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Chi tutela il paziente circa l'applicazione del codice deontologico?

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Chi tutela il paziente circa l'applicazione del codice deontologico?

Libero pensiero: Chi tutela il paziente circa l'applicazione del codice deontologico?

Scritto da: Luisella alle ore 18:14 del 29/08/2014

Il mio problema con una psicologa è stato di ordine deontologico, ci siamo rivolti a lei in coppia , la dottoressa ha stabilito dopo un certo periodo che io non avevo problemi e invece , mio marito si' e si è offerta di tenere lui come paziente esclusivo e sottoporlo ad una terapia di sostegno emotivo per ritrovare equilibrio in famiglia. Quando ho visto che le cose non andavano esattamente come ci eravamo raccontati , l'ho contattata via mail per segnalarle problemi, mi ha risposto sdegnata che lei non poteva parlare con del suo paziente (non volevo parlasse del paziente ma di cosa lei stava combinando) poi ho preteso di incontrarla in presenza di mio marito e mi ha raccontato un sacco di frottole sul percorso terapeutico ecc . Alla fine mio marito mi ha detto che era convinto che la dottoressa avesse ragione inculcandogli " devi fare solo quello che ti fa stare bene senza preoccuparti che questo non piaccia a tua moglie tua figlia le tue sorelle ecc " mio marito se ne è andato di casa , è più depresso/confuso e scoppiato di prima e la dottoressa ha preso allegramente a calci un certo numero di articoli del codice etico e la vita della mia famiglia.

Ho segnalato la cosa all'Ordine degli Psicologi che mi ha risposto dopo mesi ed un certo numero di solleciti che la segnalazione era stata archiviata perchè loro tutelano i loro iscritti..

Ho segnalato la cosa al ministero della Salute , ma non mi aspetto grandi cose ...

Commenti: 10
1 Dr. Fernando Bellizzi alle ore 08:19 del 04/09/2014

Gentile Luisella, se non specifica quali aspetti deontologici sono stati "violati" è difficile risponderLe. Tra le righe sembra quasi che suo marito sia un burattino senza volontà e sinceramente resto perplesso dal fatto che Lei debba parlare della terapia con la collega e non con il marito direttamente, dato che, alla fine, suo marito è colui che "porta a casa" quanto avviene nelle ore di supporto.

Ha fatto bene la collega a non parlare della terapia di Suo marito, dato che Lei avrebbe dovuto parlarne con Suo marito.

E capisce che questo episodio stesso motiva anche lo spingere il marito verso una maggiore autonomia ed indipendenza, non essendo un bambino in cui la mamma (Lei) va a colloquio con l'insegnante (la collega).

2 luisella alle ore 09:23 del 04/09/2014

Gentile Fernando , la questione  è, ovviamente, più complessa di come è stato possibile descriverla in poche righe. Mio marito , dopo anni di inviti da parte mia  a ricercare un aiuto professionale, ha deciso di rivolgersi ad uno psicologo, mio marito ha deciso di proseguire  la terapia per ritrovare equilibrio, ma è a me che la dottoressa  ha proposto di ritirarmi da paziente ed è a me che ha assicurato di perseguire un percorso  di stabilità.

Lei non puo' immaginare le ore ed ore, nottate,  passate a parlare con mio marito, non da mamma, da moglie ,  le sue bugie  le fughe i silenzi le depressioni le stupidaggini e le assurdità

Dieci anni fa mio marito era un dirigente ed ha perso il posto per i problemi di stabilità emotiva, dopo la morte della mamma e di una sorella

Perchè crede lo abbia invitato a ricercare un aiuto terapeutico ? per ritrovare autonomia e coscienza di sè

Gli articoli del codice che ritengo siano stati violati  sono il 3 il 22 il 25 il 27 ed il 32 , così solo per maggiore chiarezza.

Per me è importante  avere dei pareri, grazie per il suo, cordialmente la saluto

3 Dr. Fernando Bellizzi alle ore 10:06 del 04/09/2014

E se Suo marito avesse deciso autonomamente di allontanarsi da Lei?

Delle volte capita che l'esito sia diverso da quello atteso. 

Poichè il rapporto terapeutico è con Suo marito, Lei non può presentare denuncia per violazione deontologica, dato che riesce  dimostrare la coercizione oppure accetta che suo marito abbia deciso diversamente da quanto Lei si aspettava.

 

E se scrive che Suo marito ha deciso di andare dallo psicologo, diventa automaticamente committente della prestazione su se stesso, anche se a dare i soldi era Lei. A meno che non pagasse Lei, il committente è il marito stesso per cui la collega non deve rendere conto a Lei del proprio operato.

Purtroppo signora Lei è caduta nel paradosso di volere autonomia e coscienza di sé per una persona cara, e questa sceglie di poter fare a meno di Lei. Ed allo stesos tempo, dando tutta la responsabilità alla collega di quanto accaduto, sottolinea tra le righe che il marito è dipendente e tutt'altro che cosciente di sè, dato che farebbe quello che vuole la moglie, poi quello che vuole la psicologa... dove sta stanno autonomia e conscienza di sè in un suo marito allora?

