LACAN, L'INCONSCIO E LA NEGAZIONE
Introduzione
In questo lavoro prenderemo in esame il testo di Freud La negazione.
Questo breve scritto, che e' stato lavorato a lungo da Lacan nel Seminario I e verra' ripreso nel Seminario III, viene citato
una sola volta nel Seminario II (1).
Cio' nonostante ne La negazione possiamo rintracciare indicazioni e chiarimenti a sostegno delle tesi che Lacan elabora nel corso di
questo Seminario, in particolare a riguardo dell'azione di misconoscimento operata dall'Io sull'inconscio e della differenza radicale tra il
sistema dell'Io e il sistema dell'inconscio.
Lungi dal considerarli uno il rovescio dell'altro, deriva presa dalla gran parte della psicoanalisi post-freudiana, Lacan, nella sua rilettura
dei testi freudiani, separa definitivamente queste due istanze.
Nel Seminario II, Lacan distingue tra l'Io immaginario e il soggetto dell'inconscio: il soggetto non si confonde con l'individuo,
e' decentrato rispetto all'individuo (2) e afferma: "[...] non c'e' nessuna specie di rapporto da negativo a positivo
fra l'io e il discorso inconscio, quel discorso concreto nel quale l'io e' immerso esercitando la sua funzione di ostacolo, di interposizione,
di filtro.
L'inconscio ha il suo dinamismo, i suoi afflussi, le sue vie.
Puo' essere esplorato secondo il suo ritmo, la sua modulazione, il suo proprio messaggio, del tutto indipendentemente da cio' che lo
interrompe" (3).
Il testo princeps che Lacan utilizza nel secondo Seminario per questa dimostrazione e' Al di la' del principio di piacere,
opera del 1920 che Freud scrive "[...] nel momento in cui la tecnica analitica virava e in cui si poteva credere che resistenza e
significazione inconscia corrispondano come dritto e rovescio, cio' che funziona secondo il principio di piacere nel sistema detto primario
appare come realta' nell'altro, e inversamente" (4).
Con Al di la' del principio di piacere, Freud accantona l'idea che ci sia una corrispondenza biunivoca tra il sistema dell'Io e
quello dell'inconscio in quanto considera che nell'inconscio vi e' un'insistenza, una compulsione alla ripetizione, che non soddisfa il
piacere in quanto tale: "[...] l'inconscio non puo' essere raggiunto come tale, e si fa intendere in modo paradossale, doloroso,
irriducibile al principio di piacere" (5).
C'e' dunque qualcosa che sfugge al principio di inerzia, di omeostasi, che Freud nomina "istinto di morte".
In definitiva, Freud sottolinea il fatto che non c'e' simmetria tra i due sistemi, non sono l'uno il rovescio dell'altro e dunque non si
puo' operare sull'uno sperando in qualche modo di operare anche sull'altro.
La negazione: linee di lettura
Nel testo La negazione, Freud mette bene in evidenza il fatto che l'inconscio non sia il negativo del conscio, nonostante a prima
vista questa tesi, in questo scritto, risulti quanto meno un po' azzardata.
Questo articolo e' stato pubblicato nel 1925 e si inserisce dunque in un contesto teorico che aveva gia' visto l'elaborazione della seconda
topica ed era in massima parte definito.
Si tratta di uno scritto molto denso, in cui Freud si addentra in argomenti di primaria importanza: dall'azione della rimozione, alla
distinzione tra intelletto e affetto; dalla genesi del pensiero, alla costituzione della realta' oggettiva.
Non si tratta dunque solo di definire in cosa consista il meccanismo della negazione come agente concreto del discorso, ma di valutarne
la portata a livello della costituzione stessa del soggetto.
La negazione, nell'accezione psicoanalitica comune, viene considerata un procedimento difensivo attraverso il quale l'individuo formula
associazioni fino ad allora rimosse, ma allo stesso tempo rifiuta di riconoscerle come proprie.
Nel saggio che dedica a questo argomento, Freud tenta pero' di dare uno statuto psicologico alla negazione e fa della Verneinung un
elemento costitutivo della realta' soggettiva, non riducibile ad una semplice funzione difensiva.
