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I disturbi della consapevolezza di malattiaL'articolo "I disturbi della consapevolezza di malattia" parla di:
Articolo: 'I disturbi della consapevolezza di malattia'A cura di: Aurora Martina Meneo
INTRODUZIONE ALL'ANOSOGNOSIANegli ultimi vent'anni le numerose ricerche empiriche che si sono occupate dei disturbi della consapevolezza di malattia hanno evidenziato
come, al di là del valore teorico, essi abbiano delle implicazioni pratiche molto importanti: in ambito riabilitativo,
ad esempio, è dimostrato che la presenza di anosognosia influisce negativamente sul processo di riabilitazione, in quanto il
paziente che ne soffre mostra una scarsa compliance al trattamento, soprattutto se ad essa si associa il fenomeno del neglect. Le attuali conoscenze sull'anosognosia presentano un limite concettuale dovuto alla tendenza generale a concentrarsi di volta in volta sulle singole manifestazioni cliniche o sulla ricerca di specifiche funzioni coinvolte, trascurando la multidimensionalità di tale sindrome. Questa parcellizzazione si riflette a sua volta sugli strumenti attualmente a disposizione per la valutazione che, seppure più accurati e flessibili rispetto al passato, non sono ancora in grado di rispecchiare a pieno la complessità del fenomeno. Inoltre, gli studi sull'argomento spesso dimostrano carenze dal punto di vista metodologico, dovute a un utilizzo poco corretto delle procedure statistiche e a una generale confusione a livello epistemologico e terminologico. Nel mio percorso universitario e professionale ho osservato spesso in prima persona disturbi di questo tipo, avendo modo di constatare la
gravità con cui essi incidono sul decorso della malattia e sugli aspetti personologici e relazionali di chi ne è colpito. STORIA E DEFINIZIONEI disturbi della consapevolezza di malattia sono da molto tempo al centro dell'attenzione, sia in ambito clinico che di ricerca, sebbene uno studio sistematico sull'argomento si è avuto solo a partire dagli anni '50. Ritroviamo tracce di essi già nella filosofia antica: Seneca, in una lettera indirizzata a Lucilio, descrive così il
comportamento di Arpaste, un'amica di sua moglie: "Questa donna ha improvvisamente perduto la vista. Cosa incredibile, ma vera, questa
pazza non ha consapevolezza di essere cieca e talvolta chiede al suo custode di essere condotta altrove perché dice che la nostra casa
è troppo buia" (Seneca, Libro V, Lettera IX). Nel panorama scientifico attuale, lo studio sulla consapevolezza di malattia si identifica con due concetti fondamentali: anosognosia e insight. La definizione di questi due termini è stata ed è ancora oggi al centro di un fervente dibattito scientifico. Il termine anosognosia fu introdotto nel 1914 dal neurologo francese Joseph Babinski per descrivere l'apparente mancanza di
consapevolezza ed il conseguente diniego dei deficit motori controlesionali in pazienti con lesioni cerebrali focali. Antoine (2004), ad esempio, definisce anosognosia l'incapacità di ammettere la presenza o di valutare correttamente la
gravità di deficit sensoriali, motori, emotivi e cognitivi. Ciò che emerge da questi contributi è la multidimensionalità del concetto di consapevolezza di malattia: la sindrome anosognosica può interessare virtualmente qualunque deficit neurologico conseguente a lesione cerebrale (Berti et al., 1996). TEORIE DI RIFERIMENTOFino ad ora, la maggior parte delle ricerche che si sono occupate dei disturbi di consapevolezza si è concentrata sull'anosognosia per deficit senso-motori (in particolare, emiplegia) in pazienti colpiti da stroke1 o danno cerebrale di origine traumatica ed è su questi soggetti che sono state costruite le principali teorie patogenetiche. Coerentemente con la molteplicità dei fenomeni che ricadono al di sotto della definizione di "disturbi della consapevolezza", le
