ero stata riempita totalmente di bugie.
- E a questo punto cosa decidesti di fare?
- Nulla. Lasciai perdere e continuai la relazione. Credevo di essere innamorata di lui e non volevo perderlo. Tutto proseguì così
finché arrivammo ad un'altra discussione, in cui scoppiai, affermando che sapevo tutto anche dell'altra ragazza con cui era stato insieme,
a mia insaputa, fino ad ottobre. Lui, una volta appreso che avevo parlato con lei, era diventato una iena, gridava che non avrei dovuto indagare
sul suo passato e che questo mio comportamento equivaleva a 10 tradimenti! Per circa due settimane non lo vidi, anche se io continuavo a scrivergli
chiedendogli scusa. Ero talmente manipolata da lui che effettivamente pensavo che non avrei dovuto contattare quella ragazza. Comunque, alla
fine ci riappacificammo.
- Quanto è durato questo periodo di pace?
- Ad oggi credo che sia stata una finzione anche quel "ritorno", dato che non mi considerava più ed era sempre attaccato al cellulare.
Mi sentivo completamente sola e sembrava che lui facesse apposta ad amplificare gli atteggiamenti che in passato mi avevano fatta soffrire.
- Ad esempio?
- Aveva creato un nuovo profilo facebook senza accettare la mia richiesta di amicizia. Io piangevoe pensavo "non mi aggiunge perché
le poche persone che sapevano di noi, sapevano anche della rottura ma probabilmente non il fatto che siamo tornati insieme". Piangevo sempre,
anche davanti a lui. Gli ultimi giorni che era venuto a casa mia, nel mese di aprile, ho cercato di spiegargli il mio malessere, dovuto anche
al fatto che non mi accettasse su facebook e lui aveva replicato: "Mi stai vivendo in carne ed ossa... cosa piangi a fare???".
Ma ovviamente iniziammo a discutere perché ero stufa di vederlo aggiungere mille ragazze, che lo chiamavano "amore"...
- E perché, dopo tutti questi maltrattamenti, non hai pensato di lasciarlo?
- Nonostante sapessi che fosse un rapporto malsano, non volevo perderlo; lo avevo idealizzato per come si era presentato i primi due mesi...
per me lui era "quella persona".
- Quindi restavi ancorata all'immagine che avevi di lui nei primi mesi, senza tener conto dei cambiamenti che forse ne svelavano la reale
personalità?
- Sì, vivevo nell'illusione che potesse tornare com'era nei primi mesi. Invece, da quando "eravamo tornati insieme" l'ultima volta,
aveva iniziato anche a schiaffeggiarmi "per gioco"; alle volte mi faceva male, "ma è un gioco" pensavo.
Una volta, sempre per gioco, aveva provato a stringermi forte il collo. Mi ero spaventata a morte e lui, ridendo, mi disse: "Mi piace il
terrore nei tuoi occhi... Com'è vedere la vita che ti scorre davanti?";. Però anche lì scherzava, rideva.
Un'altra volta disse che le mie lacrime erano la sua forza, ma se piangevo troppo, affermava che "le vere donne non piangono".
Ogni parola, nelle discussioni, mi tornava indietro come un boomerang, mi metteva in bocca parole mai dette. Descrivevo solo la situazione per
quella che era in realtà e lui replicava: "Se pensi che io sia così orribile perché continui a stare con me?";
"Perché ti voglio bene...", rispondevo, ma non venivo nemmeno ascoltata.
- Non hai pensato che ci potesse essere qualcosa che non andasse in lui?
- Sì, ero arrivata al punto di chiedergli di farsi aiutare da uno psicologo per capire la ragione per cui trattava le donne come
oggetti, oltre ad essere totalmente ossessionato dai social networks.
- Ha accettato la proposta?
- All'inizio sembrava che l'avesse presa in considerazione, chiedendomi di andarci insieme; io ero d'accordo perché anche a me sarebbe
piaciuto capire il motivo per cui gli permettevo di trattarmi così, ma poi, all'ennesima discussione, cambiò idea, definendomi
"pazza" e affermando che se dopo 7 mesi ci serviva già una terapia di coppia, non aveva senso stare insieme.