Piu' volte nel corso della sua opera, Lacan riprende questo piccolo scritto e lo definisce un testo "folgorante", "straordinario",
"stupendo".
Seguiremo le pieghe del testo di Freud prendendo come riferimento per la lettura l'importante analisi effettuata da Jean Hyppolite
nel 1954 su invito di Lacan durante i lavori del suo primo Seminario e il relativo commento fattone da Lacan stesso.
Cercheremo inoltre di tracciare i punti di apertura che il testo offre rispetto ai temi di interesse di Lacan in questo periodo.
Hyppolite ci fa subito presenti due cose:
La prima e' che, in linea con Lacan, bisognerebbe tradurre il termine Verneinung con la parola "denegazione" piuttosto
che con "negazione", svincolando in questo modo la negazione dai suoi legami strettamente grammaticali e attribuendogli invece uno
statuto prettamente psicologico.
Non esiste, infatti, corrispondenza perfetta tra denegazione e negazione in quanto la prima e' il rifiuto assoluto, il rifiuto psicologico
di riconoscere i propri desideri, pensieri o sentimenti nel momento stesso in cui li enunciamo.
La Verneinung, come denegazione, puo' essere chiaramente distinta dal segno grammaticale negativo e riguarda precisamente il modo in cui l'Io
prende conoscenza del rimosso rinnegandolo completamente.
La denegazione designa dunque questo momento di misconoscimento operato dall'Io nei confronti dell'inconscio, che Lacan esalta in tutta la sua
opera.
La seconda cosa che sottolinea Hyppolite e' che per comprendere questo testo bisogna distinguere tra la negazione interna al
giudizio e l'atteggiamento della negazione.
Si tratta cioe' di differenziare il simbolo della negazione, che e' da considerare come simbolo base della costituzione del soggetto e la
negazione che si rivela nell'esperienza, che e' anche cio' che mette in luce la divisione soggettiva.
Lacan spingera' oltre questo concetto di divisione affermando che la negazione primordiale (il simbolo della negazione di Freud), va nel
senso di un'assenza originaria come elisione interna del significante e posto vuoto da cui emerge il soggetto.
La manifestazione della negazione (la denegazione di Lacan), non sara' altro che un effetto di questo annullamento primario rappresentando
la possibilita' per il soggetto di esistere anche se interdetto, di affermarsi anche se sotto negazione.
Ma riprendiamo in mano Freud.
Prima parte: gli esempi clinici
Nella prima parte del testo, Freud ci presenta dei casi concreti presi dalla pratica analitica.
All'inizio, Freud sottolinea come sia interessato al "modo" in cui i suoi pazienti presentano quello che viene loro in mente piu'
che al "contenuto" di quello che dicono.
Cio' che interessa Freud non e' tanto il contenuto in se stesso, ma il modo in cui viene trasmesso.
L'idea che il dire conti piu' del detto, la supremazia dell'enunciazione sull'enunciato, sta alla base stessa della regola analitica
fondamentale dell'associazione libera in cui il "dire tutto cio' che viene in mente" fa emergere la funzione della censura
evidenziando, fin da subito, che l'io non e' autore della propria parola, ma e' parlato.
I due esempi che Freud riporta e le due prove seguenti che vengono a confermarli ci introducono gradatamente nel campo in cui opera la
negazione.
Si tratta di situazioni in cui Freud evidenzia il fatto che un pensiero puo' venire alla luce, superare le barriere della rimozione, proprio
perche' viene rifiutato.
Noto a tutti e' l'esempio in cui una persona del sogno e' nominata sotto negazione: "Lei domanda chi possa essere questa persona del sogno.
Non e' mia madre" (6).
Da qui, dice Freud, si puo' essere certi che e' la madre.
Dunque, un'associazione che era affiorata alla mente viene negata perche' non può essere accettata; il pensiero passa, ma solo in quanto
negato.
Freud continua la sua spiegazione di come far luce sul materiale inconscio rimosso mettendo bene in mostra che il soggetto puo' rappresentarsi
solo dietro copertura, solo sotto negazione.
