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Offerte lavoro psicologi

scritto da:
Dott. Stefano Sirri

Direttore del Centro HT

- HT Page Stefano Sirri

articolo tratto da psico-pratika - Numero 16 Anno 2005

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Articolo: 'Offerte lavoro psicologi: Consigli per trovare lavoro in psicologia'


OFFERTE LAVORO PSICOLOGI: Consigli per trovare lavoro in psicologia


Trovare lavoro come psicologi non e' sempre semplice.
Questo articolo vuole dare alcuni consigli per evitare di darsi la "zappa sui piedi" da soli.
Per uno psicologo trovare lavoro puo' essere difficile, eppure, contrariamente a quello che si pensa, nella psicologia ci sono ancora molti spazi: lo scopo dell'articolo e' iniziare a capire come fare per poterli occupare.

Il curriculum dello psicologo.

La prima trappola su cui e' facile cadere e' quella del curriculum.
Nel 90% dei casi l'errore e' nel fare un CV!

Questa affermazione sembra strana, ma se ci fermiamo a riflettere, riusciamo a capirne il perche'.

Quando ha senso redarre un curriculum?
Ha senso realizzarlo nelle "normali" ricerche di lavoro, in cui dall'altra parte abbiamo un'azienda, e questa azienda vuole assumere una figura precisa.
In queste situazioni il curriculum serve all'azienda per avere una traccia di quanto quel candidato soddisfi le aspettative che l'azienda si e' posta.
Quasi in ogni altra occasione, il curriculum e' un vero e proprio intralcio.

Quanto spesso accade di leggere su un giornale, su internet, o da un'altra parte di un'azienda che assume psicologi?
Purtroppo succede raramente.

Generalmente quando ci proponiamo ad una cooperativa, ad un centro specializzato, ad una scuola (per esempio come come psicologo scolastico), ad una organizzazione che si occupa di formazione, ecc. siamo di fronte ad una situazione molto diversa da quella descritta precedentemente: probabilmente potremmo lavorare con loro da professionisti, piu' difficilmente saremo assunti come dipendenti.

La mia affermazione nasce proprio da questa constatazione: un professionista non si presenta mai con un curriculum, in quanto il farlo, crea un'immagine svilente per la sua professionalita'.

Per capire meglio questo concetto basta provare ad immedesimarsi nella situazione opposta: hai un tuo studio da psicologo o psicoterapeuta, lo studio e' perfettamente avviato, ed in effetti vedi con regolarita' un buon numero di pazienti.
Il tutto prosegue tranquillamente, poi, ad un certo punto si presenta uno psichiatra con il suo curriculum in mano.
Lo psichiatra, non appena si e' presentato, inizia raccontandoti tutti i corsi che ha fatto, poi passa a spiegarti il perche' puo' essere importante una visita psichiatrica e continua parlandoti di alcuni casi in cui la psichiatria ha fatto passi da gigante ...

Mettiamo invece che questa stessa persona, anche parlando del piu' e del meno, ti mostrasse prima di tutto il suo lato umano, cercando in tutti i modi di gettare le basi per costruire un rapporto con te, rapporto basato prima di tutto sulla fiducia ed il rispetto reciproco.

Con quale dei due collaboreresti piu' facilmente?

In breve, se ti proponi per rispondere ad un annuncio che parla di assunzione, e' utile preparare un curriculum, se invece ti stai proponendo ad un centro (benessere, medico, sportivo, ecc.), ad una cooperativa sociale, o ad un'altra situazione simile, presentare un curriculum e' controproducente, in quanto l'eventuale relazione che si andra' a sviluppare non sara' di dipendente verso datore di lavoro, ma di collaborazione tra professionisti.
Nella collaborazione tra professionisti non dobbiamo dimostrare di "saper fare bene lo psicologo", ma di riuscire a collaborare efficacemente con loro (quindi la parola d'ordine e' costruire un rapporto di stima e fiducia reciproca).

Nota: in questo articolo si da per scontato che dobbiamo essere dei professionisti capaci, e che quindi ci si propone per un lavoro solo nel momento in cui si e' in grado di farlo. Se mancano delle competenze importanti, forse piu' che cercare lavoro, devo trovare un buon corso di formazione.

Buongiorno, sono uno psicologo, che cosa vi serve?

La seconda trappola e' presentarsi, spiegare accuratamente chi siamo e cosa facciamo, aspettando che siano loro ad orientarci su cosa hanno bisogno.
In questo caso, se abbiamo fortuna, ci proporranno un lavoro "sotto-qualificato" (es. educatore), o "sotto-pagato" (volontariato?), piu' spesso ci risponderanno che "sono al completo".

Spesso succede questo perche' non sanno bene come poterci utilizzare all'interno della struttura, che vantaggi potrebbero avere, ecc.
Facilmente pensano: o gli faccio fare quello che gia' conosco e so che puo' servire (es. educatore), oppure (volontariato): preferisco evitare di spendere soldi per qualcosa che forse e' interessante ma che non sono sicuro di aver capito e sicuramente non saprei gestire a dovere.