- Non parlavi con nessuno dei suoi comportamenti?
- Mi confidavo con 3 amiche strette e con alcuni familiari. Tutti erano unanimi nel dirmi di lasciarlo, che mi attribuivo colpe non mie e
che stavo affondando. Effettivamente avevo perso 10 kg in un mese e mezzo e non uscivo più di casa. Da una parte avrei voluto avere la
forza di lasciarlo, ma dall'altra non ci riuscivo; stavo troppo male al pensiero di stare senza di lui e credevo di essere io a sbagliare
sempre tutto.
- Come hai fatto ad uscirne?
- Alla fine mi ha lasciata lui, a fine aprile, perché avevo contattato una ragazza che aveva su facebook, con cui chattava spesso e,
anche se l'avevo pregata di non farlo, lei glielo aveva riferito. Mi aveva lasciata telefonicamente, dicendo che non era possibile continuare
a litigare per facebook, ma poi sembrava che, come sempre, le cose si fossero risolte, tanto che avevamo deciso di vederci una sera. Quando
arrivai sotto casa sua e lo vidi scendere in tuta, però, capii che non aveva intenzione di andare da nessuna parte. Avevo fatto i salti
mortali per essere lì, ma invece mi trovavo lì solo per essere lasciata di persona, in modo pessimo e aggressivo. Da lì
è sfociata una lite furibonda perché io gli mostravo i messaggi grazie ai quali credevo che fossimo tornati insieme, lui negava,
ma più gli leggevo i messaggi scritti da lui e più diventava rosso dalla rabbia. Lui urlava e io piangevo... ma anche in quella
circostanza non volevo che mi lasciasse. Lui aveva affermato che non gli interessavano le mie giustificazioni perché tanto aveva preso
la sua decisione definitiva.
- Ed è poi tornato sui suoi passi?
- No, il giorno dopo la rottura ho scritto la nostra storia sulla sua bacheca; mi è servito solo a ricevere i commenti di presa in
giro dei suoi amici e le sue definizioni di "pazza" e "stalker", dopodiché mi ha bloccata.
- E adesso come ti senti?
- Sono single da poco più di un mese, ma non ne sono completamente uscita. Alterno pianti per la mancanza di chi aveva finto di essere
i primi due mesi a pianti di rabbia per tutto quello che mi ha fatto passare.
- Tu non hai pensato di andare in terapia per essere aiutata a superare questa esperienza?
- Sì, ci ho pensato, ma per il momento ho lasciato perdere anche se, probabilmente, sarebbe la cosa migliore da fare. Spero che anche
X prima o poi si rivolga a qualche specialista.
Conclusioni
Rileggendo l'intervista svolta, mi sembra di cogliere, oltre ad un disturbo narcisistico, una vena di sadismo sessuale; esso fa parte delle
parafilie e, più in generale, dei disturbi sessuali. In esso il soggetto prova esaltazione dall'umiliazione e sofferenza fisica e psichica
della vittima (che nella maggior parte dei casi è consenziente), tramite azioni reali e non simulate. Anche la nostra intervistata,
nonostante fosse terrorizzata, permetteva al suo partner di manifestare queste fantasie, seppur sporadiche, di totale controllo su di lei.
Nonostante adesso sia consapevole della negatività della sua relazione passata e, piano piano, stia tentando di riprendersi, credo
che le sarebbe di grande aiuto un supporto psicologico per poter rinforzare la propria autostima e capire perché ha permesso ad X di
trattarla in questo modo.
Sarebbe, altresì, utile partecipare a terapie di gruppo, in cui potrebbe trovare solidarietà e un aiuto reciproco da chi ha
subito i suoi stessi maltrattamenti.
Bibliografia
- Rifelli G., (1988), Psicologia e psicopatologia della sessualità, Bologna, Il Mulino
- Sanavio E., Cornoldi C., (2001), Psicologia Clinica, Bologna, Il Mulino
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