Si tratta, afferma Hyppolite, di "un modo di presentare cio' che si e' secondo il modo di non esserlo" (7) ed e'
proprio questo non-essere a costituire l'essere: "Le diro' cio' che non sono; attenzione, e' cio' che sono" (8).
Questa modalita' di prendere conoscenza del rimosso, non elimina pero' la rimozione stessa che, se pure viene in parte revocata, sussiste
quanto all'essenziale, cioe' nella forma della non accettazione del rimosso, sotto forma di negazione.
La negazione, facendo leva sulla rimozione, si avvicina al desiderio inconscio senza poterlo riconoscere come proprio.
La separazione intelletto/affetto e la genesi del pensiero
E' in questo punto che Freud dichiara la separazione dell'intellettuale dall'affettivo: "Si vede come la funzione intellettuale si scinde
qui dal processo affettivo" (9).
Questa piccola frase apre a un campo di indagine molto sofisticato in cui Freud pone le basi per formulare una sorta di genesi del pensiero,
genesi mitica piu' che psicologica, di un pensiero che puo' essere colto solo con l'intermediario della negazione.
Freud sottolinea, inoltre, che ne' la negazione, ne' l'accettazione intellettuale del rimosso, sono sufficienti ad abolire il processo della
rimozione, il quale continua ad operare al di la' del piano della coscienza.
Prendere coscienza del rimosso non significa dunque accettarlo; qualche cosa del rimosso continua ad esistere, sfugge, non puo' essere compreso.
La negazione, se permette a un contenuto di giungere alla coscienza, non e' però garanzia dell'annullamento della rimozione.
Anche una volta vinta la negazione ed accettato il rimosso, il processo stesso della rimozione continua ad operare.
Hyppolite nomina questo procedimento come "negazione della negazione": "Letteralmente cio' che qui appare e' l'affermazione
intellettuale, ma solamente intellettuale, in quanto negazione della negazione" (10).
La carica pulsionale affettiva rimane nel rimosso.
Il "no", il simbolo della negazione, e' il segno, l'evidenza, della permanenza della rimozione.
Come scrive Freud: "Negare alcunche' nel giudizio e' come dire in sostanza: Questa e' una cosa che preferirei rimuovere"
(11).
La negazione intellettuale e' dunque un voler tornare dalla parte del rimosso, rimane essa stessa rimozione.
La rimozione e' contrassegnata, dice Freud, dalla negazione, trova qui il suo marchio, il suo certificato di origine.
Grazie al simbolo della negazione il pensiero si affranca dalla rimozione e diventa operante, il "no" del giudizio intellettuale lo libera
dalle restrizioni che la rimozione impone.
Il pensiero, prima imprigionato nei lacci della rimozione, grazie alla negazione puo' giungere alla coscienza e cominciare a funzionare.
Il simbolo della negazione e' l'evento liberatorio, il pensiero e' ora in qualche modo indipendente dalla rimozione e dunque anche dal principio
di piacere, anche se puo' funzionare solo all'interno delle leggi della negazione.
Il giudizio di attribuzione e il giudizio di esistenza
Freud suddivide la funzione del giudizio in due forme: giudizio di attribuzione e giudizio di esistenza.
Il giudizio di attribuzione e' legato al processo di Bejahung, di affermazione, che Freud pone come precedente necessario ad ogni
possibile applicazione della Verneinung, che le oppone come giudizio di esistenza.
Il giudizio attributivo permette una prima distinzione tra "dentro" e "fuori", dove il dentro e' rappresentato dal piacere
mentre il fuori e' il non piacere, l'impossibilita' radicale del piacere.
Il buono e' cio' che assimiliamo, introduciamo, mettiamo dentro, il cattivo e' cio' che escludiamo, lasciamo fuori, sputiamo.
Scrive Freud: "Per l'Io cio' che e' male, cio' che e' estraneo all'Io, che si trova al di fuori, sono in un primo tempo identici"
(12).
All'inizio dunque nulla e' estraneo all'Io.
La distinzione tra estraneo e se stesso avviene attraverso un'operazione di espulsione, si origina da un'espulsione primaria
(13).
Il dentro si costituisce su un fondo di esclusione.