ipotesi sulle loro cause sono altrettanto numerose e la strada da compiere per arrivare a una teoria condivisa sembra ancora lunga. I filoni di ricerca più battuti vedono da una parte i tentativi di molti studiosi di costruire dei modelli in grado di spiegare la patogenesi dei disturbi di consapevolezza facendo ipotesi sulle possibili funzioni coinvolte e sulle loro relazioni e, dall'altra, gli studi sulla localizzazione emisferica e intraemisferica. Neuropsicologia dei disturbi di consapevolezzaI modelli neuropsicologici elaborati dai diversi autori hanno cercato di spiegare la sindrome anosognosica facendo riferimento a fattori cognitivi, neurologici e psicologici. Alcuni autori hanno ipotizzato una correlazione tra l'anosognosia conseguente a danno cerebrale e un deficit intellettivo più ampio
(McGlynn e Schacter, 1989; Levine et al., 1991), dato tuttavia messo in dubbio da molte osservazioni cliniche dalle quali non emergono deficit
cognitivi più gravi nei pazienti anosognosici rispetto a quelli non anosognosici (Starkstein et al., 1992; Small ed Ellis, 1996; Marcel
et al., 2004). Un ampio filone di ricerche si è focalizzato sul tentativo di correlare la sindrome anosognosica a deficit cognitivi specifici. Wolpert et al. (1995; 2001) suggeriscono un modello secondo il quale esisterebbero due tipi di informazione motoria; la prima, definita
"modello inverso", ha il compito di specificare l'ordine, la forza e il ritmo delle contrazioni muscolari necessarie a compiere un
movimento, mentre la seconda, "modello diretto", prevede le traiettorie, calcolando in base ad esse la posizione finale degli arti e
anticipa le conseguenze sensoriali dell'atto motorio. Bisiach e Berti (1987) includono l'inconsapevolezza di malattia in un più generale disturbo rappresentazionale, di cui farebbero
parte anche i fenomeni di eminegligenza2 e le illusioni somatoparafreniche3. Partendo dal deficit motorio Levine et al. (1991) hanno ipotizzato che nell'anosognosico, alla perdita propriocettiva che si verifica
con l'emiplegia e che comporta l'incapacità di avere una consapevolezza immediata del proprio deficit, si associa l'incapacità
di ottenere queste informazioni attraverso l'auto-osservazione e le inferenze, dovuta alla scarsa flessibilità mentale di questi
soggetti e a una perdita intellettiva generalizzata. Weinstein e Kahn (1950, 1953, 1955) forniscono una spiegazione prettamente psicologica del disturbo di consapevolezza di malattia: secondo
questi autori, l'anosognosia costituirebbe una difesa nei confronti del danno subito, causata dall'incapacità di far fronte al
fallimento e dal bisogno di proteggere la propria autostima. Correlati anatomiciE' ampiamente dimostrato che i disturbi di consapevolezza di malattia sono correlati nella maggior parte dei casi a una lesione cerebrale
nell'emisfero destro. Teorie più recenti suggeriscono un maggior coinvolgimento dell'emisfero destro nei processi di consapevolezza, piuttosto che un suo ruolo esclusivo. Ramachandran (1996), ad esempio, ha ipotizzato che l'emisfero destro abbia il compito di creare dei nuovi schemi mentali o modificare
quelli esistenti quando si verificano discrepanze tra pensiero e percezione troppo consistenti per poter essere gestite dall'emisfero
sinistro. A livello di localizzazione intraemisferica, attualmente non si è ancora raggiunto un accordo definitivo sulle specifiche aree coinvolte, sebbene le moderne tecniche di neuroimmagine abbiano fornito un prezioso contributo in questo senso. Le evidenze cliniche indicano come aree maggiormente coinvolte i lobi prefrontali e parieto-temporali (Prigatano e Schacter, 1991; Pia et al., 2004) e, a livello subcorticale, il talamo (Starkstein et al., 1992) e l'insula (Karnath et al., 2005). Considerando che lesioni in queste aree si associano spesso a disturbi relativi all'elaborazione visuo-spaziale, al monitoraggio della realtà e della veridicità delle informazioni e al recupero delle memorie relative al sé, nonché a disturbi neuropsichiatrici come confabulazioni, falsificazioni della memoria autobiografica e stati persecutori (Venneri e Shanks, 2004), questa localizzazione anatomica appare coerente con la grande variabilità di sintomi osservati nei pazienti anosognosici. Leggi la parte 2: Manifestazioni cliniche
(I disturbi della consapevolezza di malattia )
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