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Il complesso di Medea: figlicidio al femminile e al maschileL'articolo "Il complesso di Medea: figlicidio al femminile e al maschile" parla di:
Articolo: 'Il complesso di Medea: figlicidio al femminile e al maschile'A cura di: Valentina Zappa Autore HT
IntroduzioneIn questo articolo descriviamo il figlicidio attraverso tre esempi (2 al femminile ed infine 1 al maschile) e cerchiamo di rapportare gli esempi con il mito di Medea. Figlicidio, infanticidio e neonaticidioSecondo indagini psicologiche/criminologiche la maggior parte dei figlicidi, ossia l'uccisione da parte di un genitore del proprio figlio quando la vittima ha più di un anno, sono stati commessi più frequentemente da madri con un certo tipo di caratteristiche o che nella storia della propria vita hanno vissuto esperienze particolari:
In criminologia esso si distingue dal neonaticidio, che avviene nell'immediatezza della nascita, e dall'infanticidio, che avviene entro il primo anno di età del bambino. La Sindrome di MedeaNegli esempi citati sopra volutamente non è stata presa in considerazione la conflittualità con il partner, per poterla
trattare in modo più compiuto in questo secondo paragrafo. Medea nella mitologia greca era esperta in arti magiche ed era figlia di Eete, re della Colchide, custode del Vello d'oro. Quando arrivarono
gli Argonauti, presa dall'amore per Giasone lo aiutò a conquistare il vello d'oro, uccidendo il proprio fratello; dopo il tradimento
alla patria e la perfidia verso la sua famiglia, fuggì con Giasone e visse con lui pacificamente, finch´ il re greco Creonte
propose di dare la propria figlia in sposa a Giasone, il quale accettò. Resnick definisce questo omicidio "un attentato deliberatamente concepito per far soffrire il proprio coniuge"; lo Psichiatra inglese P. T. D'Orban delinea madri che uccidono i figli per rivalsa, descrivendo la presenza di situazioni vacillanti e conflittuali con il coniuge; il Direttore del Dipartimento di Psichiatria Forense dell'Università Saint Louis del Missouri Alan R. Felthous riprende il pensiero di Resnick secondo cui, in questi casi, l'aggressività viene spostata sul figlio, il quale rappresenta la personificazione tangibile della fonte della propria sofferenza, ma anche un antagonista meno temibile rispetto all'adulto; il Criminologo e Psichiatra forense Italiano Roberto Catanesi e il Criminologo G. Troccoli, infine, commentano questo "tipo" di figlicidio, dichiarando che "il bambino viene utilizzato come un vero e proprio strumento, con la finalità di creare sofferenza o attirare attenzione da parte di chi è il vero oggetto della propria ostilità" e solitamente l'azione è preceduta da un evento che funge da fattore scatenante (ad esempio un'ennesima lite con il partner). Passiamo ora a descrivere brevemente i 2 casi di figlicidio da parte di madre. Primo Caso: conflitti coniugali, violenza e delirio di persecuzioneUna madre ha ucciso, soffocandola, la propria bambina di un anno e mezzo; quando sono arrivati gli agenti poco dopo il delitto, la donna
era sotto shock e le sue uniche parole erano state "la bambina era in preda ad una crisi di tosse... con mio marito la situazione è
difficile". Secondo Caso: minacce, conflitti e paura di perdere la figliaLa donna, dopo un litigio con il convivente, perdeva il controllo e lanciava dalla finestra la figlia di quasi due anni. RiflessioniI casi esposti hanno molte analogie con il mito di Medea, sia per i dissapori tra i partner che per l'utilizzo del proprio figlio come
mezzo per nuocere all'altro; è anche evidente il senso di onnipotenza materna, per cui la madre si erge come giudice di vita e di morte
per la propria "creatura" e la volontà di estromettere il padre per avere il possesso totale sui figli. Nonostante ogni situazione sia totalmente diversa dall'altra, i disturbi più frequenti da cui risultano affette tali madri sono appunto disturbi psicotici, disturbi dell'umore (depressione), dipendenza da sostanze, disturbi della personalità, accompagnati da una condizione di instabilità familiare e dalla mancanza di un supporto emotivo. Medea al maschileAnche se con meno frequenza, esistono padri che tolgono la vita ai propri figli per una ritorsione nei confronti delle mogli. Anche in loro sono presenti gli analoghi sentimenti di vendetta, di onnipotenza, di incapacità nel rispettare il bambino come persona, usandolo come "arma". Riporto l'esempio di un padre che chiamava ambulanza e polizia, dichiarando che il proprio figlio di 10 anni durante la notte si era gettato
