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Analisi Transazionale e Comunicazione:
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Ieri sera ero in palestra ed un conoscente mi ha chiesto come stavo. Ho risposto che stavo bene (nei corsi non accetto che mi si dica questo come feed-back finale della giornata di lavoro, perche' e' un giudizio che non dice nulla su cosa viene giudicato come positivo - e molto spesso cio' che giudichiamo positivo, o negativo, non dice nulla nemmeno sull'utilita' per noi di quello che stiamo vivendo... Non accetto la risposta "bene", dicevo, ma quando voglio tagliare corto trovo che sia utile da usare). Poi ho aggiunto, per parlare un po' piu' di me (un minimo di scambio e' una sana igiene psichica, mi dico spesso, sapere cosa succede dentro di me e cosa succede dentro l'altro - mi viene in mente spesso Patch Adams, che andava per la citta' a chiedere a tutti della loro vita, dalle persone che camminavano per strada a quelle che erano dentro un bar, con la sua fame di conoscere la vita degli altri, nella convinzione che, come diceva Irving Polster, un maestro della Gestalt Therapy, "ogni vita è un romanzo"), gli dico che vorrei solo un po' più di tempo per me - era stata una dura giornata di lavoro e la sensazione che mi sto trascurando era fonte di frustrazione in quelle ore serali (la stanchezza e il buio non mi favoriscono sempre un atteggiamento mentale positivo all'altezza delle mie potenzialita'). Lui mi chiede allora: "Troppo lavoro?", e io gli rispondo: "Si, troppo lavoro, vorrei lavorare di meno" (sottinteso che non volevo perdere lavoro, ma organizzarlo meglio e tenermelo tutto!). A quel punto il conoscente, andandosene, mi punta il dito contro dicendomi in tono da Genitore Normativo: "Almeno il lavoro tu ce l'hai". A quel punto, stizzito, gli rispondo, mentre stavo correndo sul tapis roulant, ricalcando il suo linguaggio non verbale e verbale, ma
questa volta sorridendo: "Hai ragione!". Sentivo di aver vinto, non solo per aver parlato per ultimo - e fare anche versi paraverbali, dopo che uno ha parlato, puo' essere un modo per avere l'ultima parola - ma anche per non essere rimasto nel ruolo di persona lamentosa che lui stava criticando, ed essere passato a quello della persona sorridente, anche piu' di lui - e il mio sorriso era lo specchio di più messaggi:
Ero stizzito perche' se mi chiedi come sto, e poi usi quello che ti dico per giudicarmi, questo per me e' un tradimento (oltre che un segno di ingenuita' da parte mia - ancora devo imparare a riconoscere immediatamente le persone che non aspettano altro che giudicare per sentirsi giuste o utili, o ancora mi resta da apprendere come fregarmene di questi giudizi - in fondo l'altro si accanisce su uno degli infiniti aspetti del mio mondo interiore e la mia vita non cambia fondamentalmente se mi prende in giro). Ero stizzito, ed ero caduto in un piccolo gioco (1). Ma alla fine di tutto, mi e' restato l'amaro in bocca (come in un buon Tornaconto di un gioco), ed ho pensato che e'
difficile avere uno scambio di cuore con le persone, in cui dire cio' che si prova senza essere giudicati male per questo. Per uscire da questo tornaconto, sto pensando a come potrei fare: potrei per esempio riderci su bonariamente di me, della mia permalosita' e dell'altro e della sua scarsa delicatezza - ed uscire cosi dal tornaconto negativo (l'insieme di pensieri che confermano visioni negative di se', del mondo, del futuro - l'insieme di emozioni parassite, che tolgono energia). Posso anche pensare a come non ricadere nel futuro in una trappola simile e pensare a come uscire ancora prima del Tornaconto, per esempio nella fase dello scambio, e poi in quella dell'inizio gioco. Potrei pensare a tante cose, e lo faro': mi chiedo solo quanto e' complessa la comunicazione, quanto lavoro si deve fare su se' stessi per vivere una vita dove giochi e triangoli drammatici siano sempre meno presenti, dove sia piu' semplice entrare in intimita' con l'altra persona. L'intimità, l'essere nudi davanti a qualcuno e lasciarsi vedere, e non giudicare chi abbiamo di fronte e' un momento molto intenso e appagante - mi vengono in mente le sedute di respiro circolare guardandosi negli occhi, e tutti i mondi che mi si sono aperti in quella tecnica - peccato che ci siano tante paure prima di questa terra. L'intimita' non e' data, e' una conquista, e credo che una evoluzione spirituale comporti il sapere guardare al mondo e agli altri senza
giudizi, cosi come sono. E' un po' quello che succede nella terapia, che e' anche l'arte del fare domande, o in altre forme e contesti nei rapporti discepolo - guida spirituale o professionale o culturale o altro ancora, dove il discepolo si apre al massimo alla conoscenza della sua guida. In altri termini, chi ha un Ego meno spesso di un altro, riesce a vedere l'essenza negli altri perche' riesce a vedere la propria. Donald Trump - in uno dei suoi libri sul denaro, citava un proverbio in cui accennava al fatto che nella vetta si sta soli,
ma non si sta stretti. Allora - per tirare la fila di tante riflessioni dirette e collaterali - mi viene da pensare che la prossima volta che tornero' in palestra, e quel tizio mi chiedera' come sto, penso che potro' dirgli come sto, e sorridere dentro di me se vorra' poi criticarmi, mentre guardo con bonarieta' alla sua essenza - molto piu' importante del nostro piccolo Ego. Forse potrei fare tante altre cose, ma questa mi piace particolarmente, ed in fondo vorrei essere guardato cosi' da chi percepisco come
piu' evoluto di me, quando dico/faccio cose stupide. Note:
Alessandro D'Orlando |
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