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Deontologia tra Psicologi

Libero pensiero: Deontologia tra Psicologi

Scritto da: Maria De Scisciolo alle ore 10:35 del 21/05/2014

Sono uno Psicologo della Regione Molise, ho sempre pensato che la correttezza fosse al primo posto nelle relazioni tra persone e soprattuto tra colleghi. Avvevo tanto lavoro negli anni 80 che regalai ad un collega che faceva solo volontariato, una docenza ad un corso di formazione per operatori sanitari. Negli anni successivi questo collega è riuscito non so come ad avere i titoli per lavorare con me. In quest'occasione ho avuto un'esperienza a dir poco traumatica perchè lo stesso collega per impedirmi di lavorare, ha fatto denunce che si sono rivelate false ed io dopo tutto quanto accaduto benchè potessi fare querela, ho lasciato correre....

Attraverso questa triste storia, vorrei ribadire che la lotta tra psicologi pur di fare i propri interessi, è disgustosa e forse lo Psicologo prima di altri professionisti dovrebbe imparare a comportarsi con deontologia.

Commenti: 14
1 Roberto alle ore 08:04 del 05/06/2014

La categoria è spesso popolata da tale personaggi e, al di la del fatto che l'animo umano è imprevedibile, non siamo mai stati una categoria e il bene della riconoscenza è raro. Anche a me è capitato di fare un favore ad un collega ma di non esserne altrettanto ricambiato. Prima ancora della deontologia vengono i rapporti umani.

Roberto

2 Celestina alle ore 16:27 del 05/06/2014

Carissima, non devi rammaricarti per aver dato una possibilità lavorativa ad un collega in difficoltà, hai fatto ciò che sentivi di fare, sono certa che forse il collega giovane e irruento, avesse paura di perdere lavoro e quindi l'economia che lo sosteneva e ha utilizzato le denunce.Io penso che la nostra sia una bella categoria, siamo persone leali ed umane svolgiamo un lavoro che ci permette di migliorare il mondo e le persone, hai fatto bene a non querelarlo, certamente non si può essere amici con tutti ma un chiarimento, secondo me è possibile averlo con civiltà!

Celestina!

3 D.M alle ore 18:39 del 05/06/2014

Ciao Maria.

Ho più di 40 anni, già dai tempi del liceo avevo la passione per la professione di Psicologo, che vedevo quasi come una "missione". Adesso ho una Laurea Specialistica, un Master, un Diploma Post-Universitario... e tanta frustrazione. Sai, sovente mi vergogno a dire che sono uno Psicologo, e sinceramente sono talmente disgustato da ciò che in tutti questi anni ho visto (sia al Nord, sia al Sud), che sto cercando di "riciclarmi" in tutt'altro ambito. Ho visto terapeuti avere rapporti sessuali con gente in stato di profonda confusione, ho visto terapeute avere il compagno a casa e l'amante-paziente nello studio, ho visto bambocci ancora non abilitati già col camice bianco e il contratto solo perchè amici di "chi conta", ho visto counselor che dopo appena 6 mesi di corso si spacciano come terapeuti, ho visto comunità dove gli utenti sono solo numeri per percepire la retta. Che liquami. A volte ho denunciato, ma l'esito è stato "terra bruciata intorno". Watzlawick parlava di "sistemi"; certi sistemi si basano su tali liquami. Che dirti? Io ho deciso di cambiare ambito. Se vorrai proseguire, in bocca al lupo!

4 Isabella alle ore 19:32 del 05/06/2014

in un momento storico come questo , dove il lavoro sembra un lusso anzi è un lusso, quello che hai scritto mi rattrista, dovremmo fare rete e stare uniti la nostra professione è importante proprio adesso..il tuo collega è un poveraccio invidioso e pure cattivo, ci sono persone cosi, la vita però paga sempre

5 Mariella seminara alle ore 22:48 del 05/06/2014

...e pensare che noi dovremmo essere gli agenti di cambiamento per eccellenza. La nostra e' merce che scotta e ATTENZIONE nel tempo brucia chi non sa usarla. La mia ammirazione e stima a te collega del Molise.

6 Celestina alle ore 20:25 del 06/06/2014

Salve, mi ha incuriosita la risposta di D.M. mi dispiace per le tue vicende lavorative, anch'io ho più di quarant'anni, nessuno mi ha aiutata a livello lavorativo, attualmente sono disoccupata, ma non penso che la colpa di tutto ciò sia da attribuire alla categoria degli psicologi, bensì ad un sistema sociale dove vige la corruzione, credo che come persone, aldilà del lavoro che svolgiamo, dobbiamo impegnarci per migliorare questo sistema sbagliato che è presente in tutto il mondo. possiamo impegnarci quotidianamente, partendo dalla soliderietà nei confronti degli altri, amare a chi si trova in un momento difficile, ma anche attraverso azioni di cambiamento, io per esempio sostengo "Riparte il futuro" "Libera" "Change.org"!