dalla finestra della sua abitazione. Informava che si era separato dalla moglie qualche mese prima e che, nel corso della sera, aveva rimproverato
il ragazzino di riferire troppe cose - che lui gli diceva in confidenza - alla madre. In effetti la depressione psicotica (*) è tra le patologie più frequentemente citate dagli Autori che si occupano di questo tema. Solitamente è seguita dal suicidio del genitore stesso, che vuole sottrarre anche il proprio figlio dalle atrocità del mondo. In questo caso il padre "omicida" si considera "una mosca bianca" poiché ha avuto il coraggio di rimanere in vita e confessare invece di "sparire" ammazzando anche se stesso. ConclusioniLe "Medea" dei giorni nostri cercano di autoconvincersi e di far credere agli altri di commettere il figlicidio per "altruismo", per "estremo
atto d'amore", sottraendo i propri bambini ad ogni sofferenza e proteggendoli da un futuro di infelicità. Oltre a "Medea" c'è un altro mito ancora più cruento che parla di una situazione analoga: Ovidio nelle Metamorfosi racconta che Tereo, re della Tracia, ebbe in moglie Procne, figlia del re di Atene, che però in quella terra di barbari soffriva e chiese la compagnia della sorella Filomena. Il marito la accontentò, ma durante il viaggio per portare Filomena dalla propria consorte venne colto da passione e la violentò, per poi reciderle la lingua. Anche se Filomena non poteva più parlare, trovò il modo di raccontare tutto alla sorella, tramite un ricamo in cui rappresentò la vicenda. Procne si vendicò del marito uccidendo il proprio figlio e dandoglielo in pasto. È vero che i miti rappresentano eventi eccezionali, ma la frequenza nella ricorrenza di tali temi fa pensare che eventi del genere
accadessero più spesso di quanto pensiamo. Non è facile riuscire a capire quando queste condizioni possono arrivare a sfociare nell'uccisione del figlio, ma ciò che ognuno può fare è ascoltare, porre attenzione allo stato emotivo altrui; sia i familiari che, soprattutto, i sanitari (medici di base, pediatri, ecc.) dovrebbero ricevere un'adeguata formazione professionale anche dal punto di vista psicologico, per potere, nel caso sospettassero qualcosa o vedessero una madre particolarmente stressata, approfondire le cause, donando un supporto empatico e consigliando terapie psicologiche di coppia o individuali. Bibliografia
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Commenti: 41 Michela alle ore 10:29 del 03/10/2017 molto interessante. Grazie 2 Valentina alle ore 10:52 del 05/10/2017 Grazie a lei! 3 Erminia De Paola alle ore 18:37 del 12/10/2017 Il mito credo possa essere una chiave di lettura per entrare nel mondo pulsionale e primordiale dell'umanità che, nonostante l'evoluzione ed il trascorrere dei secoli, nonostante l'ispessimento della corteccia cerebrale, resta fragile e debole di fronte a eventi che la mettono a dura prova nella gestione di conflittualità, di emozioni tinte di violenze e di aggressività. Credo che il lavoro di rete e di supporto di figure specifiche e competenti possa essere una variabile sostanziale nella prevenzione di delitti e di violenze in genere. Credo sia necessario, anche, un'attenzione all'educazione scolastica e familiare, all'educazione all'intelligenza emotiva ed al rispetto dell'altro. Articolo molto interessante. Grazie. 4 silvia goi alle ore 13:11 del 11/11/2017 Non discuto il materiale offerto alla nostra riflessione...però mi pare parziale sottolineare l'intervento aggressivo solo da parte femminile. Il figlio può avere - e non solo agli occhi della madre - partecipato all'aggressione della stessa, vivendo un clima alterato di rapporti familiari in cui i bambini ( o gli adolescenti, gli adulti?) possono costituire un oggetto simbolico di ricatto nei confronti del coniuge. Penso al caso della sudamericana che viene descritto come inserito in una dinamica esplicitamente ricattatoria....ma non certo solo a quello...
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