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Sintomi depressivi ridotti attraverso l'uso di Avatar USA. Studio pilota simula una terapia virtuale con i giovani affetti da depressione
L'articolo " Sintomi depressivi ridotti attraverso l'uso di Avatar" parla di:
- Adolescenti: resistenza alle cure psicologiche e drop-out
- Video-educazione alla salute e "terapia in 3D" a confronto
- Riduzione dei sintomi e sviluppo di strategie di coping
A cura di: Redazione - Pubblicato il 6 novembre 2013 Sintomi depressivi ridotti attraverso l'uso di Avatar USA. Studio pilota simula una terapia virtuale con i giovani affetti da depressione
Il Disturbo Depressivo Maggiore colpisce il 9% dei giovani americani.
I primi sintomi si manifestano nell'adolescenza e, se trascurati, possono causare menomazioni nel funzionamento psico-sociale e rischi per la
salute.
È un momento critico quello dell'adolescenza, di passaggio da una fase di protezione e dipendenza alla fase adulta, quindi
è proprio in questa fase che - secondo alcuni ricercatori - è importante trasmettere ai ragazzi abilità personali e
relazionali, capacità di risolvere i problemi, autodeterminazione ed efficacia
(*).
Un team, guidato da Melissa Pinto della Case Western Reserve University, ha condotto uno studio pilota, al fine di testare
l'efficacia di una particolare tecnologia per sviluppare abilità e atteggiamenti atti a gestire i sintomi depressivi.
È stata testata anche la capacità di comunicare in modo efficace con gli operatori sanitari, in quanto lo studio ha tenuto
conto del fatto che i giovani sono restii a cercare cure per la propria salute mentale
(*),
a causa dello stigma, della difficoltà di accesso ai trattamenti e della inadeguata copertura assicurativa.
La Pinto osserva inoltre che i ragazzi giungono all'osservazione clinica quando i sintomi sono già strutturati, spesso
abbandonano la terapia dopo i primi incontri e sono più propensi a interagire con la tecnologia piuttosto che faccia a faccia.
Nello studio pilota sono stati coinvolti 28 ragazzi fra i 18 e i 25 anni, alcuni con sintomi depressivi più lievi, altri con una
diagnosi di Disturbo depressivo Maggiore.
I ragazzi sono stati assegnati a due gruppi:
- uno ha partecipato a un programma di educazione alla salute, tramite l'ausilio di video in cui venivano spiegati i
comportamenti corretti relativi ad alimentazione, igiene del sonno, attività fisica etc.;
- l'altro ha preso parte alla sperimentazione con Avatar, e cioè con rappresentazione di personaggi virtuali, realizzata con
uno strumento di tecnologia 3D creato appositamente, l'Electronic Self-Management Resource Training o eSMART-MH
(*).
eSMART-MH ha permesso di coinvolgere i ragazzi in vere e proprie visite virtuali con personale sanitario Avatar, in un
setting per le cure primarie perfettamente ricostruito: la reception dove esibire la tessera sanitaria, la sala d'attesa,
l'ambulatorio medico, in cui hanno potuto familiarizzare col personale di cura, parlare dei propri sintomi e ricevere consigli comportamentali
ad hoc.
Ai ragazzi sono stati somministrati test (*) e interviste strutturate prima di
ogni sessione e nel follow up, a 3 settimane dalla conclusione dello studio.
I dati sono stati analizzati attraverso SPSS
(*).
A distanza di 3 mesi, coloro che avevano preso parte al programma Avatar hanno mostrato migliorate strategie di coping e una
significativa riduzione dei sintomi depressivi, al disotto della soglia di rilevanza clinica, mentre l'altro gruppo non ha evidenziato
cambiamenti.
I risultati sono promettenti, i ricercatori entusiasti, anche se perfettamente consapevoli di essere soltanto al principio: «non
vediamo l'ora di valutare nuovamente l'eSMART in un più vasto studio», ha detto la Pinto. Lo scopo della ricerca era, del
resto, quello di fornire dati preliminari sull'efficacia di Avatar.
«Il programma è stato concepito come strumento di intervento di self-management – puntualizza la Pinto –. Esso non
sostituisce la terapia standard»
(*).
In questo modo i giovani hanno fatto una «prova generale» per imparare a gestire le emozioni, familiarizzare con
il sistema di cura e vincere la riluttanza a parlare del disagio psicologico.
Pensate che la tecnologia possa avvicinare i giovani alla Psicologia e integrare un percorso terapeutico tradizionale?
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