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Coronavirus: riflessioni sulla pauraL'articolo "Coronavirus: riflessioni sulla paura" parla di:
Articolo: 'Coronavirus: riflessioni sulla paura'A cura di: Claudia Nissi Collaboratore HT
IntroduzioneIn questo articolo cerco di rispondere alla domanda sul perché dilaga la paura del contagio mentre altri fenomeni come lo scioglimento dei ghiacciai o ad esempio il numero elevato di incidenti d'auto mortali fanno meno paura. Riporto di seguito alcune frasi che circolano sul web: «In Italia attualmente il coronavirus ha una percentuale di mortalità del 3%, mentre gli incidenti stradali dell 44,7%. Alla luce di ciò, anziché assaltare i supermercati e girare con le mascherine, evitate di bere e posare i cellulari quando siete alla guida» «L'influenza stagionale ha una mortalità superiore a quella prodotta dal coronavirus» «Lo scioglimento dei ghiacciai è più pericoloso del coronavirus, ma non ne parla nessuno» Al di là della veridicità di questi numeri o affermazioni, mi sembra opportuno valutare questo fenomeno di "isteria o psicosi collettiva", che ha portato le persone a muoversi tra "è arrivata la fine del mondo" e "è solo un fenomeno mediatico". La pauraVi confesso che anch'io ho paura del Covid-19, ma la paura è emozione sana che ci allerta su una minaccia non bene identificata, permette una reazione anche nel mondo animale che favorisce la sopravvivenza ed è pertanto assolutamente positiva entro certi livelli. Quindi un sano livello di paura permette di prendere delle precauzioni (es. lavarsi le mani, non toccare viso, occhi o bocca quando si è in posti pubblici, ecc.) per ridurre la possibilità di contagio. Proprio da questa paura nasce la mia riflessione sul perché il coronavirus ha avuto un impatto così forte provocando un fenomeno di psicosi sociale. Chi prende in mano un cellulare alla guida pensa "l'incidente non può succedere a me"; chi si accende una sigaretta e legge sul
pacchetto "nuoce gravemente alla salute", continua a dirsi da anni "smetto quando voglio". Sullo scioglimento dei ghiacciai gioca a mio avviso una diffusione di responsabilità che riduce "l'altruismo" ad agire. Se le circostanze sono ambigue e gli altri non fanno niente, quel pericolo sarà definito a livello sociale come inoffensivo, invece la misura preventiva di chiudere le scuole ma soprattutto le azioni intraprese dai singoli individui per evitare il contagio, come l'incetta di amuchine, di mascherine e di cibo, aumenta la paura percepita, in quanto gli altri stanno effettivamente intervenendo sul "problema". Affiliazione e bisogno di contatto socialeGli psicologi sociali hanno sottolineato che nei casi di "minaccia" la persona avrà con maggiore probabilità il desiderio di stare con gli altri. I motivi sono i seguenti:
La percezione di far parte di un gruppo, "dell'essere sulla stessa barca" o "sotto lo stesso cielo" può favorire inoltre il "contagio
emotivo". Conclusioni per punti
Intanto dilagano le barzellette sul coronavirus. Altre letture su HT
Commenti: 21 Elisabetta alle ore 09:50 del 07/04/2020 Questo articolo è preciso e ben strutturato, il concetto emerge in modo semplice ed efficace. È vero che le paure sono differenti a seconda del grado di responsabilità che ci "coinvolge da vicino" ... la mia domanda è... cosa impareremo da tutta questa paura.... Complimenti alla dott.ssa Nissi per questa brillante riflessione. 2 Claudia Nissi alle ore 13:22 del 07/04/2020 Ciao Elisabetta, Grazie della domanda. Ti rispondo con le parole dell’Arcivescovo Antony Bloom che ho trovato citato nel testo di J. Bowlby (Attaccamento e perdita, 1975): “Le persone sono molto più grandi e forti di quanto immaginiamo, e quando arriva una tragedia inaspettata (...) le vediamo spesso crescere fino a una statura che supera di gran lunga tutto ciò che possiamo immaginare. Dobbiamo ricordare che la gente è capace di grandezza d’animo, di coraggio, ma non da sola (...). Occorre come condizione un’unità umana solidamente legata in cui ciascuno sia pronto a portare il fardello degli altri.” Queste parole pronunciate nel corso di una commemorazione nel 1969, si fanno ancora più forti in questo momento storico in cui siamo chiamati a una responsabilità personale che influisce direttamente sul benessere degli altri. La paura ci può rendere schiavi di infinite strategie di protezione, ma la libertà di ognuno di noi sta nel scegliere consapevolmente come voler usare questa paura. La linea tra benessere e malessere può essere molto sottile e penso che questo periodo ci possa insegnare ad attivare delle risorse, ad esserci per gli altri anche a distanza, a esserci per noi nella solitudine di queste giornate, a continuare a vivere ogni momento di questa forzata “quarantena” con la consapevolezza di aver perso momentaneamente quello a cui prima eravamo abituati. Far tesoro di questa paura ci porterà di nuovo a guardare la vita con gli occhi dei bambini, riscoprendo la bellezza del mondo, osservato semplicemente da un’altra prospettiva. Nella misura in cui ognuno di noi, riuscirà a portare con sé nel cammino il valore assoluto della paura, che oggi ci tiene a casa come difesa per noi e per gli altri, possiamo dire che questo vissuto ci avrà insegnato molto di più di quanto si potesse sperare. Cosa ne pensi? Lascia un commento
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