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Freud e Lacanscritto da: Dott. Fabio Tognassi Psicologo, Milano Articolo tratto da psico-pratika - Guarda tutti gli articoli Articolo: 'Freud e Lacan. Soggetto e sapere: la misura dell'Altro'SOGGETTO E SAPERE: LA MISURA DELL'ALTRO (Arg: Freud e Lacan)Freud e poi...È ormai molto tempo, non e' piu' un segreto per nessuno, che ci troviamo a svolgere la nostra professione di psicologi all'interno di un clima generale particolarmente attento a questioni quali la valutazione oggettiva del soggetto, l'esame oggettivo diagnostico, la normativizzazione del rapporto terapeutico, la stima dell'efficacia dell'intervento. A mio avviso queste sono tutte parole curiose, e rimangono unicamente tali dal momento che non vi e' alla base un approccio epistemologico serio che sia in grado di fornire il posto che molti pretendono spetti loro nell'universo della riflessione sul mondo psichico di un soggetto. Quello che voglio dire e' che la spinta compulsiva alla misurazione, nonche' la pretesa quasi maniacale del possesso del "dato oggettivo", si e' ormai imposta operando una riduzione di criticismo sulle intelligenze dei professionisti che sfoggiano fieramente modelli statistici e quantitativi in grado di incasellare, categorizzare, controllare l'individuo che hanno di fronte, come se la questione della sofferenza psichica vertesse intorno ad un vuoto di sapere colmabile dalle informazioni strutturalmente in eccesso che provengono dall'Altro terapeutico, ovvero lo psicologo, il terapeuta o chiunque si prenda carico della persona che fa domanda di aiuto a causa di una sofferenza concernete il proprio essere-nel-mondo. Sia ben inteso che non pretendo ora buttarmi a capofitto in dissertazioni di ordine filosofico potenzialmente inconcludenti e lontani dai risvolti pratici della questione di come si cura un soggetto. Insomma, lasciando da parte le sacche di resistenza della psichiatria pura, rigidamente orientata dalle ipotesi biologiche -parlo di sacche proprio perche' non si tratta piu' della psichiatria che va per la maggiore- oggi tutti gli approcci si rifanno piu' o meno tacitamente e piu' o meno indirettamente alla psicoanalisi ed alle sue teorizzazioni, e, quindi, in ultima analisi a quella che fu la scoperta dell'inconscio per come e' stata intesa da colui che ne ha postulato le basi e le metodologie. L'insegnamento di Jacques Lacan, orientato ad un vero e proprio "ritorno a Freud", ci suggerisce che il prodotto storico che ci tocca acquistare oggi ha come primum movens una certa incapacita' di confrontarsi proprio con il testo di Freud, fino ad accettare e a promuovere -pur servendosi a modo proprio del sapere psicoanalitico- presupposti che ne minano la stessa sensatezza e ne diminuiscono l'impatto esplicativo. Il discorso della scienza, il discorso orientato al sapere, al sapere assoluto, come vedremo meglio in seguito, si pone l'obiettivo di svelare la quota razionale insita nel reale, ricoprire con il velo significante, il velo della causalita', l'ambito proprio della casualita', facendo sloggiare tuttavia dal suo posto quella che Lacan chiama "la Cosa" -di cui tratteremo meglio in seguito- ovvero cio' che per definizione e' destinato a restare al di fuori del discorso dell'Altro e non puo' essere assimilato al sapere, ma piuttosto lo fonda come origine del linguaggio e della possibilita' della conoscenza.