Nell'elaborazione lacaniana di questo processo mitico, cio' che cade dentro va a costituire il Simbolico, e rappresenta la possibilita'
che qualcosa del significante possa venire alla luce per il soggetto.
Cio' che cade fuori, invece, va dalla parte del Reale che e' costituito dall'insieme delle cose di cui il soggetto, pur avendone fatto
esperienza, non potra' riconoscere se non come estranee, non facenti parte della sua realta'.
A questo livello il fuori e' escluso da ogni simbolizzazione.
C'e' una prima bipartizione che Freud pone come essenziale a ogni possibilita' di rimozione, ad ogni possibilita' di simbolizzazione.
Questa bipartizione Freud l'articola all'affermazione primordiale.
All'origine si oppongono la Bejahung, da cui si origina il campo del Simbolico, e la Verwerfung, da cui si costituisce il Reale.
Su questo Lacan fara' una lunga articolazione che tralascio in quanto non attinente ai nostri scopi (14), mi preme solo
evidenziare che la Verneinung, come denegazione, sara' la conseguenza, nel Simbolico, della pulsione di distruzione da cui il Simbolico stesso
si e' costituito, e quindi sara' la conseguenza di cio' che la parola deve alla morte.
All'interno del Simbolico si dispieghera' il giudizio esistenziale che Freud collega alla Verneinung.
La seconda decisione della funzione del giudizio concerne l'Io reale definitivo che si sviluppa a partire dall'Io piacere grazie all'esame
di realta' e riguarda la possibilita' che l'oggetto presente in quanto rappresentazione nell'io possa essere "ritrovato" nella realta'.
Anche qui si tratta di una distinzione tra un dentro (il rappresentato) e un fuori (la realta') e dunque tra l'esterno e l'interno, il
soggettivo e l'oggettivo.
Il giudizio di esistenza riguarda la costituzione vera e propria del soggetto.
Il giudizio di esistenza interroga lo scarto o la prossimita' fra una rappresentazione e una percezione: il soggetto riproduce la sua
rappresentazione delle cose dalla percezione primitiva che ne ha avuto.
Si reperisce qui il meccanismo della ripetizione in quanto, appunto, la rappresentazione deriva originariamente dalla percezione, ne e' una
sua riproduzione.
Con il giudizio di esistenza Freud interroga la possibilita' di ritrovamento dell'oggetto: il soggetto cerca di ritrovare all'esterno un
oggetto reale corrispondente alla rappresentazione dell'oggetto inizialmente soddisfacente e perduto.
La prima operazione e' un'operazione di ammissione nell'io dell'oggetto buono e soddisfacente, la seconda e' una sorta di "ritrovamento"
nel mondo di questo primo oggetto perduto e permanente nell'io solo in quanto rappresentazione.
L'oggetto perduto freudiano acquista in Lacan lo statuto di oggetto del godimento interdetto.
Con la Verneinung si tratta cosi di ritrovare l'oggetto perduto, l'oggetto causa del desiderio, anelato e irraggiungibile.
In quanto impossibile a ritrovarsi, sebbene sia stato una volta presente, l'oggetto assume in Lacan uno statuto reale e cioe' corrisponde a
quell'oggetto espulso dal campo simbolico che il soggetto ricerchera' sempre in nuovi oggetti sostitutivi.
Non c'e' "no" nell'inconscio
La funzione del giudizio si sviluppa per Freud a partire dalla pulsioni primarie (inclusione nell'Io o espulsione fuori dall'Io) e
corrisponde all'opporsi di questi due gruppi di pulsioni.
Se l'attivita' del giudicare comporta una affermazione e una negazione, c'e' pero' una sorta di dissimetria tra le due, non sono
corrispondenti l'una dell'altra.
Freud infatti afferma che la Bejahung, decisione primaria in cui il giudizio di attribuzione prende la sua origine e' un "sostituto"
dell'unificazione, unificazione che appartiene all'Eros, mentre la Verneinung, processo primario che concerne il giudizio di esistenza, e'
un "successore" dell'espulsione, risulta in seguito all'espulsione ed appartiene alla pulsione di distruzione (15).