Capisco che Lei sia delusa da un percorso che ha preso una strada diversa da quella che si aspettava, ma risulta anche ovvio che essere consapevoli ed autonomi vuol dire anche prendere decisioni proprie e se Lei ha deciso che dovevate stare insieme, se accetto, non sono autonomo, e quindi per essere autonomo devo per forza scegliere l'opposto.

Se Lei dice bianco ed io devo sscegliere un colore in autonomia è ovvio che per manifestare autonomia non posso scegliere bianco. Se proprio devo essere tanto autonomo, scelgierò per forza nero.

Conosce il libro di Watzlawick "Istruzioni per rendersi infelici?"

4 luisella alle ore 12:52 del 04/09/2014

 accordi erano chiarissimi, richiesti da mio marito , accettati e pagati da me(nè per amore nè per legge avrei potuto obbligarlo  ad un percorso terapeutico/psic)Non incolpo la dott.a  per epilogo, ma la ritengo responsabile di non aver perseguito lo scopo per cui era stata assunta, non avermi informata che non lo stava facendo  dandoci la possibilità di ricercare altri e più adatti interventi. Se il percorso terapeutico della dott.a avesse ridato consapevolezza , autonomia ed equilibrio a mio marito io sarei  soddisfatta , in famiglia o fuori, ma  i comportamenti  evidenziano esattamente il contrario. Proprio la dott.a mi disse, di non aver ricevuto incarichi di ricercare eventuali patologie nel suo paziente, ma solo di chiacchierare con lui, ritengo che al bar le chiacchiere siano più costruttive ed economiche,  non per il risultato in sè , ma perché in ciò che fa e dice il paziente non c'è nulla, né come principi, né come azioni dell'uomo consapevole , sicuro, preparato, padre amorevole, figlio devoto, dolce marito, fratello affidabile, che la sua famiglia ha conosciuto. La figlia le sorelle con me contavamo sulla dott.a per ritrovare quell'uomo, e non è importante che volesse o no restare sposato con me , ma si ritrovasse La dott.a avrebbe dovuto riconoscere di non essere in grado di svolgere quel compito, e non necessariamente per incapacità sua, ma per peculiarità del paziente, e avrebbe dovuto informare la sua committente ME , questo a mio avviso basta a dire che o se ne è infischiata e quindi ha violato il codice deontologico, o non si è resa conto dell’evoluzione della situazione , allora sarebbe ancora peggio, perché è un medico incapace e quindi pericoloso anche per altri pazienti.

 

 

5 Dr. Fernando Bellizzi alle ore 14:23 del 04/09/2014

Signora, sinceramente faccio fatica a seguirla e trovo diversi punti contradittori nelle varie risposte che fornisce.

O Suo marito è andato spontaneamente oppure Lei ha obbligato suo marito a fare una psicoterapia, ed ora si arrabbia perchè due adulti, la psicologa e Suo marito, hanno agito diversamente da quanto Lei avrebbe voluto.

 

Esiste anche l'articolo 4 del codice deontologico. 

Articolo 4 Nell'esercizio della professione, lo psicologo rispetta la dignità, il diritto alla riservatezza, all'autodeterminazione ed all'autonomia di coloro che si avvalgono delle sue prestazioni; [...] In tutti i casi in cui il destinatario ed il committente dell'intervento di sostegno o di psicoterapia non coincidano, lo psicologo tutela prioritariamente il destinatario dell'intervento stesso.

Mandare qualcuno dallo psicologo è diverso da mandare un cane all'addestramento, per cui se il cane finito il percorso non fa la capriola a comando, allora posso chiedere i danni.

Suo marito ha fatto delle scelte e Lei le deve rispettare, anche se diverse da quelle che si aspettava.

Studi approfonditamente l'articolo 4 del codice deontologico, e si ricordi che Suo marito è un adulto capace di intendete e volere e di fare scelte indipendenti dalla moglie, dalle sorelle e dalle figlie.

6 luisella alle ore 15:35 del 04/09/2014

Io ho sempre rispettato le scelte di mio marito, anche quando ha perso dil lavoro di dirigente

perchè ha  fatto cose legate  al suo stato di confusione che non esplicito qui, anche quando molto prima della psicologa  se ne è andato da casa e  poi è tornato e  poi se ne è andato di nuovo

anche quando ha regalato un appartamento ad una amante che  immediatamente dopo aver raggiunto lo scopo gli ha beatamente dato il benservito

tutte queste cose la psicologa le sapeva , insieme  a tutto il resto e alla volonta' dichiarata dell'adulto capace di intendere e di volere di voler ritrovare serenità in seno ad una famiglia che non gli ha mai rinfacciato nulla e lo ha sempre supportato fino a spingerlo cercare aiuto da  persona "qualificata".

se questo è portare  il cane in addestramento io non ho capito nulla del vostro mestiere

e comunque  è grazioso anche l'articolo 3 In ogni ambito professionale opera per migliorare la capacità delle persone di comprendere se stessi e gli altri e di comportarsi in maniera consapevole, congrua ed efficace. 