Il rafforzare le categorie della normativita' affettiva ha degli effetti che possono essere inquietanti" (1) E siccome il soggetto non e' una cosa, sarebbe piu' opportuno chiedersi Chi e' il soggetto? Chi e' il soggetto dell'enunciazione, colui che parla davvero? Proviamo a chiederci dov'e' il soggetto nel discorso di Freud; cerchero' di utilizzare il prezioso contributo di Jacques Lacan per discutere di tale questione; Lacan - proprio in quanto ha operato quel ritorno a Freud che ha il sapore di un continuo confronto con l'esperienza del fondatore di una disciplina di cui si utilizzano correntemente i termini e che si pretende di saper maneggiare…Si prega di maneggiare con cura! Reale ≠ razionaleNon c'e' dubbio che la psicoanalisi in quanto scienza, piu' o meno esatta la si voglia considerare, ha come perno concettuale l'inconscio, l'inconscio in quanto parla, comunica, dice la sua opinione sulla faccenda, opinione misconosciuta dall'individuo, il quale paga con il sintomo il prezzo di tale misconoscimento.Se l'inconscio freudiano parla, ça parle direbbe Lacan, e' perche' ha qualcosa da dire, e questo qualcosa si colloca a livello del non sapere: l'individuo parlante non sa cosa dice. Ed ecco che ci troviamo gia' catapultati nella questione chiave del problema: sapere o non sapere? Facciamo un passo indietro; cosa ci dice Freud? Piu' volte Freud si e' soffermato sul problema energetico, dapprima contrapponendo principio di piacere e principio di realta', e, nelle ultime fasi della sua riflessione, una volta introdotta la nozione di pulsione di morte, ponendo da un lato Eros -in cui principio di piacere e di realta' collaborano- e dall'altro Thanatos. E' proprio intorno a questo Thanatos, che Lacan ci dice essere il boccone difficile da mandar giu' della teoria freudiana, che verte tutto il problema; e Freud ce lo spiega molto bene parlando del Disagio della civilta'. In quest'opera Freud si rassegna all'idea che la felicita' sia estranea all'essere parlante, che per quanto le esigenze del super-io vengano soddisfatte, perdurera' un malessere nell'individuo dovuto proprio all'insaziabilita' dello stesso super-io, situando il problema del masochismo morale nel campo del soddisfacimento della pulsione. Lacan, sulla scia di Freud, ci ha insegnato che l'esperienza dell'analisi e' primariamente un'esperienza di significazione. Tuttavia, il testo di Freud apre anche delle problematiche intorno alla possibilita' che il sapere dell'Altro possa pacificare il soggetto, che possa esistere una sintesi definitiva nei termini di una "realizzazione di se'", "armonia del rapporto tra il soggetto e l'altro", "riappropriazione del proprio mondo soggettivo"…. tutte espressioni che vanno per la maggiore oggi. L'insegnamento di Lacan verte proprio su due modalita' differenti di intendere la cura analitica: la prima molto vicina alle pionieristiche teorizzazioni freudiane, mentre la seconda centrata sulle problematiche lasciate aperte da Freud intorno al concetto di pulsione in quanto pulsione di morte. Abbiamo gia' detto che per Lacan -cosi' come per Freud- l'analisi e' primariamente un'esperienza di significazione:
La sua vita e' orientata da una problematica che non e' quella del suo vissuto, ma quella del destino, e cioe' - che cosa significa la sua storia?"(2) Tutto ruota attorno a questo riconoscimento, a questo incontro mancato con la significazione della propria storia. "Qual e' il mio destino?" L'accento e' posto sull'ordine del simbolico in quanto veicolo di riconoscimento del senso della propria esistenza. Soltanto successivamente Lacan, addentrandosi negli oscuri cunicoli dell'esplorazione finale di Freud intorno alla pulsione in quanto pulsione di morte, definira' diversamente il processo di cura come orientato all'assunzione di questa pulsione, di questo reale inassimilabile all'ordine del simbolico di cui Freud parla in merito al disagio della civilta'. Ecco che, in questo senso, il compito dell'analista non sara' quello di suturare questa faglia, di richiuderla, nemmeno con la pretesa che una totale ri-significazione della propria storia sia sufficiente ad annullare questa divisione soggettiva, questa frattura strutturale, Spaltung, scissione soggettiva. Gli approcci cosiddetti scientifici si ripropongono proprio questo obiettivo: far rientrare il soggetto all'interno di valori che ne costituirebbero i confini in termini di normalita', attivita' ed armonia nel rapporto con se' e con gli altri.
Molti approcci a base psicoanalitica si fondano, come ci ha mostrato lucidamente Lacan, sull'idea di un'armonia cosiddetta genitale, come se tutta la teoria di Freud si potesse ridurre ad una cronologia stadiale dello sviluppo ontogenetico. In Freud la genitalita' non e' garante di armonia; al contrario, e' proprio contro gli impulsi genitali che si dirige quella rimozione che arriva a definire il nucleo funzionale del complesso di Edipo. Freud ne parla nell'aggiunta apportata ai Tre saggi sulla teoria sessuale: la libido genitale viene colpita dalla rimozione e cio' comporta uno smistamento libidico all'interno dei canali collaterali della pulsione stessa; sta parlando delle pulsioni parziali. Freud in queste pagine, e lo fa in molte altre occasioni, sta affermando che la genitalita', che identificherebbe quello stadio di sviluppo psico-sessuale adulto che si pretende porti l'individuo verso la "normalizzazione", l'"adattamento" e quant'altro, non risolve il conflitto insanabile che esiste tra la pulsione e il campo dell'Altro sociale, dell'Altro simbolico della Legge. Non c'e' equivalenza; permane un resto al di fuori del campo del linguaggio e del sapere dell'Altro; e questo resto ha a che fare proprio con qualcosa di inerente al desiderio inconscio, con la sua causa, con la pulsione che preme e ritorna costantemente ripetendosi come l'Identico che pretende soddisfazione, che pretende l'assimilazione all'Uno. In contrasto alla formula cara all'idealismo hegeliano, non tutto il reale e' razionale.