Il punto e': in quasi tutti i centri (benessere, medici, sportivi, sull'alimentazione, ecc.), come in quasi tutte le cooperative sociali (devianze, condizioni femminili, immigrazioni, strati sociali deboli, handicap, tossicodipendenze, malattia mentale, ecc.) c'e' un forte bisogno di psicologi, eppure quasi nessuna di queste ha in organico la figura dello psicologo.

La situazione e': se andiamo in queste strutture e ci presentiamo pensando che "se non hanno psicologi, evidentemente saro' gradito", stiamo facendo un grosso errore: "se non hanno psicologi, e' perche' ad oggi non ne hanno ancora capito l'importanza!".

Risulta piu' semplice riuscire a lavorare dove ci sono gia' altri psicologi (per esempio conosco piu' cooperative che hanno almeno due psicologi, rispetto a quelle che ne hanno uno solo; oppure ci sono medici di base che ospitano nel proprio studio 2 o anche 3 colleghi).
Questi casi risultano piu' semplici proprio perche' la struttura ha gia' affrontato e superato tutta una serie di problematiche.

Purtroppo pero' nella maggioranza dei casi lo psicologo non e' ancora presente.
La strada maestra per riuscire a lavorare nei centri dove ancora lo psicologo non c'e' e' essere i piu' concreti possibile.
La psicologia viene vissuta in modo forse troppo astratto, e per questo alcune persone o diffidano di noi, e faticano a darci la possibilita' di dimostrare quello che si puo' realisticamente fare.
Oltre a questo, e sicuramente piu' spesso, il responsabile di una struttura si sente inadeguato a dirigere il nostro lavoro (che cosa gli faccio fare?).
Gestire il lavoro di uno psicologo, se non si ha esperienza in merito o una buona competenza psicologica, e' una cosa difficile: "Esattamente, quali compiti puo' svolgere?"; "Che risultati posso aspettarmi?"; "In quali tempi?"; ecc.
Ancora piu' complesso e' capire come inserire il lavoro dello psicologo all'interno della struttura: "Quali saranno i rapporti con gli altri operatori?"; "In quale punto del processo si inserisce il lavoro psicologico?"; "Come delimitare i confini e le competenze con le altre figure professionali?"; ecc.

In realta' abbiamo buone probabilita' di riuscire a lavorare in queste realta', a patto di presentarci seguendo alla perfezione alcune regole.
La piu' importante e' la seguente: presentarsi con un progetto concreto, strutturato nelle sue parti, ed in cui si evidenziano quelli che possono essere i vantaggi reali per il loro lavoro.

Ad esempio, si tratta di una cooperativa che gestisce una casa di riposo per anziani?
Un progetto che potrebbe essere interessante per loro e' strutturare un intervento sul burn out: diminuire il turn over degli operatori; i periodi di malattia; i conflitti interni, ecc.
Il progetto deve essere ben strutturato nelle sue parti, meglio se costruito in modo semplice e, deve essere credibile per la controparte.

Una cosa che meravigliera' molti colleghi e' che mi e' capitato spesso di sentire le "lamentele opposte": per esempio dirigenti di cooperative che si lamentano di non riuscire a trovare psicologi!
Ad esempio la presidentessa di una cooperativa una volta mi ha detto: "mi arrivano spesso curriculum di psicologi, che io regolarmente cestino: la mia cooperativa non ha i soldi per assumere uno psicologo. Se invece mi proponessero un progetto, sarei piu' che disponibile a supportarlo e anche ad andare dall'assessore per richiedere dei fondi, oppure a stilare la relativa documentazione per presentarlo ad un bando".

Queste problematiche spesso nascono dal non aver ben capito come funziona una determinata realta', o dal non avere ben chiari quelli che sono i nostri obiettivi.

Utilizzare il CV, e' un atto comunicativo che implicitamente significa due cose:
- voglio essere assunto;
- ditemi voi che cosa mi potete far fare (nel senso: mi dovete organizzare il lavoro).

Le reazioni negative ("Non abbiamo bisogno") in tantissimi casi derivano proprio da questi messaggi impliciti:
1) difficilmente si assume, in senso stretto, una figura di alto livello (questo e' vero in qualsiasi ambiente, ed in modo particolare nel nostro), mentre piu' facilmente si instaura una collaborazione;
2) e' altamente improbabile che serva una figura di alto livello a cui si debba organizzare il lavoro. Noi come psicologi siamo paragonabili a figure dirigenziali: mentre solitamente si assume un impiegato e si presuppone di organizzargli il lavoro (e' l'azienda che gli dice che cosa deve fare), non ha molto senso inserire in una struttura un dirigente, o un manager, che siano poi da gestire da altri.
Detto in modo esplicito: quando uno psicologo si propone, deve aver gia' chiaro che cosa vuole fare, e come lo puo' concretamente realizzare.