7 Carmela alle ore 16:39 del 07/06/2014

Credo semplicemnte che prima del "ruolo" (psicologo, medico, architetto ecc ecc) ci sia la "persona". Se sei una persona onesta questo viene fuori a prescindere dal lavoro, altrettanto se sei in mala fede e disonesta. La causa? Tanti fattori, il più importante di tutti, a  prescindere dall'assenza di lavoro,  credo sia l'assenza di un codice etico o morale, che dovrebbe essere trasmesso dalla famiglia. Ma questa mi sembra sia molto distratta.  

8 Celestina alle ore 22:17 del 07/06/2014

Sono pienamente d'accordo con te, Carmela,la famiglia in cui si cresce è di fondamentale importanza nella formazione etica e morale di ciascuno di noi, ma laddove è carente, tutti dovremo avere un senso civico, ho lavorato per diversi anni nelle scuole superiori della mia regione, ed ho cercato di trasmettere ai ragazzi, il senso del dovere, la solidarietà,ecc. La malvagità di alcune persone si combatte anche così. Mi viene in mente una citazione di R. Tagore :

"Se non riesco a fare una cosa passando da una porta, la farò passando da un'altra - o sarò io a costruire quella porta. Qualcosa di straordinario avverrà indipendentemente da quanto sia oscuro il presente."

 

 

9 cinzia alle ore 11:59 del 11/06/2014

Ho sempre pensato che chi svolge una professione che riguarda la persona debba essere corretto e comunque porsi continue domande sul proprio operato e se lo stia svolgendo bene. Purtroppo ho dovuto constatare dopo anni di esperioenza che noi siamo la categoria più egoista e individualista che possa esistere. Mi sono chiesta tante volte il perchè, proprio persone che in linea teorica fanno un percorso che dovrebbe "aprire" e non chiudere in se stessi, e l'unica spiegazione (oltre all'individualità umana ovvio) è che siamo talmente "sfruttati" che non appena vediamo uno spiraglio di guadagno ci buttiamo a capofitto come se fossimo degli affamati che lottano per un piccolo tozzo di pane. Questo è molto triste perchè se fossimo uniti riusciremmo a farci rispettare molto di più, come accade in tanti altri paesi. Mi dispiace per quello che ti è successo e l'unica cosa che mi viene da dirti è tutelati.

10 Carmela alle ore 07:30 del 12/06/2014

La considerazione di Cinzia è interessante e offre molti spunti che meriterebbero di essere approfonditi. Quando frequentavo ancora l'università conobbi una ragazza patita come me di psicoanalisi e su questa passione comune  decidemmo di preparare alcuni esami; finì che completammo gli studi insieme.Durante questo periodo lei decise di intraprendere un percorso di analisi indivdiuale ed io ebbi modo di assistere al suo cambiamento nel corso del tempo. Alla partenza non si poteva certo dire che fosse il massimo della generosità, ma durante gli anni di analisi potei constatare come tutto l'egoismo intriso di aspetti cinici veniva instillato goccia a goccia su tutto l'entourage circostante.  Pensavamo che quel suo modo di fare (speravamo temporaneo) dipendesse proprio dall'analisi, cioè che ci trovavamo di fronte a  "materiale" che veniva  "agito" piuttosto che mentalizzato, che esprimesse a quel modo una resistenza o più semplicemnte che per "spostamento" anziché agire la rabbia e il sadismo sulla sua analista l'agiva su di noi. Ma ci sbagliavamo. La sua arroganza era una costante e il suo modo di rapportarsi agli altri, gurdando tutti dall'alto in basso era una componente coriacea del suo modo di essere e che l'analisi andava a consolidare sempre più.  Io ero basita. Mi chiedevo:" La psicoanalisi (un modo come un altro per prendersi cura di sè) non dovrebbe slatentizzare il meglio che una persona ha dentro di sè?" Immaginavamo  che l'ultimo anno di analisi avrebbe restiuto a tutti una persona più consapevole, e capace di relazionarsi con modi di fare meno spocchiosi ed arroganti. Niente di più sbagliato!

11 Carmela alle ore 07:33 del 12/06/2014

 L'ultima volta che la vidi (l'analisi era già finita da un pezzo e nel frattempo aveva conseguito la specializzazione in psioanalisi dell'età evolutiva e dell'adolescenza) fu quando venne a trovarmi a casa, mi disse che ne approfittava perchè era in una regione vicino alla mia. Ma quando ci incontrammo oltre a sbattermi in faccia che aveva affrontato "una certa spesa" per esseri lì da me mi raccontava delle sue esperienze lavorative che esaltavano la sua bravura, competenza ed efficienza. Io la guardavo attonita, stupita e continuavo a ripere nella mia testa " Che prodotto finale orribile". In realtà non si rendeva minimamente conto di quanta egoismo e cattiveria gratuita c'era nel parlarmi di quelle che lei riteneva fossero "applicazione" della tecnica psiconalitica. Le anticipai la partenza quando mi augurò di "non lavorare per cinque anni" di modo che avrei potuto epurare il mio mondo interno, da quelle sovrasrtuure inquinate che impediscono un vivere autentico (questo pensiero gentile lo aveva evidentemente partorito in virtù del fatto che io non avevo fatto analisi).  . 