La questione del Sommo Bene si pone ancestralmente per l'uomo, ma lui, l'analista, sa che tale questione e' una questione chiusa. Non soltanto quel che egli gli chiede, il Sommo Bene, egli non l'ha di certo, ma sa che non c'e'. Aver condotto a termine un'analisi altro non e' che aver incontrato tale limite su cui si pone tutta la problematica del desiderio"(4) Il Buco nella strutturaNell'insegnamento di Lacan il padre e' quell'operatore di linguaggio che permette la trasformazione del reale in razionale, che rende possibile la simbolizzazione del mondo, che sostiene la domanda del soggetto in quanto orientata dal desiderio.Lacan parla a tale proposito del padre come di una metafora, ovvero di quell'elemento linguistico in grado di arrestare lo scivolamento infinito della catena significante, dei simboli che costituiscono l'universo del linguaggio. In altre parole, permette che un significante arresti la sua corsa agganciandosi percio' ad un significato riconoscibile. La metafora paterna funziona da relais tra il significante e il significato, permette una loro congiunzione, rendendo possibile in questo modo ogni comunicazione interumana. Occorre ora che facciamo un grosso passo in avanti all'interno dell'insegnamento di Lacan; precisamente fino alla svolta che mettera' in luce l'inconsistenza del padre e della sua funzione di operatore di simbolizzazione del mondo, convertitore simbolico in grado di trasformare il reale in razionale. Nell' insegnamento di Lacan il soggetto, il soggetto dell'inconscio, svanisce catturato dalla catena significante; viene portato al largo, secondo la sua celebre formula "un significante rappresenta il soggetto per un altro significante". E' l'azione del significante, del linguaggio, a cui fa supporto la funzione del Nome-del-Padre a permettere questa afanisi, a far si' che qualcosa venga allontanato dal campo del soggetto per essere posto nel campo dell'Altro, permettendo al soggetto di accedere al funzionamento del principio del piacere a di proteggersi dall'angoscia della vicinanza al reale, all'impossibilita' di rispondere autonomamente alla domanda: cosa vuole l'altro da me? Tutto cio' fino a quando egli non intendera' l'Edipo come "sogno di Freud", definendone in tal modo il campo dell'al di la'. La pulsione ritorna e non domanda piu' nulla all'Altro, semplicemente si soddisfa in un pezzo del corpo del soggetto. Se e' vero che il razionale fallico suggerito dal Nome-del-Padre erode il reale, lo "mangia", lo scava, e' altrettanto vero che non riesce a ingoiarlo del tutto e un boccone gli va di traverso. Il reale e' precisamente un buco dal punto di vista del simbolico, il buco dove manca precisamente l'Altro dell'Altro, il padre simbolico razionale che garantisce per intero l'ordine del mondo, del reale, e Lacan nel seminario dedicato a Joyce e alla sua opera ce ne parla in questi termini:
Il reale da' fuoco a tutto. Ma e' un fuoco freddo. Il fuoco che brucia e' una maschera, se posso cosi' dire, del reale. Il reale va cercato dall'altro lato, dal lato dello zero assoluto. Ci si e' comunque arrivati. Non c'e' limite a cio' che si puo' immaginare come alta temperatura. Per il momento non c'e' un limite immaginabile. La sola cosa che ci sia di reale e' il limite in basso… L'orientamento del reale, nel mio insegnamento, forclude il senso"(5) In questi termini il soggetto dell'inconscio portatore del desiderio trova la sua causa precisamente in quel buco di significazione che esiste nel sapere dell'Altro. Il soggetto emerge da un buco nel sapere. La scienza, il sapere e il campo della CosaDella risposta che fornisce il discorso contemporaneo del sapere, il discorso della scienza, Lacan scrive nel suo seminario dedicato all'etica della psicoanalisi, affermando che:
Ciascuno sa che una tale prospettiva si rivela in fin dei conti nella storia rappresentare un fallimento. Il discorso della scienza e' determinato da questa Verwerfung, e probabilmente per questo - quel che e' rigettato dal simbolico riapparendo secondo la mia formula, nel reale - si trova a sfociare su una prospettiva in cui, al limite della fisica, si profila appunto qualcosa di altrettanto enigmatico della Cosa"(6) Si potrebbe affermare che tutto l'insegnamento di Jacques Lacan "gira intorno" a questo, alla Cosa propriamente detta, a cio' che resta per definizione al di fuori del sapere, del campo del linguaggio. Uno dei riferimenti che Lacan ci da per intendere la Cosa e' il saggio di Heidegger "Das Ding". Heidegger approccia la questione della Cosa accostandosi ad essa a partire dalla metafora del vaso. Il lavoro dell'artigiano e' teso a ritagliare un confine, creando ex nihilo uno spazio in quanto vuoto e potenzialmente pieno allo stesso tempo, dividendo il dentro dal fuori, mettendo in comunicazione l'interno con l'esterno; e cio' che fa non e' nient'altro che ritagliare un limite, un confine, un lembo di spazio. Nella teoria di Lacan il linguaggio opera allo stesso modo: ritaglia un confine intorno al vuoto, al reale della Cosa, della Cosa Materna, del Sommo Bene per porre un argine alla spinta mortifera del godimento della Cosa.