Questo discorso e' fondamentale in tutti i casi in cui siete voi a proporvi alla struttura, e questa non ha gia' al suo interno almeno un collega.
Da tenere presente che molto facilmente questo puo' risultare determinante anche quando vi sono gia' degli psicologi all'interno della struttura.
Il punto non e' solo il "che cosa gli faccio fare", ma anche, e a volte soprattutto, il fatto che la struttura ha bisogno di inserire una persona autonoma, in grado di organizzarsi e gestirsi da sola, e che abbia capacita' propositiva necessaria al compito che andra' a svolgere.
Viceversa, se ci affidiamo alle proposte dell'altra parte (la struttura a cui ci si presenta), questo approccio viene facilmente interpretato come mancanza di queste qualita' ("Se fosse una persona autonoma, in grado di auto-organizzarsi, si sarebbe sicuramente presentato in modo diverso").

Esistono due strade principali da percorrere:
- Costruire un progetto strutturato, e poi analizzare quali siano le strutture a cui lo si puo' proporre.
- Decidere a quali strutture proporsi, analizzare in dettaglio le realta' specifiche, e costruire un progetto su misura per queste.

Per costruire un progetto la prima domanda da porsi e' "In che modo la loro attivita' si sostiene economicamente?".
Dobbiamo riuscire ad influire su questo punto, creandogli, o delle nuove occasioni, o diminuendo in qualche modo le loro spese. Forse e' banale, ma e' cosi'.

Solitamente le possibilita' sono tre:
1) riuscire a portare nuove persone/clienti/pazienti;
2) proporre alle persone che gia' frequentano, ad esempio il centro, un nuovo servizio che sia in linea con la loro impostazione;
3) ottimizzare i processi all'interno della struttura, in modo tale da renderli piu' fluidi, economici, efficienti, efficaci, di qualita', ecc.

Ovvio e' che per un neo-psicologo la strada che sembra piu' semplice da percorrere sia la seconda (es. proporre una consulenza psicologica all'interno del centro). Questa e' la cosa piu' semplice da proporre, e anche da pensare, ma e' quella che risulta meno interessante e che verra' piu' facilmente rifiutata.
La possibilita' che ti potrebbe dare i migliori risultati e' sicuramente la prima.
Erroneamente si pensa che portare nuove persone sia impossibile per un neo-psicologo, invece nel complesso e' la strada piu' semplice e stimolante da seguire.

Anche su HumanTrainer.Com succedono casi analoghi: veniamo contattati attraverso curriculum e non con proposte concrete.
La realta' paradossale e' che HumanTrainer.Com e' ben disposta a costruire nuove collaborazioni, eppure non e' attraverso un curriculum che puo' iniziare un rapporto proficuo, proprio per i motivi discussi precedentemente.

Sono uno psicologo, ho fatto questo, quello e anche l'altro...

La terza trappola e' parlare di quello che si e' fatto: che riguardi la formazione, o che riguardi altri lavori svolti, il discorso cambia di poco.

Nella comunicazione faccia-a-faccia queste cose dovrebbero essere date per scontate, in quanto, se le sottolineiamo, quello che in realta' stiamo comunicando (e che l'altro ad un certo livello percepisce) e' che sentiamo il bisogno di dimostrare che siamo "all'altezza", quindi, paradossalmente, che noi ci sentiamo insicuri.

La cosa importante non e' se siamo realmente insicuri oppure no, ma che in qualche modo induciamo l'altro a pensarlo, e non sarebbe un buon inizio.

Proviamo a riprendere il caso ipotetico dello psichiatra che si propone per collaborare con noi.
Se esordisce dicendo: "Il mese scorso ho curato un depresso ...", in questi casi, spesso il pensiero che viene all'ascoltatore e' che egli abbia trattato un solo depresso in vita sua, e che voglia farsi passare per quello che non e' (cercando di far credere di essere piu' bravo e con piu' esperienza rispetto alla realta').
Si tende a dare per scontato che uno psichiatra sappia che farmaci prescrivere nelle problematiche piu' comuni, che sappia come lavorare, e che abbia gia' avuto in cura delle persone.
Nello stesso modo, le persone danno per scontato che lo psicologo sappia gestire efficacemente certe situazioni.

Rimanendo nell'esempio: in quali casi gli fareste delle domande sulla sua formazione, sulle sue competenze specifiche da psichiatra, o sulla sua esperienza professionale?

I casi in cui succede sono generalmente due:
- Il motivo meno probabile e' che gli facciate queste domande perche' lui, nel suo comportamento, o nel suo atteggiamento, vi ha in qualche modo messo dei dubbi sulla sua professionalita'.
- Il motivo di gran lunga piu' probabile e' che abbiate in mente un paziente e vogliate capire meglio la situazione (in che modo uno psichiatra puo' essere utile in quel caso?).

Il punto da tenere a mente e' questo: le persone danno per scontato che un professionista sappia fare il suo lavoro, a meno che sia il professionista stesso a dargli modo di pensare altrimenti.

In bocca al lupo,
Stefano Sirri

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