Questo spiega, per Freud, il negativismo degli psicotici e il generale piacere di negare come un effetto della soppressione delle componenti
dell'Eros, cioe' come una manifestazione primaria della pulsione di morte.
Che il negativismo degli psicotici sia da intendersi come indice del disimpasto delle pulsioni, ci indica, nella psicosi, una desessualizzazione
totale del linguaggio.
La parola non funziona a livello simbolico, ma fuori simbolizzazione e puo' essere usata di per se stessa, trattata come cosa.
Freud termina il suo articolo articolando tutto questo con il fatto che non esiste "no" nell'inconscio.
E' l'Io che puo' riconoscere l'inconscio solo in una formula negativa, ma questo riconoscimento non e' nient'altro che un misconoscimento,
poiche' una formula negativa segna la possibilita' di detenere l'inconscio pur rifiutandolo, da cui "[...] la coscienza tradisce l'inconscio
e si tradisce essa stessa" (16).
Misconoscere e' dunque per la coscienza il suo modo di riconoscere e la negazione e' una modalita' di accettare il discorso del rimosso
pur mantenendo la rimozione.
Conclusioni
La lettura del pensiero di Freud operata da Lacan ci consente di formulare alcune riflessioni.
In primo luogo l'opposizione fra conscio e inconscio non e' simile all'opposizione si/no, al semplice capovolgimento esistente
tra affermazione e negazione.
Freud non affronta la negazione sulla base dell'idea di una resistenza che bisognerebbe togliere, ma si interroga su cio' che la Verneinung
ci dice di essenziale sul rapporto del soggetto al linguaggio.
La Verneinung va allora distinta dalla mera negazione grammaticale poiche' interessa il modo in cui l'Io prende conoscenza del rimosso
rinnegandolo completamente.
Con la Verneinung abbiamo due versanti: da una parte la negazione come assenza originaria che si sostiene del reale dove trova un oggetto
che lo fissa, dall'altra la denegazione come effetto di questa assenza del soggetto, individuabile nella funzione di misconoscimento operata
sempre dal soggetto, caduto nel non sapere della rimozione ed emergente dunque come barrato.
Possiamo cosi affermare che la negazione non e' semplicemente un segno opposto all'affermazione, ma si dispiega su due assi: da un lato e'
negazione in quanto mancanza originaria, elisione interna al significante, posto vuoto da cui si rivela il soggetto; dall'altro e' l'effetto
di questa primitiva assenza che si riscontra nell'esperienza come tentativo di mascheramento, di chiusura di questo buco con cui invece ci
troviamo sempre a fare i conti.
Note
- J. Lacan, Seminario II. L'io nella teoria di Freud e nella tecnica della psicoanalisi, Einaudi, Torino 1991, p. 76.
- Cfr. J. Lacan, Seminario II cit., pp. 11-12.
- Cfr. J. Lacan, Seminario II cit., p. 155.
- Cfr. J. Lacan, Seminario II cit., p. 154.
- Cfr. J. Lacan, Seminario II cit., p. 84.
- S. Freud, La negazione, Opere, Vol. X, Bollati Boringhieri, Torino 1989, p. 197.
- J. Hyppolite, Commento parlato sulla Verneinung di Freud, in J. Lacan, Scritti, Vol. II, Einaudi, Torino 1974, p. 886.
- J. Hyppolite, Commento parlato sulla Verneinung di Freud, in J. Lacan, Scritti, Vol. II, Einaudi, Torino 1974, p. 886.
- S. Freud, La negazione, cit., p. 198.
- J. Hyppolite, Commento parlato, cit., p. 888.
- S. Freud, La negazione, cit., p. 198.
- S. Freud, La negazione, cit., p. 199.
- Cfr. J. Hyppolite, Commento parlato, cit., p. 890.
- Consultare a questo riguardo il Seminario III di Lacan e in particolare le pp. 15-17, 55-56, 95-104 e 176-78.
- Cfr. P. Malegreau, Verneinung et Verwerfung. Introduction a la lecture du texte de Freud, in Quarto, n. VI, 1982, pp.
38-42.
- F. Roustang, voce: Inconscient, in Encyclopoedia Universalis, Edizioni Britannica, Chicago 1987, p. 872.
Giuliana Capannelli
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