E proprio in quanto la funzione del principio di piacere e' di far si che l'uomo cerchi sempre cio' che deve ritrovare ma che non puo' certo raggiungere, che l'essenziale sta proprio qui, in questa molla, in questo rapporto che si chiama la legge dell'interdizione dell'incesto"(7) Essere consapevoli che il Sommo Bene non esiste significa proprio aver rinunciato alla pretesa di colmare con il sapere il buco forclusivo del reale, il vuoto lasciato dall'Altro che non esiste; si tratta di fare propria la mancanza e accettare il fallimento paterno, il paterno come fallimento, uscire dal discorso dell'Altro in cui siamo entrati a far parte come punto di collegamento intergenerazionale e fare i conti con la mancanza strutturale dell'Altro che abbiamo colmato con il nostro sintomo. Fare propria quella realta' per cui, ci dice Lacan, "il rapporto sessuale non esiste", nel senso che per l'essere parlante, per il "parlessere" non e' possibile fare Uno con l'Altro, nemmeno attraverso la legge del padre che garantisce le norme dello scambio sessuale civile, nemmeno, dunque, attraverso la pretesa del sapere assoluto che mira a ricoprire il buco della Cosa. Per questa ragione l'obiettivo di ogni talking cure non puo' essere il ricorso ad un Ideale, qualsivoglia esso sia, cui far tendere il soggetto, una pretesa normalizzazione o armonizzazione in grado di promettere la felicita' e il buon rapporto con l'Altro. La psicoanalisi insegna che il rapporto con l'Altro e' problematico in quanto tale, e lo diventa ancor piu' quando questa problematicita' viene misconosciuta, quando si nasconde sotto il velo della gratuita' dell'amore e della pretesa di fare il "bene dell'altro" il lato oscuro dell'amore stesso, sentimento di cui Freud parlava come di un'impulso cannibalico, assimilativo, distruttivo, teso ad eliminare l'Altro nella propria irriducibile alterita'. L'odio diventa percio' l'altra faccia dell'amore, dell'amore preteso e impossibile, dell'amore che mira alla ristrutturazione dell'Identico, dell'Uno, sintesi tra il soggetto e l'Altro. La caduta dell'Ideale di una presa totale sul reale, di un'armonizzazione definitiva, ideale universalizzante che oggi si presenta con la veste del sapere assoluto sul soggetto, diventa prerequisito necessario di chi intende portare avanti la cura dalla parte del "soggetto-supposto-sapere", espressione che Lacan utilizza per designare l'analista come colui che e' ritenuto dal soggetto in grado di spiegare, di risolvere con la sua conoscenza la sofferenza che lo attanaglia, ma che in realta' non sa un bel niente, se non precisamente questo: che esiste qualcosa dell'ordine del non sapere; ed e' con questa Cosa che bisogna fare i conti, con questo buco strutturale che condanna il soggetto ad essere tragicamente libero dal sapere dell'Altro, dal discorso dell'Altro.
Infatti, cos'altro cerchiamo nell'analisi, se non una verita' liberatrice? Ma attenzione, non e' il caso di fidarsi delle parole e delle etichette. La verita' che cerchiamo in un'esperienza concreta non e' quella d'una legge superiore. Se la verita' che cerchiamo e' una verita' liberatrice, e' una verita' che andiamo a cercare in un recesso del nostro soggetto. E' una verita' particolare... Il Wunsch [desiderio] non ha il carattere di una legge universale, ma al contrario della legge piu' particolare - anche se e' universale che questa particolarita' la si incontri negli esseri umani".(8) NOTE E BIBLIOGRAFIA:(1) J. Lacan, Seminario VII, pag.170. S. Freud, Tre saggi sulla teoria sessuale, in Opere, Vol. 4, Bollati Boringhieri
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