12 Carmela alle ore 07:34 del 12/06/2014

Prima di allora anch'io era convintissima che l'analisi servisse a tirare fuori il meglio di una persona. Di solito chi lavora come analista e scrive della propria esperienza racconta dei casi "riusciti" e non di quelli che non vanno a buon fine. Chissà come l'avrà considerato la psicoanalista che l'ha avuta in cura? Questo per dire che molte fantasie idilliache  sulla nostra professione ci impediscono di considerare la persona per quello che è. Un po' come quando si è innamorati dove il lavoro di "fantasia" è veramente notevole. Come ho già scritto "gli stronzi" esistono a prescindere dalla prefissione; ho imparato (e per fortuna molto presto) che prima del ruolo c'è la persona e non è detto che come psicologo debba essere "per forza" una bella persona

13 Debora alle ore 09:38 del 12/06/2014

Sposo in pieno la considerazione di Carmela siamo prima di tutto persone, e tutta la formazione, tutto il lavoro che possiamo fare su di noi, magari anche fatto bene, non ci mette comunque al riparo dalla nostra umanità. Siamo umani tra gli umani. Ciascuno di noi posto in condizioni particolari evidenzia aspetti particolari di sè, e non sempre ne siamo consapevoli, complice l'effetto groviera giocato dalle zone cieche che ognuno di noi conserva.

Nel ns lavoro credo che un elemento che tenda ad esempio a irrigidire aspetti di alcuni noi, come ad esempio il narcisimo anche estremo, sia l'isolamento. A meno che non siamo inseriti in un gruppo di lavoro/suoervisione che funga un po' da io ausiliario e ponte con la realtà, nell'isolamento del ns studio, nell'essere da soli di fronte allo spaesante non capire e magari isola in mezzo alle angosce che i pz riversano nel rapporto con noi, purtroppo alcuni di noi, o forse anche ciascuno di noi in momenti particolari della nostra "umana vita", tendiamo a difenderci spasmodicamente mettendoci al di sopra di tutto. Mi è capitato di incontrare colleghi talmente pieni di sè che mi sono chiesta più e più volte come caspita facciano a lavorare con gli altri qdo gli altri non li vedono proprio, ma sono assolutamente convinti del contrario, e disseminano danni, strumentalizzando i pz per nutrire il loro ego mai sazio. E' terrificante, ma succede...E di fronte a loro, a questi colleghi, la domanda che mi pongo è "ma quali sono quindi le mie zone cieche?" Dove la mia umanità si incrina nell'incontro con l'altro? credo sia un modo per di illudermi di poter illuminare le mie zone cieche, o quanto meno di provarci...

14 MARIA DE SCISCIOLO alle ore 14:11 del 09/05/2020

Carissime Colleghe e Colleghi,

è con enorme piacere che oggi (tempo di lockdown) per covid 19, cercando nelle mie informazioni di gougle, ho ritrovato quel pensiero spontaneo scritto come liberazione di tante amarezze e di cui avevo rimosso il ricordo. Quindi ho visto solo ora le tante vostre conferme e le vostre consolazioni.  Vi voglio ringraziare di vero cuore!

Ecco è questa la categoria professionale nella quale mi riconosco e mi identifico.!!

Sono trascorsi 6 anni e facendo un feedback del mio vissuto professiomale ad oggi vi voglio dire che innanzitutto mi hanno colpito le dichiarazioni di tutti come consapevolezza di uno stato giuridico e contrattuale che noi Psicologi continuamo ad avere e di cui con somma serenità mi rendo conto che non appartiene solo alle mie considerazioni. Ci sarebbe tanto da disquisire sulle nostre esperienze lavorative. Vi voglio solo dire che dopo tutti questi anni trovo veritiero il commento di Roberto, Cinzia, Isabella, Mariella. e Carmela che ringrazio per le sue tante conferme. Ma chi mi ha toccato è D.M. che ha letteralmente ritenuto utile doversi riciclare per il bene suo e della sua collettività. 

Un abbraccio a questa comunità che mi fa sentire felice di essere Psicologa.!

P.S. Oggi a volte mi interrogo:  se rinascessi sicuramente non spenderei tutte le mie energie per studiare Psicologia e subire le così notevoli umiliazioni di cui rimangono i segni nella propria pelle. Con stima verso tutti voi.

Maria De Scisciolo

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