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Psicologi ed obbligo del POS: un obbligo non sanzionatoL'articolo "Psicologi ed obbligo del POS: un obbligo non sanzionato" parla di:
Articolo: 'Psicologi ed obbligo del POS: un obbligo non sanzionato'A cura di: Giovanni Petrachi
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Studio Commercialisti Associati Lo scorso 30 giugno il terminale POS è entrato a far parte delle apparecchiature elettroniche comunemente utilizzate dagli studi professionali. Questa volta, però, non si tratta di tecnologia volta a migliorare la qualità delle prestazioni erogate, bensì di un costoso strumento dalla dubbia utilità rispetto alle finalità per le quali è stato imposto. L'obbligo per i professionisti, inclusi gli Psicologi, di accettare pagamenti "anche" con modalità informatiche, in particolare carte di debito (bancomat), è stato introdotto dall'art. 15, comma 4, del Decreto Legge 18 ottobre 2012 n. 179, con data di decorrenza fissata al 1° gennaio 2014. Successivamente, con Decreto Legge 30 dicembre 2013 n.150, convertito con modificazioni dalla Legge 27 febbraio 2014 n. 15, «al fine di consentire alla platea degli interessati di adeguarsi all'obbligo di dotarsi di strumenti per i pagamenti mediante carta di debito (POS)», tale termine è stato appunto posticipato al 30 giugno 2014. Il Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 24 gennaio 2014, ha definito le modalità di accettazione delle carte di debito da parte dei professionisti quale strumento di pagamento delle prestazioni erogate, limitando l'obbligo, in sede di prima applicazione, ai pagamenti di importo superiore ai 30 euro ed ai professionisti che nell'anno precedente hanno dichiarato un fatturato superiore a 200.000 euro; nello stesso si anticipa che con un nuovo decreto potrebbero essere stabilite nuove soglie e nuovi limiti di fatturato rispetto a quelli indicati. Alla data di pubblicazione del presente articolo, è venuto meno il limite di fatturato (come previsto all'art. 2 - comma 2 - del decreto dello scorso gennaio), pertanto tutti i professionisti sono interessati dall'obbligo, resta invece valida la soglia minima dei 30 euro di spesa. Numerose sono state le proteste avanzate da parte di tutte le categorie professionali, volte soprattutto ad evidenziare il carattere vessatorio della misura, che obbliga i soggetti interessati al sostenimento di costi spesso spropositati rispetto al numero di operazioni mediamente effettuate. Non poche anche le critiche rispetto al principio alla base del provvedimento: ridurre l'uso del contante e di conseguenza l'evasione fiscale. Perché, se da un lato la tracciabilità dei pagamenti rappresenta un valido sistema per rendere visibile al fisco una più ampia base imponibile, è altresì nota l'esistenza di strumenti alternativi che consentono di raggiungere il medesimo scopo, con costi decisamente più contenuti, quali l'assegno o il bonifico bancario. Inoltre, l'obbligo di dotare il proprio studio professionale di un terminale POS appare ancor più oppressivo se si considera che la norma rimanda agli accordi tra le parti la scelta del tipo di pagamento. Da ciò si evince che, qualora il professionista stabilisca con i propri clienti sempre modalità di pagamento alternative, il canone periodico del congegno non troverebbe giustificazione alcuna. Ma, quando l'amara rassegnazione sembrava prendere il sopravvento, si è materializzato uno spiraglio, la classica provvidenziale via d'uscita, il fatidico appiglio estremo a cui aggrappare le coscienze: il chiarimento fornito dal sottosegretario all'Economia Enrico Zanetti in risposta all'interrogazione dell'onorevole Marco Causi in Commissione Finanze alla Camera, che fuga ogni dubbio rispetto alla possibilità di applicare sanzioni a professionisti e imprese che non volessero adeguarsi alle disposizioni sin qui esaminate. Si tratta, in pratica, della conferma di quanto sostenuto dal Consiglio nazionale forense e dalla Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro,
ovvero che la norma in questione stabilisce semplicemente un onere e non un obbligo giuridico. Appare evidente che questa precisazione del Ministero dell'Economia e delle Finanze non risolve certamente il problema, l'auspicio è che possa temporaneamente ammorbidire le tensioni che si sono inevitabilmente generate e consentire di approdare ad una soluzione che tenga conto dell'enorme diversità di condizioni in cui professionisti e imprese si trovano ad operare. È necessario considerare che in questo periodo di profonda crisi economica non possono essere imposte ulteriori spese e che la migliore efficienza del sistema non debba essere raggiunta con il sacrificio di singole categorie. N.B. Cosa ne pensi? Lascia un commento
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