Lo psicologo è consapevole della responsabilità sociale derivante dal fatto che, nell’esercizio professionale, può intervenire significativamente nella vita degli altri; pertanto deve prestare particolare attenzione ai fattori personali, sociali, organizzativi,finanziari e politici, al fine di evitare l’uso non appropriato della sua influenza, e non utilizza indebitamente la fiducia e le eventuali situazioni di dipendenza dei committenti e degli utenti destinatari della sua prestazione professionale.

Lo psicologo è responsabile dei propri atti professionali e delle loro prevedibili dirette conseguenze.

7 Fragolinaviola alle ore 10:28 del 05/09/2014

Non entro nel merito dell'epilogo della vicenda, ma faccio delle critiche alla base: Cosa significa che la psicologa abbia deciso di prendere in carico il marito e lei no?? Loro si sono presentati in coppia, forse per un problema di coppia? Trovo allucinante che la dott.ssa abbia deciso che -lei non aveva problemi e lui si?- Ha patologizzato a priori il marito.

8 Dr. Fernando Bellizzi alle ore 04:59 del 08/09/2014

Gentile signora, continua a ripetere questa frase "quandi ha perso il lavoro da dirigente". Adesso viene fuori anche l'amante.

Ecco quindi che è comprensibile la Sua rabbia. Delle volte è difficile accettare le persone per come sono: nel caso del marito instabile emotivamente (in che modo? Quale diagnosi fatta da chi? Che cura?) e di conseguenza con difficoltà ad impegnarsi in qualcosa di stabile, sia esso un lavoro o una relazione monogama.

Capisco anche cosa prova, se dopo tutti questi anni e queste delusioni non ha raggiunto il suo obiettivo. Forse dovrebbe fare come l'amante e scaricare il marito, ovviamente se ciò non entra in contrasto con il suo credo religioso o con una qualche regola interiore.

Il nostro lavoro è particolare ed il cliente è colui che riceve la prestazione, per cui dobbiamo essere consapevoli e congrui sul momento, anche se ciò implica uno stravolgimento del "contratto" iniziale. La terapia si costruisce momento dopo momento sulla base delle esigenze che vengono manifestate dalla persona oggetto della prestazione.

E fintanto che la persona oggetto della prestazione non protesta o reclama, Lei non può niente nei confronti della terapeuta, dato che Suo marito potrebbe aver benissimo detto alla terapeuta di non volere che Lei venisse informata del cambio di strategia e di accordi.

Ma in tutto ciò, quali sono le responsabilità del marito?

Perché non dedicarsi alla ricerca di un compagno, piuttosto che voler trasformare qualcuno invece di accettarlo così come è?

[chiocciola] fragolinaviola. Forse ha "patologizzato" o forse ha lavorato con chi dei due era predisposto a cambiare. Poi, non dimentichiamo che anche la moglie ha *patologizzato* il marito dato che Lei lo porta dalla psicologa...

9 luisella alle ore 09:07 del 08/09/2014

Certo se  cambiare significa calpestare tutto e tutti , mentire , perdere il senso dei valori  essere depressi  e instabili , allontanare gli amici, io sarei un pessimo paziente e si spiega perchè  la dottoressa  ha manovrato per allontanarmi

E' comoda prendere un soggetto , dirgli " perchè  mettersi problemi , fai quello che vuoi , come vuoi , tanto poi tutto si aggiusta  e qualcuno ci penserà"  

Caro dottore dal mio punto di vista, è questa la filosofia che  manda a rotoli il mondo e autorizza  uno che non ha soldi  a rubare, uno che e' arrabbiato ad uccidere, i vicini a litigare , i giovani a non rispettare gli anziani e i pedofili a infastidire i bambini    

temo non riuscirà a convincermi che  la dottoressa e' nel giusto , non ho rabbia  nè sete di vendetta , ma non sono disposta ad accettare che  si possa pagare una persona per non fare nulla di costruttivo,  nascondendosi  dietro la privacy o la tutela del paziente

io la vedo come se un oncologo  dicesse  "ok hai un cancro, ma cosa vuoi star li'  a fare chemio  , lungo faticoso, doloroso... fai  quello che ti fa stare  bene divertiti   poi  tutto si aggiusta"  

10 Danilo alle ore 12:17 del 21/09/2014

Buongiorno. Come Psicologo in possesso di Master Biennale di Secondo Livello su "Relazioni di coppia e familiari", sono certo di una cosa: se io seguo una coppia, e dopo si palesa la necessità di seguire solo un membro della coppia, io indirizzo tale persona ad un Collega. Perchè? Nei due anni di corso, i miei Docenti mi hanno spiegato in modo lapalissianamente chiaro che avendo prima conosciuto i due membri, come uomo (seppur Psicologo) non potrò mai essere esente da idee, emozioni, possibili tentativi di collusione con uno dei due membri della coppia. Inoltre, il membro non più in terapia, potrebbe sviluppare diversi pensieri fantasmatici sulla diade coniuge in cura-terapeuta. Ecco, sulla base della mia esperienza questo è "il punto deontologico". Cordiali saluti.

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